16-10-2008 |
"Gesù pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso" (Fil2,6-7)
Gesù sceglie una via discendente. Questo lo porta ad incontrare la persona più povera, esclusa, come la samaritana. Egli si è voluto identificare con i più poveri e feriti.
Propongo la testimonianza di J. Vanire, nato nel 1928 in Canada. Dopo aver prestato servizio, come ufficiale di professione nella Marina canadese e aver insegnato filosofia all'università di Toronto, nel 1964 incontra due disabili che lo mettono in discussione profondamente. Sceglie di lasciarsi condurre da quell'incontro e rinuncia alla sua brillante carriera. E' l'inizio di una vita nuova. Ha inizio così in Francia, nei pressi di Compiégne, la prima comunità dell'Arca. Queste sono ora diffuse in tutto il mondo e sono comunità di accoglienza dove uomini e donne di ogni estrazione sociale condividono l'esistenza con un certo numero di persone con handicap.
Farequesta scelta, quella di mettere il povero al centro, però disturba. Infatti non si tratta solo di fare qualcosa per lui, ma di entrare in relazione con lui e non sappiamo dove ci porterà, cosa ci chiederà.
"Mi ricordo che un giorno a Parigi ho incontrato una donna che aveva l'aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall'ospedale psichiatrico. Abbiamo iniziato a parlare e ad un certo punto mi sono reso conto che se continuavo ad ascoltarla sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l'avrei invita a pranzo e non avrei più potuto lasciarla sulla strada. Ho cominciato a pensare che dovevo fermarmi. Le ho dato dieci franchi e sono andato all'appuntamento che avevo."
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"Ricordo: stavo visitando un carcere di massima sicurezza a Kingston e ai detenuti parlavo degli uomini e delle donne della mia comunità; parlavo delle loro sofferenze delle loro depressioni delle loro sconfitte ,dei dolori che li segnavano......Stavo dando le ultime risposte alle loro domande quando uno si alzò e cominciò a urlare: "Tu ..hai avuto una vita facile, non puoi capire ciò che noi viviamo. A quattro anni vidi mia mamma violentata sotto i miei occhi ,a sette mio padre mi vendette a degli omosessuali, a tredici la polizia cominciò a cercarmi ..Se qualcuno verrà ancora in questa prigione a parlarci d'amore,giuro, gli spaccherò la testa a calci.
Io lo ascoltavo senza sapere cosa dire. Come se mi avesse messo con le spalle al muro........
Pregavo. Poi gli dissi:" è vero ho avuto la vita facile, non conosco la vostra vita, ma quel che sò è che ciò che tu hai appena detto è molto importante, prechè noi la fuori trppo spesso vi giudichiamo senza sapere niente delle vostre sofferenze, della vostra storia, della vostra infanzia.
Mi permetti di dire a quelli di fuori ciò che mi hai detto oggi?
Rispose:" si".
Finita la conferenza andai da lui, gli strinsi la mano gli chiesi come si chiamasse e di dove fosse.
Mi venne d'un tratto l'ispirazione di chiedergli se era sposato, e siccome rispose di si, gli dissi:" parlami di tua moglie".
E allora quell'uomo con tanta violenza, tanto odio dentro si sè, comincio a piangere, mi parlò di sua moglie che era su una sedia a rotelle, viveva a Motreal e da due anni non l'aveva più vista.
Parlando di amore, comunione, tenerezza..... di tutto ciò che era stato privato, avevo riaperto le sue ferite e non riusciva a sopportarlo.
Mi insegnò che non sempre la fonte delle lacrime e della violenza è l'orgoglio,o l'avidità o il timore di non avere il necessario.... ma è qualcosa di più profondo: è difendersi dall'insopportabile, è proteggersi dalla propria vulnerabilità dalla propria paura di soffrire.
E questo Dio lo sa.
Per questa ragione su questa nostra terra ,oppressa dalla violenza, Dio chiama uomini e donne a creare dei luoghi in cui non ci sia bisogno di difendersi, luoghi di pace, di amore, di comunione in cui ognuno possa venire accolto con la sua debolezza, la sua fragilità la sua vulnerabilità.