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Domanda 4 - La convivenza |
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08-11-2008 |
≈ Dialogo con don Massimo ≈
Proponi una domanda (di fede, morale, esistenziale...) e proverò a risponderti.
Domanda
La convivenza è sempre un peccato, anche se lo si fa col cuore sincero,
amando profondamente, con tutto il proprio essere, la persona con cui
si sta insieme e avendola scelta "per la vita", in attesa del
matrimonio? Grazie_
Risposta
Grazie caro/a G.A. per avermi posto questa domanda tanto attuale (e
complessa), viste le abitudini di molti giovani coppie, le discussioni
a livello politico e anche viste le conseguenze a livello di accesso ai
sacramenti, ecc.
Io faccio alcune premesse:
- mi piacerebbe
continuare il dialogo, quindi non ho la pretesa di risolvere
l’argomento e attendo magari altre sollecitazioni, perché il confronto
su questo argomento m’interessa;
- avverto un certo disagio a parlare
di queste cosa via internet perché non so chi ho davanti con le sue
situazioni, quindi premetto che una risposta solo teorica e non
contestuale è sempre un po’ limitata;
- premetto anche che nelle mie
riflessioni non voglio giudicare i sentimenti delle persone che
considero sinceri (almeno come dovrebbero esserlo in teoria);
- la
domanda è sul peccato, ma per ora non risponderei a questo quesito
particolare, ma vorrei portare alcune prime mie riflessioni più
generali che considero però anche importanti per una risposta circa la
peccaminosità.
Mi faccio allora oggi tre domande a fronte della questione “convivenza”.
-
Da sempre, nella storia dell’ umanità esiste la realtà del matrimonio,
come qualcosa che viene a segnare il passaggio da una condizione (stato
di single o legame con la famiglia di origine a stato di unione con
riconoscimento sociale). Tale “rito del matrimonio” (anche in senso
laico) ha, dal punto di vista di come è fatto l’uomo (un essere privato
ma inserito in una collettività e un essere che matura nel prendere
delle decisioni stabili a fronte di una relazione intima e di una
generatività), una rilevanza significativa e non opzionabile a piacere
(pena lo svilimento di quello stare insieme?
- Uno dei punti che
mi fa più pensare circa la convivenza ( e che mi fa un po’ dubitare –
scusa se lo dico – della ‘totalità’ dell’ amore tra i due) è che manca
la definitività, il “per sempre”. Ci possono essere mille ragioni
(economiche, di problemi interiori o esteriori, ecc.), ma l’essere
dell’ amore , nella sua maturità , non dovrebbe arrivare oltre lo stato
di prova, o al bisogno affettivo, o al gioco, o alla rassicurazione
vicendevole, o all’ aiuto reciproco, o alla “convenienza in attesa
di…”, perchè amare totalmente significherebbe dirsi “mi lego a te per
sempre in una patto di reciprocità di cui mi assumo le responsabilità
oggi”?
- Un’ultima domanda per me, credente cristiano (il che
significa che credo di avere bisogno dell’ aiuto di Dio per ciò che
vivo e amo di più) è questa: se la Chiesa (ma ciò è presente in tutte
le religioni) mi indica un rito attraverso il quale dice che ho l’aiuto
di Dio per vivere come coppia unita e aperta alla generatività (le due
cose sono ‘secondo natura’ collegate) e attraverso di tale rito io vivo
quella mia realtà in amicizia col Signore, ciò è secondario per il mio
affrontare la relazione con un’altra persona?
Non ho sicuramente risposto a tutto. Aspetto altre sollecitazioni. Grazie G.A.
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