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02-10-2009
Libri storici

GIUDICI


Dopo la morte di Giosuè, gli Israeliti consultarono il Signore dicendo: “Chi di noi salirà per primo a combattere contro i Cananei?”. Il Signore rispose: “Salirà Giuda: ecco, ho messo la terra nelle sue mani”. Allora Giuda disse a suo fratello Simeone: “Sali con me nel territorio che mi è toccato in sorte, e combattiamo contro i Cananei; poi anch’io verrò con te in quello che ti è toccato in sorte”.
Simeone andò con lui. Giuda dunque salì, e il Signore mise nelle loro mani i Cananei e i Perizziri; sconfissero a Bezek diecimila uomini. A Bezek trovarono Adonì-Bezek, l’attaccarono e sconfissero i Cananei e i Perizziti. Adonì- Bezek fuggì, ma essi lo inseguirono, lo catturarono e gli amputarono i pollici e gli alluci. Adonì-Bezek disse: “Settanta re, con i pollici e gli alluci amputati, raccattavano gli avanzi sotto la mia tavola. Dio mi ripaga di quel che ho fatto”. Lo condussero poi a Gerusalemme, dove morì.


Il Signore combatte i nemici di Israele

Dopo la morte di Giosuè, il popolo di Israele non si mantenne fedele al Signore; al contrario gli Israeliti cominciarono ad adorare altri dei, in particolare il dio Baal e la dea Astarte che erano venerati dal popolo originario del paese, i Cananei. Il Signore, allora, sdegnato, lasciò che i nemici di Israele avessero la meglio nelle battaglie contro il suo popolo e così il re di Asor potè dominare e opprimere gli Israeliti. Il popolo, allora, resosi conto del suo peccato, si ricordò del Signore e invocò il suo aiuto per essere liberato dai nemici.

In quel tempo c’era in Israele Debora, una profetessa, cioè una donna che interpretava per il popolo la volontà di Dio.
Essa chiamò un uomo di nome Barak, e gli disse: “Il Signore ti ordina di combattere contro l’esercito di Asor, tu lo sconfiggerai perché il Signore ti aiuterà”.
Barak accettò di combattere contro Asor, se però Debora lo avesse accompagnato nell’impresa. Questo perché Barak voleva essere sicuro che il Signore lo avrebbe aiutato nella battaglia.
L’esercito di Israele era infatti più debole di quello del re di Asor, ma il Signore fece fuggire l’esercito nemico davanti alle truppe di Barak, e il popolo di Israele fu così liberato dall’oppressione dei nemici.
Dopo questa vittoria, Debora e Barak intonarono un grande canto di lode e di ringraziamento al Signore che era intervenuto per salvare il suo popolo.

Ma, nonostante questi interventi di Dio, che mostravano il suo amore e la sua premura per il bene di Israele, il popolo riprese a comportarsi in modo contrario agli insegnamenti del Signore. Il Signore allora li abbandonò ed essi subirono le incursioni dei Madianiti, un popolo che abitava le regioni a est del Giordano: essi invasero la terra degli Israeliti distruggendo i raccolti e rubando il bestiame. Il popolo di Israele si trovò così ridotto in miseria, e si mise a invocare l’aiuto del Signore.
Il Signore, che amava il suo popolo Israele nonostante le numerose infedeltà, non poteva abbandonarlo: mandò quindi il suo angelo a parlare con Gedeone, un giovane che apparteneva ad una povera famiglia della tribù di Manasse. L’angelo disse a Gedeone: “Va’ a liberare il popolo di Israele dall’oppressione dei Madianiti”. Ma Gedeone rispose: “ Come posso fare questo, io che sono il più piccolo della mia famiglia, che è la più povera della tribù di Manasse?”.
E l’angelo gli disse: “Il Signore sarà con te e tu sconfiggerai i Madianiti”.
Così quando i Madianiti vennero di nuovo ad invadere Israaele, Gedeone, seguendo le indicazioni del Signore, affrontò il numeroso esercito nemico con soli trecento uomini.

Egli attaccò di notte usando uno stratagemma: ogni soldato israelita aveva una torcia accesa, infilata in una brocca d’argilla in modo che non si vedesse la fiamma, e una tromba. Divisi in tre gruppi, gli uomini di Gedeone circondarono l’accampamento dei Madianiti e, a un segnale del loro capo, ruppero tutti insieme le brocche e suonarono forte le trombe. I  Madianiti, vedendo all’improvviso le luci delle torce e udendo il suono delle trombe, pensarono di essere attaccati da un esercito potente e numeroso e, presi dal terrore, si diedero alla fuga precipitosa in mezzo a una grande confusione. Così il Signore permise ancora una volta a Israele di sconfiggere i suoi nemici. Dopo la morte di Gedeone, però, il popolo di Israele tornò a disobbedire a Dio, adorando il dio Baal.


Le eroiche imprese di Sansone

Il popolo di Israele continuava a disobbedire ai comandi di Dio, e così il Signore permise ai Filistei, uno dei popoli che Israele non era riuscito a scacciare dalla terra promessa, di sottometterlo. In quel tempo nella città di Sorea viveva un uomo di nome Manòach. Lui e sua moglie non avevano figli. Un giorno un angelo del Signore apparve alla moglie di Manòach annunciandole che avrebbe avuto un figlio che sarebbe diventato un “nazireo”, cioè un uomo consacrato a Dio. Il segno della consacrazione dei nazirei era questo: non si tagliavano mai i capelli. Manòach e sua moglie furono contenti per il dono che il Signore aveva fatto loro e quando nacque il bambino lo chiamarono Sansone.
Diventato adulto, Sansone cominciò a combattere contro i Filistei.
 Un giorno catturò trecento volpi, legò torce alle loro code e le fece correre nei campi dei Filistei bruciando così tutto il loro raccolto.
I Filistei, allora, cominciarono a cercare di catturare e uccidere Sansone, ma non ci riuscirono perché egli era un nazireo, consacrato a Dio, e lo spirito del Signore era con lui, dandogli una forza straordinaria.
Attraverso Sansone, infatti, Dio aveva deciso di cominciare a liberare il popolo di Israele dall’oppressione dei Filistei.
Così accadde una volta che i Filistei invasero il territorio della tribù di Giuda distruggendo i raccolti e rubando gli animali, perché avevano saputo che Sansone si era rifugiato da quelle parti. Gli uomini di Giuda, per paura dei Filistei, andarono da Sansone, supplicandolo di consegnarsi ai nemici in modo che fossero risparmiate le loro case e le loro proprietà. Sansone acconsentì a farsi portare nell’accampamento dei Filistei.
Quando però si trovò davanti ai nemici, lo spirito del Signore scese su di lui: spezzò le corde e combattè uccidendo più di mille Filistei.
In seguito Sansone si innamorò di una donna di nome Dalila. I capi dei Filistei andarono da Dalila e le dissero: “Visto che Sansone è innamorato di te potrai facilmente farti rivelare il segreto della sua grande forza. Se tu ce lo rivelerai e noi potremo catturarlo, ti daremo molto denaro”. La donna acconsentì e cominciò a far di tutto per farsi rivelare da Sansone il suo segreto. Dapprima Sansone si divertì a ingannarla, inventando spiegazioni magiche e fantastiche della sua grande forza. Alla fine però cedette e rivelò a Dalila che il segreto della sua forza era la sua consacrazione a Dio: poiché egli era un nazireo, nessuno aveva mai tagliato i suoi capelli. Se qualcuno lo avesse fatto, egli avrebbe perso la sua forza perché avrebbe significato che aveva abbandonato il suo Dio.

Così Dalila di notte, mentre Sansone dormiva, gli tagliò i capelli e chiamò i Filistei, che poterono catturarlo facilmente, perché lo spirito del Signore lo aveva abbandonato.
I Filistei accecarono Sansone e lo condussero prigioniero nella città di Gaza, dove lo fecero lavorare come schiavo. Dopo qualche tempo, durante una grande festa in onore del loro dio Dagon, i Filistei mandarono a prendere Sansone perché li facesse divertire. Sansone, a cui intanto erano ricresciuti i capelli, si appoggiò alle colonne del palazzo dove si svolgeva la festa, e sentendo i Filistei che lo deridevano, esaltando il dio Dagon, pregò il Signore dicendo: “Signore Dio, ricordati di me, ti supplico, e rendimi ancora una volta la mia forza”. Poi spinse con forza le colonne del palazzo, che crollò uccidendo Sansone ma anche tutti i Filistei che vi si trovavano.
 
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