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Domanda 1 - Le indulgenze PDF Stampa
11-10-2008

≈ Dialogo con don Massimo
Proponi una domanda (di fede, morale, esistenziale...) e proverò a risponderti.

Domanda

Non riesco a capire il senso delle indulgenze (plenarie e parziali), sia per quanto ne riguarda il senso, che per il loro funzionamento.
Se una persona è realmente pentita dei propri peccati perché la confessione non è sufficiente? Le pene principali di chi ha riconosciuto le proprie offese a Dio, non risiedono nella sua anima? Allora in realtà cos'è l'indulgenza? Una specie di "prassi burocratica" per la pulizia dell'anima?
Grazie
Maia

Risposta
Per rispondere alla tua domanda, cara Maia, propongo innanzitutto alcuni testi ufficiali e poi una spiegazione con le mie parole.
* “L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi” (Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, Normae, 1, 1967).

* “L'indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità.” (Paolo VI, idem, 8) 
* “Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch'essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l'altro, ottenendo per loro indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati.” (Cat Chies Catt 1479).

Che cosa si intende per “pena temporale”? Essa sarebbe la conseguenza negativa del peccato su questa terra. Essa è definita dal Catechismo della Chiesa Cattolica “un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione” (CCC 1472).
La pena temporale non è solo una questione di “sofferenze interiori da patire”, ma è anche “uno squilibrio esteriore”, verso gli altri e verso il creato, che il peccato ha prodotto.
L’immagine che per me può aiutare di più è quella della malattia fisica. E’ vero che si può guarire dalla malattia fisica e non morire (confessione sacramentale = medicina; morte = pena eterna), ma dopo una guarigione c’è un periodo di convalescenza, che sarebbe la pena temporale a conseguenza del “peccato-malattia”. La “convalescenza” porta con se degli strascichi (a livello individuale: indebolimento, bisogno di riposo, ecc.; e anche a livello comunitario: assenza dal lavoro, minore brillantezza verso gli altri, bisogno di cure, attenzioni, spese, ecc.) . Fuor di metafora tale “convalescenza” sarebbe la pena temporale, con il sua carico di fatiche relazionali, sfiducia nelle proprie possibilità, diffusione di cattive abitudini, ecc. , tanto da necessitare di una ulteriore purificazione, come dice Paolo VI nel testo sopra citato.
Ora l’indulgenza, con la sua richiesta di ricevere il sacramento della riconciliazione, di pregare, di essere unito alla Chiesa e di vivere di più nella carità, imprime nel “convalescente” un moto di conversione che vuole superare gli strascichi del peccato. In più, è attingendo al “tesoro di grazia della Chiesa”, nella logica della comunione dei santi, che si è liberati da quegli strascichi e si ritrovano nuove energie in sè stessi, verso gli altri e per fare il bene. Tale liberazione, per i medesimi motivi, vale anche per i defunti, che, in mancanza d’altro dovranno scontare la pena temporale residua nel Purgatorio.
Spero di avere chiarito, almeno un po’ i tuoi dubbi. Io non sono un teologo specializzato, ma se vuoi riscrivere, proverò ad approfondire. Ciao e buon cammino.

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