29-05-2009 |
Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi, [3.8] néabbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato confatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi. (2 Tess 3,7-8)
"Per Teodoro Studita, padre della chiesa orientale vissuto nell VIII sec, una virtù impor tante è l’amore al lavoro, in cui egli vede un criterio per sag giare la qualità della devozione personale: colui che è fervente negli impegni materia li, che lavora con assiduità, egli argomenta, lo è anche in quelli spirituali. Non ammet te perciò che, sotto il pretesto della pre ghiera e della contemplazione, il monaco si dispensi dal lavoro, anche dal lavoro ma nuale, che in realtà è, secondo lui e secon do tutta la tradizione monastica, il mezzo per trovare Dio. Teo doro non teme di parlare del lavoro come del «sacrificio del monaco», della sua «liturgia», addi rittura di una sorta di Messa attraverso la quale la vita mo nastica diventa vita angelica. E proprio così il mondo del la voro va umanizzato e l’uomo attraverso il la voro diventa più se stesso, più vicino a Dio. Una conseguenza di questa singolare vi sione merita di essere ricordata: proprio perché frutto di una forma di «liturgia», le ricchezze ricavate dal lavoro comune non devono servire alla comodità dei monaci, ma essere destinate all’aiuto dei poveri. Qui possiamo tutti cogliere la necessità che il frutto del lavoro sia un bene per tutti". (da una catechesi di Benedetto XVI)
Come vivere il lavoro come preghiera?
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