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02-11-2010
Le lacrime
Una donna tremendamente addolorata per la morte di suo figlio, si recò da un maestro spirituale in cerca di conforto. Egli l’ascoltò pazientemente mentre riversava su di lui la sua triste storia. Poi le disse dolcemente: «Io non posso asciugare le tue lacrime, posso solo insegnarti come renderle sante».
«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala». Nulla dice l’evangelista Giovanni del pianto di Maria che tanto spazio avrà nella storia della tradizione e della stessa memoria dell’Addolorata che oggi la liturgia propone e che dà ancor oggi origine a celebrazioni popolari di grande intensità ed emozione. Eppure il dolore di una madre che vede, prima di se stessa, spegnersi la vita del figlio è inconcepibile nel suo strazio. Chi assiste a quel dramma e ne raccoglie l’eco sa che non può (e forse neppure deve) trovare parole di consolazione.
È ciò che ci insegna l’antica parabola orientale sopra evocata. Forse è solo l’ascolto amoroso dei singhiozzi, la vicinanza affettuosa, la condivisione orante ad avere senso. In questa luce ha significato proprio la religione: essa non asciuga le lacrime (questo avverrà solo alla fine della storia, come suggerisce Apocalisse 21, 4), ma le trasfigura, le libera dalla disperazione. La parola «sofferenza» deriva dal latino sub ferre, ossia «portare in basso»; il «sollievo» è, invece, un «levare dal basso» verso l’alto, affidando a chi ci trascende tutta la nostra miseria e infelicità. Questo affido è l’unico atto che la persona desolata dev’essere aiutata a compiere, così che sia Dio a consolare e a sciogliere il mistero di quel dolore.
(G. Ravasi, Mattutino del 15-09-2006)
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