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Nessuno ha il diritto di confondere il prossimo |
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12-10-2015 |
Nessuno ha il diritto di confondere il prossimo. Soprattutto quello meno
preparato culturalmente, spiritualmente, psicologicamente. Un monsignore
polacco - mio confratello - alla vigilia del sinodo sulla famiglia ha pensato
che fosse giunto il tempo di rivelare al mondo di essere gay. Il momento, di
certo, era il meno opportuno. La domanda sorge spontanea: perché non lo ha
fatto prima? Intanto - come era prevedibile - la notizia "piccante" fa il giro
delle redazioni, delle diocesi, del web. I commenti si sprecano. Non vogliamo
entrare, per adesso, nel merito della questione.
Durante il sinodo sulla famiglia saranno affrontati temi delicati che
vedono il mondo cattolico attento e preoccupato. Ma anche pieno di fede e di
speranza. La Chiesa vuole essere madre per tutti. Non vuole che ci siano
privilegiati. Non vuole escludere nessuno dalla misericordia di Dio. Gesù non è
proprietà privata. Papa Francesco su questo è stato chiarissimo.
Il vero problema è un altro. Questo confratello ha confessato di avere un
"compagno". Che cosa voglia davvero significare non lo so. Se - come è
pensabile - vuol dire che ha un compagno con cui ha instaurato una relazione
affettiva, sentimentale, sessuale si pongono alcune domande.
La Chiesa non l'abbiamo inventata noi. La Chiesa è la sposa che si pone in
ascolto dello Sposo. Per conoscerlo, amarlo, servirlo. La Chiesa cammina con
gli uomini del suo tempo, ai quale porta il gioioso annuncio che "Gesù è il
Cristo". Naturalmente ai suoi ministri la Chiesa chiede che accettino alcune
regole. Su quelle che derivano dalla Parola di Dio non può transigere. Su altre
si potrà anche discutere. Ecco il bisogno di stare insieme. Nessun credente è
obbligato a consacrarsi. La vocazione è un dono. Durante gli anni della
formazione, non una sola volta, i candidati al sacerdozio vengono invitati a
ripensare e rivedere la scelta fatta. Nel giorno dell' ordinazione a tutti
viene chiesto se vogliono vivere in un certo modo. Il celibato che la Chiesa
cattolica di rito latino richiede, noi preti, lo abbiamo accolto con gioia.
Liberamente. Solennemente. Lo abbiamo scelto noi. Tutti abbiamo detto, ad alta
voce e davanti a centinaia di persone, di voler vivere in castità. Ben sapendo
che sarebbero venuti giorni in cui la castità - come del resto ogni stato di
vita - sarebbe stata pesante. Tutto questo lo sapevamo. E proprio per questo
non abbiamo mai smesso di pregare, sapendo che da soli possiamo fare poco.
Lo disse Gesù: «Senza di me non potete fare nulla...». Il che potrebbe
significare: «Con me potete scalare le vette più alte a piedi scalzi... Potete
solcare i mari...». Questo vale per tutti: coniugati, celibi, consacrati.
Certo, tutti possono cadere in qualche tranello. Tutti, nella vita, possono
inciampare. Tutti possono cambiare idea. Importante però è assumersi la responsabilità
delle proprie scelte. Senza farle ricadere sugli altri. Senza passare come
vittime di un sistema atavico. Senza ingannare il prossimo.
Il "no" che il candidato al sacerdozio dice all' esercizio della sessualità
è il piedistallo dove si incastona il " si" che ha detto a Cristo, alla Chiesa,
ai fratelli. Questo discorso vale per tutti, non solo per i preti. Chi porta
all'Altare la sua donna e le dice: «Io accolgo te come mia sposa e prometto di
esserti fedele sempre...» sta rinunciando a tutte le donne del mondo. A meno
che non voglia imbrogliare. Ma qui entriamo in un altro campo.
Il monsignore polacco non si è scoperto gay in questi giorni. Credo che già
lo fosse al momento dell' ordinazione. Non so come abbia fatto a rispondere
alle domande del suo vescovo prima che gli imponesse le mani sul capo. Avrebbe
potuto non accedere al sacerdozio cattolico che prevede per i preti lo stato di
castità. Al di là di ogni altra considerazione teologica e morale, è una
questione di serietà e di onestà. Per tutti vale l' obbligo di mantenere la
parola data. Un prete o un laico sposato che nascondono un'amante, sono
semplicemente traditori. Se invece di un compagno, il monsignore polacco avesse
avuta una compagna sarebbe stata la stessa cosa.
Sono contento che sia venuto allo scoperto. Ho rispetto per la sua vita
privata. Ma lo spauracchio dell'omofobia che sta tentando di sventolare ai
quattro venti non c'entra un bel niente. Insistere su questo vuol dire essere
disonesti. Il Signore benedica tutti. (lettera aperta di don Maurizio
Patricello, prete della "Terra dei fuochi")
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