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12-10-2007 |
Quando, il 3 ottobre 1983, lo portarono in sala di rianimazione all'ospedale "Misericordia e Dolce" di Prato, Renzo Buricchi era ormai molto prossimo a concludere la sua vita terrena.
Appena poche ore prima stava lavorando nel suo campo a Seano, paese del circondario pratese, ove settanta anni prima era nato. Sia medici che infermieri lo riconobbero, quando ancora non era stata fatta la sua identificazione.
Renzo Buricchi aveva lavorato per cinquanta anni nel suo bar tabacchi in Piazza del Comune a Prato, e pertanto possiamo tranquillamente affermare che non esisteva pratese che non lo conoscesse.
Per questo motivo era molto più noto degli illustri personaggi residenti nel Palazzo comunale proprio di fronte al suo negozio, perchè sappiamo bene come vanno le cose della politica, oggi uno, domani un altro..., e invece lui, dietro al banco di quel bar con la sua mole robusta e lo sguardo di grande osservatore, non si era mai mosso di lì.
Marcello Pierucci
Titolo completo: Un cipresso per maestro. Storia di Renzo Buricchi tabaccaio in Prato.
Introduzione di: don Divo Barsotti
Editore: Libreria Cattolica Prato (2002)
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03-10-2007 |
Non esiste nella vita spirituale disastro più grande dell'essere immersi nella irrealtà, perchè la vita viene in noi alimentata e mantenuta dallo scambio vitale che intercorre tra noi e le realtà che ci circondano e ci sovrastano. Quando la nostra vita si nutre di irrealtà, le viene per forza a mancare l'alimento e quindi è costretta a morire. Non vi è miseria più grande del confondere questa sterile morte con la vera "morte", feconda e sacrificale, per la quale si entra nella vita.
La morte che ci fa entrare nella vita non è una fuga dalla realtà, ma un dono completo di sè che presuppone un darsi completamente alla realtà. Comincia con la rinuncia a quella realtà illusoria che rivestono le cose create quando vengono considerate solo nella relazione che hanno con i nostri interessi personali.
Thomas Merton
Titolo originale: Thoughts in solitude (1959)
Traduzione: Monache Benedettine del Monastero di S.Paolo in Sorrento
Editore: Garzanti
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27-09-2007 |
Gli occhi dei bambini: sono pozzi di luce, sono giardini fioriti, sono barattoli ingordi che non si riempiono mai, sono uno scrigno che non finisce, sono il paese dove la terra tocca il Cielo, sono una musica che non smette di cantare, sono le più chiare impronte digitali di Dio in terra. Gli occhi dei bambini...
Ci obbligano ad avere pensieri buoni. Ammorbidiscono i cuori.
Dove vi sono occhi di bambini si sta bene, anche quando si sta male.
La sorte dell'umanità è nelle sue mani.
Abraham Lincoln, presidente degli Stati Uniti nella metà del diciannovesimo secolo, diceva: "Un bambino è colui che proseguirà ciò che voi avete intrapreso.
Egli siederà al posto in cui siete seduti. Dedicherà le sue cure a questioni che voi oggi ritenete importanti. Prenderà il posto nelle vostre chiese, scuole, università, corporazioni e le amministrerà. La sorte dell'umanità è nelle sue mani".
Esatto: la sorte dell'umanità è nelle sue mani.
Ma quelle mani sono formate, oggi, dalle nostre.
Se vogliamo che la terra produca Uomini, dobbiamo innaffiare Bambini.
don Pino Pellegrino
Editore: Astegiano
[Incipit inviato da Andrea]
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27-09-2007 |
E' impossibile salire a Dio, se prima non si discende. Lo diceva Charles De Foucauld:"Un tempo credevo che per arrivare a Dio fosse necessario salire, ora ho capito che bisogna scendere, scendre nell'umiltà". Effettivamente non si dà il caso di un santo che non sia atato umile.
Madre Teresa di Calcutta si definiva una " matita nelle mani di Dio"
Don Orione si chiamava " il facchino di Dio"
Padre Pio diceva di sè: "Sono un maccherone senza sale"
Papa Luciani si considerava " lo scricciolo di Dio"
Papa GIovanni XXIII aggiungeva:"Lo Spirito Santo ha scelto me.Si vede che vuol lavorare da solo. Talora mi sembra di essere un sacco vuoto che lo Spirito Santo riempie improvvisamente di Forza"
Giovanni Paolo II, ricordando il momento della sua ordinazione sacerdotale quando era disteso sul pavimento, diceva che voleva essere "un papa-pavimento": non il trono, non la Cattedra, ma il pavimento: qualcosa da calpestare perchè gli altri abiano un sostegno.
"L'Umiltà non è segno di debolezza o di viltà;è segno di libertà interiore,
di forza spirituale, di invulnerabilità.
La regina di tutte le virtù è l'Umiltà"
don Pino Pellegrino
Editore: Astegiano (2005)
[Incipit inviato da Andrea]
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16-09-2007 |
Ogni essere umano cerca, consapevolmente o meno, una parola saporosa, nutriente, che ascoltata e cercata, trasformi la sua vita, la renda sensata, luminosa, piena. Tutti noi viviamo l'esperienza dell'attesa, dell'attesa di qualcosa, di qualcuno che resta sempre oltre.
"Troppo grande per bastare a se stesso" diceva il filosofo francese Blaise Pascal, l'uomo è sempre in cerca di ciò che ancora gli manca, di ciò che per lui è l'essenziale. Di natura "eccentrico", con il suo centro fuori di sè, è spinto verso qualcosa che gli sta sempre un pò più avanti, è un "promontorio sporgente sull'Assoluto", come scrive il cardinale Carlo Maria Martini. Abbiamo un desiderio che va sempre oltre ciò che desidera, come onda di oceano che supera tutte le scogliere; abbiamo un desiderio di assoluto, di totalità che resta sempre e misteriosamente inappagato.
Questo desiderio mai saziato prima o poi si imbatte nella Parola di Dio.
"In principio era il Verbo", si legge nel primo versetto del Prologo del Vangelo di Giovanni. Le parole, per noi uomini, sono principio di conoscenza e comunicazione, e implicano sempre un "tu", qualcuno che si rivolge a noi e al quale ci rivolgiamo.
La Sacra Scrittura è la storia del grande, appassionato dialogo cercato da Dio con noi. Un dialogo che culmina nei Vangeli, quando in un momento preciso della storia, in un luogo determinato del mondo, "la Parola si fece carne" (Gv 1,14).
Cristina Uguccioni
Editore: Paoline (2005)
[Incipit inviato da Chicco di Grano]
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