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Coraggio, popolo dell'Aquila! - di don Luca e Andrea R. |
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02-09-2009 |
Coraggio, popolo dell'Aquila! Ricominciamo da questa fede. E da questa speranza. E ancora una volta il deserto fiorirà!
(Mons. G.Molinari, vescovo dell'Aquila)
Dall'8 all'11 e poi ancora dal 14 al 16, alcuni giovani faentini di AC e della Gi.Fra. si sono recati all'Aquila nella frazione di sant'Elia.
In estate, l'Azione Cattolica Italiana, attraverso i contatti con le
parrocchie e le Caritas locali, ha organizzato la presenza di diversi
gruppi di adulti e di giovani in tutta l'area del terremoto.
All'Emilia-Romagna è stata affidata la zona di L'Aquila - est, dove si
trova la basilica di Collemaggio e il quartiere di Sant'Elia.
Noi siamo stati accolti vicino alla piccola e moderna chiesa di san
Lorenzo sventrata dal terremoto, con la macerie ancora per strada, in
un container che in questi mesi ospita tanti gruppi di volontari.
Davanti alla sua chiesa terremotata, don Mauro ha allestito una piccola
canonica in legno con uno spazio sotto i gazebo per la celebrazione
eucaristica e un container per la raccolta e la distribuzione di
alimenti e altri generi di prima necessità. Nei giorni della nostra
presenza abbiamo animato le Messe e i momenti di preghiera in
parrocchia e su alla tendopoli - in particolare la celebrazione della
Cresima e la Festa dell'Assunta - e abbiamo ascoltato le testimonianze
di dolore e di speranza del parroco don Mauro e di tante persone,
contente di vedere altri fratelli da tutte le parti d'Italia
condividere la loro situazione di grande precarietà.
La loro preghiera e anche la loro preoccupazione è che questo slancio
di solidarietà non finisca con l'autunno... "quando voi tornate a
scuola e qua all'Aquila torna il freddo".
Io cosa mi porto a casa? Tante immagini e volti che proverò a custodire
nel cuore. Immagini ambivalenti di morte e di vita, di desolazione e di
festa:
- La desolazione del centro dell'Aquila, città fantasma con una sola
strada aperta e tutta transennata, con ancora attaccati ai muri i
manifesti della primavera, e l'attività frenetica dei cantieri, pieni
di operai anche di ferragosto per dare al più presto un tetto a tanta
gente.
- I muri sbrecciati del convento della clarisse di Paganica, dove è
morta la madre suor Gemma, e l'inaugurazione del nuovo convento di
legno, pronto ad accogliere il rientro delle suore.
- L'angoscia degli anziani per la loro città (non la rivedrò più
com'era) e per le loro chiese (Collemaggio, san Bernardino, le Anime
sante...: perché Dio ha permesso che tutte le nostre chiese fossero
colpite?) e gli incoraggiamenti che si davano: eppure dobbiamo guardare
avanti. Indimenticabile quell'anziano signore che in tenda si è
ricostruito tutte le sue cose e - con grande gioia dei vicini (!?) - si
è portato pure la batteria che suonava quando era emigrato in
Venezuela... O il racconto di due giovani che non hanno rinviato il
loro matrimonio e si sono sposati sotto le tende... O quella giovane
sposa col pancione, in attesa del secondo figlio, su alla tendopoli...
- Le preoccupazioni per la loro situazione e la capacità di voltarsi
indietro e di guardare a chi sta peggio: a noi qui a sant'Elia è andata
bene... la casa è lesionata, ma siamo vivi, ma ad Onna...; Io sono
sfollato sulla costa, ho perso tutto; ma non me la sono sentito di
interrompere l'adozione a distanza di quel bambino peruviano...
- La tentazione dello scoraggiamento, del richiudersi nel ruolo di
"terremotati", dell'aspettarsi tutto dall'alto e i ripetuti inviti a
rimboccarsi le maniche, a fare la propria parte...
- La preoccupazione di una Chiesa di fronte ad una situazione che in
pochi secondi è cambiata così radicalmente: preti del centro città che
si sono trovati senza chiesa, senza casa... e senza gente; parrocchie
di periferia che in pochi mesi, con le nuove costruzioni, passeranno da
1500 a 6000 abitanti; famiglie e gruppi che si sono sparpagliati: chi
sulla costa, chi ancora in tenda, chi in prefabbricato davanti alla
propria casa...: quando ripartirò con la catechesi? Quanti ragazzi ci
saranno? Dove li metterò?
E nello stesso tempo la speranza pasquale, il desiderio di "profittare
del tempo presente" e di "fratello terremoto" per rinnovarsi, per fare
di più Chiesa, per promuovere la responsabilità dei laici: esemplare in
questo il nostro don Mauro, col suo slancio e la sua capacità di
consolare e di provocare, coi suoi progetti per la nuova chiesa, come
bellissime sono le parole del Vescovo Mons Giuseppe Molinari: Non
possiamo dimenticare che, per volontà dello stesso Gesù, siamo
destinati ad essere luce del mondo e sale della terra. Non possiamo
dimenticare che, come cristiani, siamo felicemente condannati ad essere
gli uomini e le donne della speranza. Il che non significa che siamo
dei poveri sognatori, non significa che siamo degli inguaribili
venditori di favole terribilmente lontane dalla realtà. Anzi noi siamo
i più radicati nella realtà di questo mondo e nella sua storia.
Questo significa per la nostra Chiesa di L'Aquila, che ora vive sotto
le tende, essere il popolo della speranza. Sono crollate le nostre
chiese. Ma sono rimaste intatte le cattedrali delle nostre anime.
E' rimasta intatta la Chiesa, fatta di pietre vive. Siamo pietre
macchiate di sangue, e, forse, scalfite dalla furia del terremoto. Ma
Cristo ora ci fa sentire come Lui, pietre scartate sulle quali può
rinascere una comunità nuova, una Chiesa nuova. Priva di orpelli
inutili, di fronzoli ingombranti. Ma ricca di fede che scuote le
montagne.
Coraggio, popolo dell'Aquila! Ricominciamo da questa fede. E da questa speranza. E ancora una volta il deserto fiorirà!
Don Luca
Anche io mi pongo la stessa domanda di Don Luca...io che cosa mi porto
a casa? Che cosa mi è rimasto di questa esperienza? Tante immagini e
volti che rimangono nel cuore volti di persone che nonostante abbiano
perso tutto si rimboccano le maniche è cercano di andare avanti,
persone da ascoltare che sentono il bisogno di avere qualcuno che gli
stia accanto, non scorderò mai i loro sorrisi nel vederci arrivare.
Porto nel cuore anche la loro voglia di ricominciare anche a costruire
una Chiesa, una comunità. Molto toccanti le parole di Don Mauro che
chiama "Fratello Terremoto", lui sostiene molto le persone cercando di
aiutarle a cogliere gli aspetti positivi anche in situazioni cosi
drammatiche .
Don Mauro ci raccontava come in queste situazioni si può accogliere la
bellezza della solidarietà, del dialogo e del senso di comunione che si
scopre attraverso coloro che come volontari danno un aiuto alla
popolazione!
Sono partito per questa esperienza convinto di poter dare qualcosa di
utile e di positivo a persone che in poco tempo hanno perso tutto;
tornando mi sono accorto che è più quello che ho ricevuto di quello che
ho dato; la loro accoglienza, la loro gratitudine, mi hanno
sicuramente aiutato a crescere!
Andrea
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