22-04-2009 |
«Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza». (Romani 5,3-4) Paolo trae vanto dalla Croce di Cristo, perciò anche da tutte le tribolazioni che incontra nell'esserne annunziatore e testimone. Nella lettera ai Galati, afferma di portare nel suo corpo le stigmate di Gesù come segno di grande onore: il soffrire per Cristo e con Cristo è partecipare alla sua opera salvifica, è santificarsi per santificare. Il soffrire da cristiani, per amore e a vantaggio degli altri, tempra il discepolo del Signore esercitandolo nella pazienza, rendendolo tenace nella fede, generoso nella carità, sicuro nella speranza della salvezza e della gloria imperitura. L'Apostolo afferma con piena convinzione " perché ne fa esperienza " che le tribolazioni della vita sono provvidenziali occasioni di crescita nella grazia, se accettate come «passaggio stretto» alla gioia della risurrezione. La sofferenza non è più un male, perché Cristo l'ha santificata e l'ha resa feconda di bene. Giustamente si può affermare che l'uomo vale tanto quanto ha sofferto. Ed è significativo che l'arrivo delle anime nella celeste Gerusalemme sia descritto come una moltitudine proveniente dalla grande tribolazione per ricevere la divina consolazione: «Dio stesso asciugherà ogni lacrima dai loro occhi» (cfr. Ap 7,13-17). (A.M. Canopi) Hai da raccontare qualche esperienza in tempo di tribolazione?
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