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Dialogo con don Massimo PDF Stampa
03-10-2008
Proponi una domanda (di fede, morale, esistenziale...) e proverò a risponderti.
 Commenti (11)Add Comment
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Scritto da chicco digrano, 15 luglio 2009, 19:41
Sto cercando di partecipare alla S. Messa ,riflettendo e interiorizzando i vari momenti liturgici,vivendoli con maggiore consapevolezza, e non è facile....
Durante il Memoriale,si parla dell'alleanza...Mi chiedo che cosa vuol dire nella mia realtà quotidiana vivere l'alleanza?
Un sincero grazie per la risposta e i suggerimenti che vorrà darmi.
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Scritto da L' esame di coscienza, 12 novembre 2008, 06:46
Caro/a Chicco di Grano grazie per la tua domanda sull'esame di coscienza che considero un'esercizio spirituale importante affinchè la nostra vita sia più attuale, vissuta, gustata. Molte sono le indicazioni che si trovano nei libri io ti propongo un testo e una mia sintesi.Una proposta moderna
•P. Cencini nel libro “Vivere Riconciliati” (EDB) si chiede se il nostro è un “esame di coscienza o di incoscienza”? Si vuole indicare la necessità di passare da un esame di coscienza “puramente esteriore” cioè relativo agli atteggiamenti peccaminosi (che sfocia nella cosiddetta ‘lista della spesa dei peccati’) ad una presa di coscienza delle radici interiori di tali peccati (le motivazioni originanti i peccati).
Una nostra proposta di esame di coscienza quotidiano, per
arrivare sempre più in profondità, può essere l’esercizio che segue questi passi:
-Segna la Parola di Dio del giorno e l’aspetto del “volto” di Cristo per te più significativo.
-RINGRAZIA. Fai l’esame dei “mirabilia dei”. Ricorda cioé le meraviglie di Dio nella tua giornata. Ogni giorno può esserci la consapevolezza di un episodio particolare o il ricordo di una parola buona o la risonanza calorosa durante un momento di preghiera. In poche parole, un fatto concreto che ci dice dell’amore di Dio per noi in quel giorno. Farne memoria e ringraziare é il primo punto.
-RICONRDA. Fai l’esame emotivo. Riascolta qualche emozione o sentimento provato durante la giornata, prova a riscostruire l’episodio che l’ha prodotto, le parole udite, le azioni dei personaggi, le tue reazioni, il tuo stato d’animo. Prova quindi a dare un nome a quegli stato d’animo.
-CONFESSA. Fai l’ esame morale. Ripercorrendo la giornata puoi ricordare alcuni “tradimenti” dei valori in cui credi. I valori li avevi presenti, sapevi delle tue reazioni, eppure li hai traditi, preferendo un tuo interesse egoistico.
-Si conclude con il chiederne perdono a Dio, fiduciosi nella sua misericordia e chiedendo la grazia per un proposito di vita nuova. Ci si propone di confessarsi mensilmente.

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Scritto da chicco di grano, 08 novembre 2008, 23:49
Per accostarsi al Sacramento della Penitenza, viene consigliato di fare l'esame di coscienza. Ricordo che la mia catechista, dava molta importanza all'esame di coscienza, in quanto ci diceva che attraverso questa pratica ( non so se il termine è giusto) si può sentire Dio che parla.
In questa nostra società frenetica e rumorosa noto che molte persone, e nonn solo i giovani, fanno fatica ad interrogarsi, a far luce dentro di loro e mi chiedo come può la Chiesa aiutarli? Come fare perchè sentano sempre piu l'esigenza di fare un " esame di coscienza"?
Ho letto inoltre che è possibile educare la nostra coscienza......... ma in che modo?
Grazie fin d'ora per le risposte.
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Scritto da Don Massim, 08 novembre 2008, 12:45
SULLA CONVIVENZA
Grazie caro/a G.A. per avermi posto questa domanda tanto attuale (e complessa), viste le abitudini di molti giovani coppie, le discussioni a livello politico e anche viste le conseguenze a livello di accesso ai sacramenti, ecc.
Io faccio alcune premesse: * mi piacerebbe continuare il dialogo, quindi non ho la pretesa di risolvere l’argomento e attendo magari altre sollecitazioni, perché il confronto su questo argomento m’interessa; * avverto un certo disagio a parlare di queste cosa via internet perché non so chi ho davanti con le sue situazioni, quindi premetto che una risposta solo teorica e non contestuale è sempre un po’ limitata; * premetto anche che nelle mie riflessioni non voglio giudicare i sentimenti delle persone che considero sinceri (almeno come dovrebbero esserlo in teoria); * la domanda è sul peccato, ma per ora non risponderei a questo quesito particolare, ma vorrei portare alcune prime mie riflessioni più generali che considero però anche importanti per una risposta circa la peccaminosità.
Mi faccio allora oggi tre domande a fronte della questione “convivenza”.
- Da sempre, nella storia dell’ umanità esiste la realtà del matrimonio, come qualcosa che viene a segnare il passaggio da una condizione (stato di single o legame con la famiglia di origine a stato di unione con riconoscimento sociale). Tale “rito del matrimonio” (anche in senso laico) ha, dal punto di vista di come è fatto l’uomo (un essere privato ma inserito in una collettività e un essere che matura nel prendere delle decisioni stabili a fronte di una relazione intima e di una generatività), una rilevanza significativa e non opzionabile a piacere (pena lo svilimento di quello stare insieme?
- Uno dei punti che mi fa più pensare circa la convivenza ( e che mi fa un po’ dubitare – scusa se lo dico – della ‘totalità’ dell’ amore tra i due) è che manca la definitività, il “per sempre”. Ci possono essere mille ragioni (economiche, di problemi interiori o esteriori, ecc.), ma l’essere dell’ amore , nella sua maturità , non dovrebbe arrivare oltre lo stato di prova, o al bisogno affettivo, o al gioco, o alla rassicurazione vicendevole, o all’ aiuto reciproco, o alla “convenienza in attesa di…”, perchè amare totalmente significherebbe dirsi “mi lego a te per sempre in una patto di reciprocità di cui mi assumo le responsabilità oggi”?
- Un’ultima domanda per me, credente cristiano (il che significa che credo di avere bisogno dell’ aiuto di Dio per ciò che vivo e amo di più) è questa: se la Chiesa (ma ciò è presente in tutte le religioni) mi indica un rito attraverso il quale dice che ho l’aiuto di Dio per vivere come coppia unita e aperta alla generatività (le due cose sono ‘secondo natura’ collegate) e attraverso di tale rito io vivo quella mia realtà in amicizia col Signore, ciò è secondario per il mio affrontare la relazione con un’altra persona?
Non ho sicuramente risposto a tutto. Aspetto altre sollecitazioni. Grazie G.A.
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Scritto da G.A., 06 novembre 2008, 12:05
La convivenza è sempre un peccato, anche se lo si fa col cuore sincero, amando profondamente, con tutto il proprio essere, la persona con cui si sta insieme e avendola scelta "per la vita", in attesa del matrimonio? Grazie_
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Scritto da Don Massimo, 04 novembre 2008, 16:57
I SANTI SONO RISUSCITATI?

In realtà cara Angela, nella tua domanda c’è un errore. Tu scrivi che ora in Cielo ci sono già col loro corpo Gesù, Maria e i Santi. Questo non è vero. Ora , risuscitati col proprio corpo sono solo Gesù e Maria primizia delle creature, per i meriti di Cristo. Tutti gli altri , santi compresi, attendono ancora la loro risurrezione completa, anche col corpo, che sarà “nell’ultimo giorno”. Nel nostro linguaggio comune però, e qui ti do ragione, usiamo l’espressione “risorgere” anche per i santi e i defunti che sono santi in qualche modo uniti a Cristo Salvatore. Quindi siamo già risorti, per un certo aspetto con Cristo (cfr Col 2,12; 3,1). C’è quindi qualcosa che immediatamente avviene, ma che dovrà trovare il suo compimento alla fine dei tempi. Le espressioni usate dalla Scrittura relativamente allo stato attuale dei Santi e defunti: “ essere nascosti con Cristo in Dio” (cfr Col 3,3); circa lo sato finale: “saremo anche noi manifestai con Lui nella gloria” (cfr Col 3,4). Quindi nell’atttesa di quel giorno, il corpo e l’anima del credente già partecipano della dignità di essere ‘in Cristo’ e di qui ne deriva l’esigenza di rispettare il loro corpo, nella sepoltura, magari anche con la cremazione, ma non con lo spargimento delle ceneri.
Circa il giudizio.di Dio, la fede della Chiesa professa che ci sarà un giudizio particolare, per ciascuno, al momento della morte. Famosa è l’espressione di san Giovanni della Croce: “ Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”. Tale giudizio sull’amore vissuto dalla persona , si coglie in rapporto con Cristo Redentore e sarà una situazione nell’eterno, per cui quell’anima passerà o attraverso la purificazione (Purgatorio) o entrerà immediatamente nella beatitudine del Paradiso oppure si dannerà per sempre (Inferno). Ma poi ci sarà il Giudizio Finale, alla fine dei tempi, al ritorno di Cristo Glorioso. Allora non ci saranno più situazioni intermedie ma definitive per la vita o per la morte eterna e Dio sarà “tutto in tutti” (1 Cor 15,28).
Se vuoi alcuni approfondimenti dottrinali guarda il Catechismo della Chiesa cattolica nn 1002-1004. 1021-1022. 1038-1041

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Scritto da IL FINE DEL CREATO E' LA GLORIA DI DIO, 04 novembre 2008, 16:16
IL FINE DELLA CREAZIONE E’ LA GLORIA DI DIO

Innanzitutto spieghiamo la questione del “fine”. Non si tratta della “fine”, della distruzione finale, ma della direzione verso cui sta andano il “grande fiume” della storia, della creazione, dell’uomo che vive in questo mondo. L’uomo si pone questa domanda: “ perché sono stato creato? qual è il senso della mia vita? verso dove vado?”. E’ la domanda che sta insieme a quella della propia origine di creatura, alla quale hanno da sempre cercato spiegazione filosofi, scienziati, uomini spirituali. La visione del credente non è quella del nichilismo, per cui tutto è frutto del caso e finirà nel nulla. La visione di colui che crede in un Dio creatore arriva a cogliere che l’uomo vive nella sortia come “camminando” verso una meta esistenziale. Essa è come il “ritorno a casa” da Colui dal quale siamo stati creati e di cui portiamo una nostalgia infinita nello spirito e nell’ animo.
Ma stando alle Scritture , ad esempio, Rom 8, anche la creazione stessa (animali, cose, piante, ecc.) attende quel medesimo ritorno.
Spiego ora l’espressione “gloria di Dio”. Essa indica la grandezza di Dio Amore. L’espressione è quindi sinonima dell’ essere nell’ Amore che è Dio Amore. “Dare gloria a Dio” non significa accrescere una grandezza di cui Lui non ne ha bisogno, perché è l’Altissimo. Significa innanzitutto partecipare della sua magnanimità e bontà, diventando suoi figli nel Figlio Gesù. Significa rispondere all’amore di Dio con il nostro amore, amandoLo e amandoci per causa sua e come Lui.
Quando l’uomo e la creazione da questo senso profondo al proprio esistere, essa si realizza pienamente e vive la propria felicità eterna. Sarà quella del Paradiso, già da ora assaporato. Sarà quella di essere nella comunione di tutti i Santi attorno a Dio Padre-Figlio e Spirito Santo.
Se vuoi leggerti qualcosa sull’argomento vai al Catechismo della Chiesa Cattolica nn 293-294 (o più in esteso il paragrafo su “Il Creatore” nn 279-314)

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Scritto da ANGELA, 04 novembre 2008, 14:53
Matteo 27, 51-54
...mi riferisco ai santi che "resuscitarono" alla morte di Gesù e apparvero a molti a Gerusalemme....
Quindi sono già resuscitati....e cosa succederà al Giudizio Universale? Saranno esclusi perchè hanno già ricevuto giudizio?
Riepilogando, in cielo con il corpo...(che ha un'entità che non riusciamo umanamente a cogliere) ci sono Gesù, Maria e tutti i Santi resuscitati quel giorno?
Che passaggio difficle.
So che non dobbiamo metterci più problemi di quelli che riusciamo a cogliere ma leggendo le scritture tanti sono i problemi che ci si mettono di fronte...
Grazie
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Scritto da Valentina, 01 novembre 2008, 22:54
Ciao don, cosa significa che il fine del mondo creato è la "gloria di Dio"?
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Scritto da Don Massimo, 09 ottobre 2008, 23:44
Per rispondere alla tua domanda , cara Maia, propongo innanzitutto alcuni testi ufficiali e poi una spiegazione con le mie parole.
* “L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi” (Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, Normae, 1, 1967).

* “L'indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità.” (Paolo VI, idem , 8 )
* “Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch'essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l'altro, ottenendo per loro indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati.” (Cat Chies Catt 1479).

Che cosa si intende per “pena temporale”? Essa sarebbe la conseguenza negativa del peccato su questa terra. Essa è definita dal Catechismo della Chiesa Cattolica “un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione” (CCC 1472).
La pena temporale non è solo una questione di “sofferenze interiori da patire”, ma è anche “uno squilibrio esteriore”, verso gli altri e verso il creato, che il peccato ha prodotto.
L’immagine che per me può aiutare di più è quella della malattia fisica. E’ vero che si può guarire dalla malattia fisica e non morire (confessione sacramentale = medicina; morte = pena eterna), ma dopo una guarigione c’è un periodo di convalescenza, che sarebbe la pena temporale a conseguenza del “peccato-malattia”. La “convalescenza” porta con se degli strascichi (a livello individuale: indebolimento, bisogno di riposo, ecc.; e anche a livello comunitario: assenza dal lavoro, minore brillantezza verso gli altri, bisogno di cure, attenzioni, spese, ecc.) . Fuor di metafora tale “convalescenza” sarebbe la pena temporale, con il sua carico di fatiche relazionali, sfiducia nelle proprie possibilità, diffusione di cattive abitudini, ecc. , tanto da necessitare di una ulteriore purificazione, come dice Paolo VI nel testo sopra citato.
Ora l’indulgenza, con la sua richiesta di ricevere il sacramento della riconciliazione, di pregare, di essere unito alla Chiesa e di vivere di più nella carità, imprime nel “convalescente” un moto di conversione che vuole superare gli strascichi del peccato. In più, è attingendo al “tesoro di grazia della Chiesa”, nella logica della comunione dei santi, che si è liberati da quegli strascichi e si ritrovano nuove energie in sè stessi, verso gli altri e per fare il bene. Tale liberazione, per i medesimi motivi, vale anche per i defunti, che, in mancanza d’altro dovranno scontare la pena temporale residua nel Purgatorio.
Spero di avere chiarito, almeno un po’ i tuoi dubbi. Io non sono un teologo specializzato, ma se vuoi riscrivere, proverò ad approfondire. Ciao e buon cammino.

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Scritto da Maia, 08 ottobre 2008, 11:47
Non riesco a capire il senso delle indulgenze (plenarie e parziali), sia per quanto ne riguarda il senso, che per il loro funzionamento.
Se una persona è realmente pentita dei propri peccati perché la confessione non è sufficiente? Le pene principali di chi ha riconosciuto le proprie offese a Dio, non risiedono nella sua anima? Allora in realtà cos'è l'indulgenza? Una specie di "prassi burocratica" per la pulizia dell'anima?
Grazie

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