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Chiesa di San Savino |
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 La prima notizia che si ha della chiesa di S. Savino risale al 23 aprile 1045.
Fonte è la "Charta" del vescovo Eutichio, conservata nell'archivio capitolare della Cattedrale. Il documento parla del vescovo Paolo, che prima del 955 aveva costituito il capitolo della Cattedrale e gli aveva donato terreni e chiese, tra cui il "monasterium Sancti Sabini" (monastero di S. Savino), San Vitale e Santo Stefano, tre chiese sulla via Emilia.
"Monasterium" in questo caso significa che la chiesa dipendeva da un solo sacerdote, detto poi cappellano, alle dipendenze della Pieve di S. Pietro Apostolo, la Cattedrale, che era l'unica parrocchia della città e del territorio.
Poi S. Savino nel 1200 fu dotata di un parroco suo, cioè divenne un centro parrocchiale vero e proprio. Da un documento del 28 luglio 1209 risulta che il primo parroco si chiamava Ugone.
Nel 1500 siamo in grado di individuare anche i confini della parrocchia: le mura manfrediane (una parte ancor oggi corre lungo il viale Stradone e un tempo comprendeva anche una Rocca dove ora c'è il parco "Tondo"), il fossato "la Cerchia", la parrocchia di S. Marco a nord, la parrocchia di S. Lorenzo, ora S. Margherita, a sud.
Il primo "Stato d'Anime" o censimento è del 1608, e il dato è sorprendente, se si confronta con quelli di oggi: la parrocchia ha 130 abitanti, di cui 95 in età da Comunione. Un altro dato significativo: nel 1736 gli abitanti sono aumentati a 204, suddivisi però in sole 42 famiglie.
Come si presentava questa parte di Faenza allora?
C'era un piccolo borgo, detto di S. Giuliano, un gruppetto di case tra la porta Imolese e la chiesa, il resto era tutto dedicato ai campi e alle coltivazioni.
La crescita di questo piccolo nucleo parrocchiale è più tarda.
Lo sviluppo edilizio risale agli anni 1920-30: lo "Stato d'Anime" del 1928 parla di 1978 abitanti raggruppati in 564 famiglie.
Proprio in quegli anni c'è l'ultima ricostruzione della chiesa di S. Savino: risale al 1929-30, quando tra mille difficoltà il parroco di allora, mons. Giovanni Venturi, la fece edificare su progetto dell'ingegnere cesenate Egisto Belletti. Si abbatté la chiesa precedente, ormai insufficiente alla vita di culto (risaliva probabilmente alla fine del '500) anche se nel 1800 erano state aggiunte due cappelle.
Nel secondo dopoguerra S. Savino "perse" dei territori in favore di due nuove parrocchie: quella del SS. Crocifisso (Cappuccini), edificata nel 1951 e quella di S. Giuseppe Artigiano, che risale al 1960. Ma nel corso degli anni '60 l'espansione edilizia portò ad un'ulteriore, notevole crescita degli abitanti.
Il vescovo Battaglia sperava forse di creare un'altra sede parrocchiale, magari da affidare ai Frati Minori, da tempo insediati in zona, che avevano cominciato a costruire una nuova chiesa, ma il progetto non si realizzò.
Tuttavia l'aumento della popolazione perdurò negli anni '70 e rese via via insufficienti le strutture di S. Savino, che a dispetto di una comunità piuttosto vivace aveva una modesta canonica e poche sale. Nel 1978 il parroco don Romano Ricci scriveva al vescovo le difficoltà legate al catechismo, con classi costrette ad attendere nel cortile che si liberasse una sala.
Qualche anno dopo, nel 1983, la Provincia dei Frati Minori scelse di lasciare il convento e la chiesa del Paradiso e raggiunse un accordo per darli in uso alla Diocesi.
La parrocchia di S. Savino alla partenza dei Frati (11 marzo 1984) si trasferì al Paradiso, e gradualmente, nel corso dell'anno, la vita parrocchiale iniziò a tenersi in quei locali più numerosi ed ampi.
La chiesa di S. Savino, che necessitò ancora di restauri nel 2000, è ancora officiata con alcune messe.
La sua canonica e il cortile ospitano il C.A.V. (Centro di Aiuto alla Vita) e la cooperativa sociale L'Aquilone.
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