Giovedì 02 maggio 2024
 
La preghiera fatta assieme è un momento prezioso per rendere ancora più salda la vita familiare, l’amicizia! - Papa Francesco
 
Home
Notizie
Documenti
Orario preghiere
 
Storia
Dove siamo
Foto
Cerca
Mappa del sito
Vivere la fede
Percorsi di parole
Siti consigliati
Link

 
Deuteronomio PDF Stampa
02-10-2009
Pentateuco

DEUTERONOMIO


Queste sono le parole che Mosè rivolse a tutto Israele oltre il Giordano, nel deserto, nell’Araba, di fronte a Suf, tra Paran, Tofel, Laban, Caserot e Di-Zaab. Vi sono undici giornate di cammino dall’Oreb, per la via del monte Seir, fino a Kades-Barnea. Nel quarantesimo anno, l’undicesimo mese, il primo giorno del mese, Mosè riferì agli Israeliti quanto il Signore gli aveva ordinato per loro, dopo avere sconfitto Sicon, re degli Amorrei, che abitava a Chesbon, e Og, re di Basan che abitava ad Astarot, a Edrei. Oltre il Giordano, nella terra di Moab, Mosè cominciò a spiegare la legge.


Un solo Dio, salvatore e guida

Il popolo di Israele si era accampato in un territorio ad est del fiume Giordano, di fronte a Gerico. Mosè cominciò a parlare al popolo, ricordando tutti gli avvenimenti da quando erano partiti dal monte Sinai fino a quel momento. Raccontò il viaggio nel deserto, gli episodi di disobbedienza al Signore, le battaglie contro i popoli che abitavano a est del Giordano, vinte con l’aiuto del Signore. Con questo discorso Mosè voleva che il popolo comprendesse quanto grande era l’amore di Dio e, di conseguenza, capisse l’importanza di essere a lui fedele.
Mosè insistette soprattutto sul fatto che gli Israeliti dovevano venerare solo il Signore, il Dio che li aveva liberati dall’Egitto e condotti fino alla terra promessa. Essi non dovevano seguire gli usi dei popoli vicini, che veneravano altri dei, né dovevano considerare il sole , la luna o le stelle come delle divinità, costruendo statue che li rappresentassero e inginocchiandosi davanti a esse.
Mosè fece notare al popolo che il paese dove stavano per entrare ad abitare era stato donato loro da Dio: se essi fossero stati infedeli, allontanandosi dal Signore Dio e seguendo altri dei, avrebbero perso anche il dono di Dio, cioè la terra promessa. Sarebbero stati scacciati, diventando un popolo senza una patria dove abitare.
Dopo questo primo discorso, Mosè cominciò a parlare una seconda volta, per istruire e ammonire il popolo prima che entrasse nella terra promessa. Mosè sapeva che sarebbe morto molto presto, prima di poter attraversare il Giordano. Il Signore, infatti, gli aveva detto che non sarebbe stato lui a guidare il popolo nella terra promessa, ma Giosuè.
Mosè, quindi, ripetè a Israele le parole che aveva udito da Dio al monte Sinai, i Dieci Comandamenti, cioè le leggi che Israele doveva osservare perché era il popolo di Dio.
“Ascolta, Israele”, diceva Mosè, “il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
Questi comandi siano sempre nel tuo cuore”.

Mosè spiegò a Israele che Dio lo aveva amato per primo, scegliendolo come suo popolo tra tutti i popoli della terra.
Questo era un evento straordinario e importante: il Signore aveva voluto essere vicino a un popolo, Israele, andando a prenderlo in Egitto, liberandolo dalla schiavitù e conducendolo in un nuovo paese.
Dio non aveva scelto Israele perché era un popolo migliore, più forte, più potente o più bravo di tutti gli altri. Anzi, fin dall’inizio il popolo di Israele aveva dimostrato di essere un popolo testardo e peccatore.  Mosè ricordò al popolo quello che era successo al Sinai, mentre lui era sul monte ad ascoltare la parola del Signore: il popolo, che aveva appena promesso di essere fedele al Signore, si era costruito un vitello d’oro, dimenticandosi di Dio. Dio si era molto irritato per questo, ma Mosè aveva pregato il Signore perché perdonasse il popolo. Anche dopo, durante il viaggio nel deserto, Israele si era più volte ribellato contro Dio e contro Mosè. Dio, però, nel suo amore, aveva perdonato il popolo, e aveva mantenuto la sua promessa di portarlo in un nuovo paese. Israele doveva quindi sapere che non era merito suo e del suo esercito se aveva conquistato terre e vinto battaglie, ma soltanto dell’amore del Signore.
Mosè esortò il popolo a ricordarsi di Dio, ad amarlo con tutto il cuore, obbedendo ai suoi comandi, aiutando le persone più deboli e povere così come Dio aveva aiutato il popolo quando era schiavo, liberandolo dagli Egiziani.
Israele, una volta entrato nella terra promessa, non doveva mai dimenticare tutte le parole e tutte le istruzioni date da Mosè.


La Pasqua e le feste d’Israele

Mosè continuò a parlare al popolo d’Israele, mentre erano accampati nella regione a est del Giordano. La preoccupazione più grande di Mosè, che sapeva di essere vicino alla morte, era che il popolo si mantenesse sempre fedele al Signore e non cominciasse a servire altri dèi. Per evitare che ognuno avesse un proprio dio e una propria religione, Mosè esortò gli Ebrei ad avere un unico luogo in cui celebrare le feste e i sacrifici in onore del Signore. Sarebbe stato il Signore stesso a indicare quel luogo.
Mosè indicò anche quali erano le feste religiose più importanti a cui tutti avrebbero dovuto cercare di partecipare.
La prima era quella di Pasqua che si svolgeva in primavera e che ricordava la liberazione del popolo dalla schiavitù in Egitto. A Pasqua ogni famiglia sacrificava al Signore un agnello che poi si mangiava tutti insieme per ricordare la notte in cui gli Ebrei erano fuggiti dall’Egitto. Durante questa festa per una settimana si mangiava pane azzimo, cioè non lievitato.

Sette Settimane dopo la Pasqua si celebrava un’altra festa, chiamata festa delle Settimane o Pentecoste. La celebrazione di questa festa veniva così a coincidere con il tempo della mietitura ed era per tutti un momento di gioia e di ringraziamento al Signore. Un gesto concreto per rendere grazie era quello di offrire al Signore le primizie, cioè la prima parte del raccolto.
Una terza festa si celebrava in autunno, era chiamata festa delle Capanne e coincideva con il tempo della vendemmia e della raccolta delle olive. Anche quella festa doveva essere occasione di gioia per tutti i doni ricevuti dal Signore. Il nome della festa veniva dal fatto che durante tutto il tempo della sua celebrazione si abitava in capanne costruite apposta. Abitando in queste costruzioni provvisorie, il popolo avrebbe ricordato anche il periodo in cui aveva abitato in tende durante la marcia nel deserto.
Dopo queste istruzioni religiose, Mosè parlò anche di come doveva essere organizzata la vita del popolo nella terra promessa. Dovevano esserci giudici che giudicavano sui casi che contrapponevano le persone e le famiglie e sulle trasgressioni alla legge. Mosè insistette sul fatto che questi giudici dovevano essere imparziali, non fare cioè preferenze, né accettare regali o compensi per favorire qualcuno. Quando il popolo avesse voluto avere un re , avrebbe dovuto scegliere un re preoccupato non della sua ricchezza personale o della sua potenza, ma di mantenere la fedeltà a Dio e di governare con giustizia il suo popolo, obbedendo alla legge del Signore.
Mosè parlò anche dei profeti: essi erano persone molto importanti perché parlavano a nome di Dio e quindi il popolo doveva obbedire alle loro parole.
Invece Israele non doveva ascoltare né maghi, né indovini, come facevano gli altri popoli che non conoscevano il Signore.
Mosè spiegò al popolo come ci si doveva comportare in caso di guerra: tutti gli uomini avrebbero dovuto essere convocati per combattere. Nelle battaglie, però, gli Israeliti non erano soli perché Dio combatteva a fianco del suo popolo, aiutandolo contro i nemici. Mosè diede anche altre norme e leggi per la vita di tutti i giorni del popolo ebraico una volta giunto nella terra promessa.
La preoccupazione di Mosè era che Israele vivesse sempre, in ogni momento e in tutte le sue attività, ricordandosi di essere un popolo che aveva una particolare relazione con Dio. Seguendo le norme e le indicazioni di Mosè il popolo avrebbe mostrato che il Signore era il suo Dio e che essi erano il popolo da lui scelto per abitare il mezzo agli uomini.


Mosè contempla la terra promessa

Dopo aver esposto tutte le leggi e le norme che avrebbero dovuto guidare la vita del popolo di Israele nella terra promessa, Mosè diede agli Israeliti questo ordine: “Dopo che avrete attraversato il fiume Giordano e sarete entrati nella terra che il Signore vostro vi dona, la terra che Dio ha promesso ai vostri padri, scriverete tutte le parole di questa legge che vi ho insegnato su alcune pietre”. A quel tempo infatti le leggi dei popoli venivano scritte su pietre, che poi erano custodite vicino ai luoghi dove si pregava, per evitare che fossero dimenticate o che qualcuno le cambiasse a proprio vantaggio. Per Israele questa legge era particolarmente importante perché lo faceva diventare il popolo di Dio: in essa infatti era contenuta la volontà di Dio, che aveva amato Israele e lo aveva scelto in mezzo a tutti gli altri popoli.

Questa legge era il segno dell’alleanza fra Dio e Israele e per questo Mosè spiegò che era molto importante per Israele rimanere fedele a Dio, obbedendo alla sua parola e mettendo in pratica tutti i suoi insegnamenti.
Facendo così, Israele avrebbe potuto vivere sotto la benedizione di Dio, cioè sotto la sua protezione e con il suo aiuto, e non gli sarebbe mancato il necessario per vivere in pace e tranquillità. I frutti dei campi e del lavoro degli uomini sarebbero stati abbondanti e il Signore avrebbe protetto il suo popolo dai nemici. Se, al contrario, il popolo si fosse dimenticato di Dio, disobbedendo alle sue leggi e comportandosi ingiustamente, sarebbe stato colpito dalla maledizione: Dio si sarebbe allontanato da Israele, diventando come un nemico, e il popolo non avrebbe più vissuto in pace e prosperità, ma al contrario avrebbe sofferto molto, subendo l’oppressione di altri popoli, il suo lavoro avrebbe fruttato poco, e sarebbe stato difficile trovare il necessario per sopravvivere.
Ma se fosse accaduto questo, se cioè Israele avesse dimenticato Dio, perdendo la sua amicizia e subendo molte sventure, Dio non si sarebbe del tutto dimenticato del suo popolo. “Se dopo tutte queste cose”, diceva Mosè, “ritornerai al Signore tuo Dio e ascolterai la sua voce con tutto il cuore e con tutta l’anima, il Signore tuo Dio avrà misericordia di te, ti farà di nuovo prosperare e vivere in pace e tranquillo nella terra promessa”.

Mosè insistette con il popolo perché obbedisse alla volontà del Signore: Dio infatti non chiedeva cose troppo difficili o impossibili, anzi, ponendo la sua parola nel loro cuore, affinché la mettessero in pratica per vivere felici, si era fatto vicino a ognuno di loro. Mosè scrisse tutte queste leggi su un libro che consegnò ai Leviti affinché lo custodissero accanto all’arca dell’alleanza,in cui erano conservate le tavole dei Dieci Comandamenti.
Poi Mosè, sapendo che non sarebbe vissuto ancora per molto, nominò Giosuè suo successore. Egli avrebbe guidato il popolo nella conquista della terra al di là del Giordano, obbedendo, come aveva fatto Mosè, alle parole e alle istruzioni del Signore. Come Dio era stato sempre vicino a Mosè con il suo spirito, così sarebbe stato vicino a Giosuè.
Mosè benedisse tutte le dodici tribù di Israele, augurando loro pace e prosperità. Poi, come gli aveva detto Dio, salì sul monte Nebo, che sta di fronte a Gerico, dall’altra parte del fiume Giordano. Da lì Mosè potè guardare la terra che Dio aveva promesso al popolo di Israele. Mosè, che aveva dedicato la sua vita a condurre il popolo di Israele fuori dall’Egitto verso quella terra, sapeva di non potervi entrare, ma Dio gli concesse di contemplare quel paese, per lui tanto importante, prima di morire e ricongiungersi con i suoi padri. Mosè morì all’età di centoventi anni. Dopo di lui non ci fu più nel popolo di Israele un profeta grande come lui, che parlava con Dio come con un amico.
 
< Avanti   Indietro >
   
12_s.jpg
Gruppi parrocchiali
Azione Cattolica
Caritas
ANSPI
Gruppo Catechisti
Gruppo Cultura
Famiglie
Gruppo Liturgico
Scout
 
Calendario Pastorale
Fine Benedizioni 2024

Area riservata
Login


Logo chiesa
 
Sito realizzato con Joomla! - Copyright 2007-2024 Parrocchia San Savino Faenza