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Giosuè PDF Stampa
02-10-2009
Libri storici

GIOSUÈ


Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, aiutante di Mosè: “ Mosè, mio servo, è morto. Ora, dunque, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo su cui si poserà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè. Dal deserto e da questo Libano fino al grande fiume, l’Eufrate, tutta la terra degli Ittiti, fino al Mare Grande, dove tramonta il sole: tali saranno i vostri confini. Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato per Mosè , così sarò con te: non ti lascerò né ti abbandonerò”.


Così crollarono le mura di Gerico

Dopo la morte di Mosè, Giosuè divenne capo del popolo di Israele. A lui il Signore parlò ordinando di attraversare il fiume Giordano e di conquistare il paese di Canaan. Per prima cosa Giosuè mandò due spie ad esplorare la città di Gerico e i suoi dintorni. Gli esploratori andarono e si fermarono a Gerico, nella casa di una donna di quella città, Roab. Ma il re di Gerico lo venne a sapere e mandò le sue guardie per catturare i due Israeliti. Roab però li nascose sul tetto e mentì alle guardie, salvandoli così dalla cattura. Poi Roab, parlando con gli esploratori, spiegò che tutti gli abitanti della regione erano intimoriti e avevano paura del popolo di Israele, perché avevano sentito raccontare tutti i prodigi che aveva compiuto il Signore per aiutarli a sconfiggere i loro nemici. Ella si fece promettere che, poiché li aveva aiutati, non avrebbero né lei né i suoi parenti quando sarebbero venuti a conquistare la città.
I due uomini furono d’accordo e decisero che al momento della battaglia Roab avrebbe appeso alla finestra un filo scarlatto, in modo che tutti gli Israeliti potessero riconoscere la sua casa e così non fare del male a lei e alla sua famiglia. Durante la notte, gli esploratori si calarono dalla finestra della casa di Roab, che si trovava proprio sulle mura, sfuggendo così alle ricerche delle guardie. Ritornarono da Giosuè e gli riferirono tutto quello che avevano saputo da Roab.

Giosuè ordinò quindi di passare il fiume Giordano, facendo precedere tutto il popolo dall’arca dell’alleanza, portata dai sacerdoti: era il Signore, di cui l’arca indicava la presenza, che guidava il popolo all’interno della terra promessa.
E avvenne un prodigio: le acque del fiume si fermarono, e il popolo passò sul letto del fiume asciutto, proprio come era accaduto quando gli Ebrei fuggivano dall’Egitto e il Mar Rosso si era aperto davanti a loro, facendoli passare sull’asciutto e salvandoli dagli Egiziani. In questo modo essi compresero che, come il Signore li aveva liberati dalla schiavitù in Egitto, così sarebbe stato al loro fianco nella conquista del paese di Canaan.

Giunsero davanti a Gerico e Giosuè diede ordini per conquistare la città. Non bisognava attaccare con i soldati come si fa di solito in guerra: all’inizio si sarebbero limitati a fare il giro delle mura di Gerico, in processione, suonando le trombe e portando l’arca dell’alleanza. Fecero così per sei giorni. Invece il settimo giorno girarono per sette volte intorno alla città e poi tutto il popolo lanciò un forte grido e le mura di Gerico caddero, e così fu facilmente conquistata. In questo modo era chiaro che chi combatteva non era solo Israele, ma anche e soprattutto il Signore Dio che aveva promesso di donare quella terra al suo popolo. Gli Israeliti mantennero la promessa fatta a Roab e non fecero alcun male a lei e alla sua famiglia.
Dopo Gerico, Giosuè conquistò anche la città di Ai, che si trovava non lontano. I re dei popoli che abitavano in Palestina, vedendo i successi degli Israeliti guidati da Giosuè, decisero di fare alleanza per combattere contro di loro. Giosuè, però, li sconfisse, prima a Gabaon, una città vicino a Gerusalemme, poi a Meron, una località che si trovava nel nord del paese. Anche se non usavano più la stessa tattica usata a Gerico, gli Israeliti combattevano sempre seguendo gli ordini che il Signore dava a Giosuè e il Signore combatteva al loro fianco, così che il popolo usciva sempre vittorioso dalle battaglie. Dopo queste vittorie, Giosuè e gli Israeliti avevano conquistato quasi tutto il paese di Canaan. Per un lungo periodo non ci furono più guerre, il popolo di Israele potè cominciare a vivere in pace nella terra promessa.


Una terra per dodici tribù

Dopo diverse battaglie, Israele aveva conquistato una buona parte della terra che Dio gli aveva promesso, ma non tutta. Alcune regioni, infatti, erano ancora occupate e dominate da altri popoli; tra questi i Filistei e i Cananei erano i più importanti. Giosuè però era gia avanti negli anni e il Signore gli disse : “Io farò fuggire davanti a voi anche questi popoli, tu però intanto comincia a distribuire fra le tribù la terra che avete conquistato”.
Le tribù di Ruben e di Gad e metà della tribù di Manasse avevano già ricevuto il permesso di stabilirsi nelle regioni al di là del Giordano; la tribù di Levi, invece, non doveva ricevere un territorio perché i suoi membri dovevano dedicarsi solo al servizio del santuario e celebrarvi i vari riti.

Giosuè e il sacerdote Eleàzaro, figlio di Aronne, dovevano quindi dividere il territorio fra nove tribù e mezza: Giuda, Efraim, metà della tribù di Manasse, Beniamino, Simeone, Zàbulon, Issacar, Aser, Neftali, Dan. La grandezza della parte di territorio che spettava a ogni tribù era in proporzione al numero dei suoi componenti. La divisione e l’assegnazione della terra avvenne per sorteggio. A quel tempo si pensava, infatti, che il sorteggio fosse regolato direttamente da Dio, e attraverso di esso si poteva perciò interpretare la volontà divina. Era infatti il Signore che aveva conquistato la terra e che ora la donava al suo popolo, assegnandone una parte a ogni tribù.
Dopo aver dato a ogni tribù la sua porzione di territorio, Giosuè ed Eleàzaro stabilirono anche quali erano le “città di rifugio”. A quel tempo infatti se uno commetteva un omicidio, la punizione consisteva nella morte, per mano di un parente della vittima. Se però l’omicidio era stato involontario, chi lo aveva commesso poteva rifugiarsi in una di queste città: lì nessuno avrebbe potuto fargli del male.
Furono poi stabilite quarantotto città in cui avrebbero abitato i Leviti, cioè i membri della tribù di Levi che non avevano un proprio territorio perché si dovevano dedicare al servizio religioso. Queste città erano in mezzo al territorio di tutte le tribù.
Quando fu portata a termine la divisione dei territori, le tribù di Ruben, Gad e la metà della tribù di Manasse, ritornarono ai loro territori al di là del Giordano. Essi, infatti, come avevano promesso a Mosè, avevano aiutato tutte le altre tribù nella conquista della Palestina ed ora potevano tornare finalmente alle loro terre. Queste tribù, anche se abitavano al di là del Giordano, rimanevano però legate alle altre tribù, facendo parte dello stesso popolo: adoravano lo stesso Dio, il Signore che aveva donato al suo popolo tutta quella terra, parte al di qua e parte al di là del Giordano.

Giosuè, ormai anziano e avanti negli anni, convocò tutto il popolo per fare delle raccomandazioni a Israele che aveva guidato nella conquista della terra, così come aveva fatto Mosè prima di morire. Giosuè quindi ricordò al popolo che il Signore era stato sempre al loro fianco nelle battaglie e che in futuro li avrebbe certamente ancora aiutati contro i nemici. Il popolo però doveva mantenersi fedele al Signore, non imitando gli usi e le abitudini dei Cananei, che vivevano in mezzo a Israele e che adoravano gli idoli. Se infatti Israele avesse abbandonato il Signore, anch’egli avrebbe abbandonato il suo popolo ed essi sarebbero stati indifesi davanti ai loro nemici. Titti gli Israeliti assicurarono solennemente a Giosuè che avrebbero sempre servito il Signore, senza andare dietro ad altri dei.
Giosuè poi morì e fu sepolto. Anche le ossa di Giuseppe, che Mosè aveva ordinato di trasportare quando erano fuggiti dall’Egitto, furono seppellite nella terra promessa, secondo il desiderio espresso da Giuseppe prima di morire.
 
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