04-11-2010 |
La fecondità del dolore
Lo sgorgo di divinità lo si sente quando il dolore ci ha fatto inginocchiare. Al punto che la prima avvisaglia del dolore ci dà un moto di gioia e di gratitudine, di aspettazione… La massima sventura è la solitudine, tant’è vero che il supremo conforto - la religione - consiste nel trovare una compagnia che non inganna. La preghiera è uno sfogo come con un amico.
Sto leggendo il libro intenso che un vescovo, Giuseppe Molinari, ha scritto sulla ricerca religiosa di Cesare Pavese ("O Tu, abbi pietà", ed. Ancora): ne rimango coinvolto perché ho sempre amato questo scrittore dall’esistenza approdata al tragico estuario del suicidio, ma pervasa da un forte anelito verso il mistero e il divino. Scelgo alcune citazioni incastonate nel volume dell’arcivescovo dell’Aquila: sono conosciute ma meritano di essere riproposte. Due sono le realtà prese di mira; forse sono solo due volti antitetici ma complementari della stessa esperienza umana.
Da un lato c’è l’amarezza della solitudine, una sorta di prigione che tanti non riescono a varcare, anche perché al di là non c’è nessuna mano e nessuna presenza. Per questo, Pavese scriveva che «solo la carità è rispettabile. Cristo e Dostoevskij, tutto il resto sono balle». Anche quel suo celebre verso: «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi» era l’estrema attesa di uno sguardo d’amore, sguardo che purtroppo in quel caldo giorno d’agosto del 1950, il giorno del suicidio, gli è mancato. Ma, d’altro lato, c’è un profilo sorprendente che la sofferenza rivela ed è ciò che lo scrittore esprime con un’immagine forte, «lo sgorgo di divinità». Il dolore è come uno strato di terra e di pietrisco che ha sotto il fremito e la pressione dell’acqua: basta saper attendere con coraggio, ed ecco erompere la luce, la vita e Dio stesso.
(G. Ravasi, Mattutino del 13-09-2006)
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"Ogni dolore o difficoltà o sofferenza sono opportunità che ci vengono date per crescere...Crescere è l'unico scopo dell'esistenza su questo pianeta.Non cresci,se te ne stai seduto in un bel giardino,pieno di fiori e ti portano cibi prelibati in un piatto d'argento....Cresci nella malattia ,'nella sofferenza,e se nei problemi invece di nascondere la testa sotto la sabbia prendi il tuo dolore e impari ad accettarlo,non come una maledizione o punizione,ma come un Dono che ti arriva con uno scopo molto ma molto preciso"...
Com'è difficile riuscire a elaborare queste parole nella nostra vita..vorremmo trovare immediato benessere...scoprire il farmaco che ci fa risolvere subito i problemi...eliminare le crisi ...le ferite....ma cos'è che ci aiuta a vedere diversamente le crisi...come spazi capaci i allargare i nostri confini,le ferite ...come feritoie che ci permettono di vedere oltre,..il dolore...spazio che ci permette di accogliere l'inedito che ci viene incontro....
Penso sia la fede a darci quella forza nuova che ci fa abbracciare le croci di ogni giorno in modo da capire che chi .."Ama Veramente Soffre"..perchè esce da sè stesso,dal suo ristretto mondo ,per aprirsi a un dialogo di comunione fraterna con DIO e con il prossimo che ci sta accanto....
Parole di fratel Ettore:
"Se dovessi raccontare della mia salute,vi trovereste a dover credere che in tutta la mia vita per ben pochi giorni ho goduto di totale salute.Posso dirvi che la sofferenza non mi ha mai abbandonato ma ho accettato tutto con serenità..perchè a grandi grazie di Dio fanno sempre da contrappeso grandi croci"........