Racconto scritto per il concorso "Il Raccontino" del Resto Del Carlino .
Una madre
IL POMERIGGIO, sul tardi, lei stava stendendo i
panni ad asciugare e, con gli altri già sciacquati, aveva fatto una
pila sul mobiletto del telefono della cucina, accanto alla lavatrice.
Lucia faceva dondolare due bambole appese per le gambe alla tenda di
raso. Le chiese:
« Mamma, dove li metti, poi, quei panni?»
«Quelli sporchi nella lavatrice, amore» rispose la mamma, indaffarata.
Non guardava nulla, sembrava non pensare a nulla. Si muoveva soltanto.
«Perché?» domandò di nuovo la bambina.
Lei si rifiutò di spiegarle «perché così si lavano, li stendo per
asciugare e dopo puoi vestirti»; era stanca, lei odiava la sua
stanchezza che la risucchiava come la centrifuga della lavatrice, e se
solo avesse aperto bocca quel terrore sottile, quella debolezza
devastante avrebbero invaso anche sua figlia.
«Forse è meglio che tu non tocchi quello sportello» sussultò la bimba,
accennando all’oblò lattiginoso dell’elettrodomestico: «C’è un mostro
là dentro». La madre appendeva ai vestiti da lasciar asciugare al sole
alcuni ciappettini colorati. Non c’era paura nella piccola voce, pareva
quasi orgogliosa di sé, e la donna si sentì colpita come da una sfida
nei suoi confronti; ma certamente, ciò che la bimba diceva e ciò che
lei immaginava erano tutte sciocchezze.
«Guarda mamma. Guarda». Lucia non strillava, non piagnucolava. Il suo
tono era freddo e perentorio, con una certa supponenza infantile. Le
mostrò un oggetto raggomitolato nel palmo roseo e sudaticcio. Era un
sasso maculato, no, era una chiocciola: il suo guscio bruno ramato era
perfettamente concentrico, un po’ graffiato su un fianco; una delle
antenne era leggermente storta, e la codina schiacciata pendeva inerte
sulle dita paffute.
Da dove veniva? Abitavano in periferia, non avevano né un giardino né
balcone. Solo finestre. Si era arrampicata di notte lungo il muro
esterno?
«Dove l’hai trovata?» s’informò finalmente dalla bimba.
Lucia, piano piano, indicò la lavatrice. La donna scosse la testa, e si
voltò. Non fece più attenzione a lei, stava solo attenta ad ascoltare
le risatine e i mormorii dei suoi giochi. Se sapeva che era lì accanto,
non aveva paura. La sicurezza le dava concentrazione, e mano a mano che
s’impegnava nel suo lavoro, osservava solo lo spazio opaco dove le onde
di schiuma della centrifuga trascinavano le magliette e i calzini di
sua figlia. Essi sembravano danzare selvaggiamente in una nuvola di
bolle d’acqua e sapone.
D’improvviso, il suo orecchio si allarmò, poiché tutto era silenzioso
alle sue spalle, non udiva più alcuno scherzo o canto o risata. La
donna ebbe la forza di staccarsi dal rullìo ipnotizzante della
lavatrice, e si voltò.
La bimba se n’era andata chissà dove, in un’altra stanza, e la porta
era chiusa. La lavatrice faceva un frastuono che copriva il cinguettìo
degli uccelli. Adesso era sola, e poteva vedere il mostro peloso lì,
rannicchiato dietro l’oblò.
di FEDERICA GULLOTTA
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