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briciola 23-10-2011 PDF Stampa
23-10-2011

OMELIA DOMENICALE (XXX ^ del Tempo Ordinario)

La legalità è un tema diattualità. L’appello al rispetto delle regole è un tema ricorrente. Lo siinvoca per il buon funzionamento della società, ma anche per le cose spiccioleche sono sotto casa nostra: essere più civili gettando i mozziconi di sigarettenei recipienti, mettere i rifiuti nei cassonetti, non sporcare i muri conscritte spesso volgari o deturpanti, rispettare gli orari per i rumori serali…

Tante cose che spesso invochiamoquando non ci sentiamo rispettati. Forse un po’ meno le richiamiamo alla nostracoscienza e questo però dovremmo farlo di più. Il rispetto delle regole valeper gli altri, ma prima ancora vale per ciascuno. Su questa linea si situa ilbuon fariseo del vangelo di oggi che, tra le tante regole da rispettare, vuolecercare quella da rispettare per prima. Egli chiede a Gesù Maestro: ‘qual è ilgrande comandamento’? Egli intende: ‘qual è la prima regola che non devotrasgredire?’. NB: siamo sul piano dell’ osservanza esteriore.

Gesù, da grande maestro di vitaqual è ( e non da semplice ‘dottore della Legge ebraica’ o ‘ buon avvocato’) dauna risposta più profonda. Egli risponde: ‘Amerai il Signore Dio tuo, e ilprossimo tuo come te stesso’. Nota Bene: non siamo più solo sul piano dell’osservanzaesteriore ma sul piano del senso di fondo. Egli indica nell’amare , la chiavedi lettura di tutte le leggi divine. Detto in altre parole: se non facciamo conamore ogni cosa, rispettando le regole che sono collegate, non adempiamo ilprogetto di Dio sull’ uomo e non viviamo appieno neanche le leggi umane.

Dovremmo così leggere ogni regolanon tanto come un divieto ma come una proposta di vita. Cioè le regole civilisono non tanto dei muri che servono a sbarrare e a impedire il peggio, ma sonodei cartelli stradali che indicano la via da seguire per la convivialità.Quindi dovremmo aver l’amore come motivazione a vivere e dovremmo agire conamore, cioè cercando il senso delle regole come espressione d’amore. Starecorrettamente in fila alle Poste, può essere educato ma anche molto noioso epesante, ma farlo pensando che anche l’altro ha una sua esigenza come la mia eche il mio rispetto tutela anche il suo nei miei confronti , allora questo èfarlo con amore….  e lo si farà conpiù gioia.

            Leletture di oggi, soprattutto se prendiamo anche la prima lettura ci portano poia verificare l’estrema concretezza del ‘fare con amore’. Vengono fatti treesempi, sempre attuali: il forestiero, l’orfano e al vedova e il povero chechiede un prestito.

            *Verso il forestiero. E’ la nostra situazione attuale e ci siamo dentro finoal  collo. Nascono sentimenti dipaura , diffidenza, competizione. Diciamo che gli stranieri sono tutti ladri eche ci rubano il lavoro. Ma non dimentichiamo che anche gli italiani emigrano,perchè c’è un movimento mondiale che è inarrestabile e ci tocca tutti.Convivere con amore che vuol dire? Vuol dire accogliere cercando di capirci,conoscerci, collaborare, condividere, integrarci in un’ unica società ecomunità cristiana. Oggi è la Giornata Missionaria Mondiale. Pensiamo ai nostrimissionari, ma pensiamo che abbiamo l’occasione anche qui per essere missionario anche per cogliere li dono di fratelli che portano a noi la lorotestimonianza di fede (anche questa è missione)

            *Verso l’orfano e la vedova. Sta mutando il sistema sociosanitario italiano.Comunque sia è per noi il richiamo a vivere con amore il buon vicinato.Possiamo creare una rete di solidarietà e amicizia? Sono belli quegliesperimenti di ‘feste della via’ ed è bello se si crea conoscenza e solidarietàdopo la cena.

            *Chi ci chiede un prestito. La legge ebraica diceva ‘ non chiedere interessi ‘.Il discorso è delicato e vivere questo aiuto con amore cosa significa? Noncerto sperperare il nostro denaro. Ma nel testo della prima lettura si pensache ci può essere un prestito che aiuta lo sviluppo (come fanno le aziende cheapplicano l’economia di comunione) e con l’esempio del mantello preso in pegnoma poi restituito per la notte, si indica che ci dev’essere l’impegno pergarantire la sussistenza basilare alla vita. Da qui vogliamo mostrare l’impegnoche la Caritas parrocchiale sta facendo con alcune donazioni finanziarie,distribuzione viveri e cene per i bisognosi o promozioni al lavoro.

            Ciascunomisuri se vive le regole della convivenza civile con amore.

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Scritto da chicco di grano, 23 ottobre 2011, 23:17
Razzismi punto e basta
di Francesca Lozito | 06 aprile 2011
Le vedo le facce di chi si nasconde dietro la cornetta. Gente che ha lavorato una vita, e che ora giustamente ha molto. Ma non è disposta a cedere un millimetro di ciò che ha.



Telefonano alla trasmissione in radio. Hanno la soluzione facile da sciorinare. Cito più o meno a memoria.

"Siamo fessi. Li dovremmo rimandare indietro con i cannoni" (l'ultima, e forse anche la più forte)
"Vanno in giro tutti puliti. Non sono mica poveri" (beh, per fare pena bisogna essere per forza puzzolenti e straccioni)
"Uno mi ha detto che ha pagato 5000 euro per venire in Italia. Allora vuol dire che i soldi li hanno" (e pazienza se magari si sono venduti un rene, o la casa o un familiare ...)
"Sono giovani!" (sì, proprio così forse è proprio questo che fa paura a una società di gerontocrati)
"Ah signorina questi sono marocchini, non libici ... beh, i libici possiamo anche tenerli giusto perché sono in guerra, ma i marocchini proprio no!"

Benvenuti nella pancia profonda del nostro Paese. E mica in onda a Radio Padania. Ma in una piccola emittente che ha sempre fatto dell'equilibrio la sua bandiera.
Eppure non siamo i soli a pensarla così.
Domenica mattina in una città del sud della Francia. Al termine della Messa il parroco legge un freddo comunicato in cui in buona sostanza racconta dell'avvenuto sgombero della cattedrale, da parte delle forze dell'ordine, vittime un gruppo di profughi che cercavano di essere ascoltati. Due signore perbene dicono: "Ha fatto bene, mica dobbiamo fare la fine dell'Italia".
Sull'ultimo numero di Internazionale si sostiene poi che Italia e Paesi Bassi siano due Paesi in cui si stia "giocando" coi profughi per distrarre da altre questioni.
Insomma, non è solo l'Italia, ma tutta l'Europa, la vecchia Europa in sofferenza nei confronti delle migrazioni.
Perché sì, il movimento di gente fa paura.

Partire, andare lontano. Avere il bisogno della disperazione ed il coraggio di fronte all'immobilismo stagnante di provare altre terre. Lo fa chi ha la forza di sognare l'altro dal proprio. Di sapere che quella è l'unica strada possibile.
E non andiamo a spaccare il capello in quattro che in mezzo ci sono anche i criminali e gli scansafatiche: c'erano anche in mezzo ai meridionali che emigravano al nord, e, francamente facevano dei danni prima di tutto a chi tra loro voleva solo lavorare.
E allora?

Le vedo le facce di chi si nasconde dietro la cornetta. È come se le conoscessi tutte. Gente che ha lavorato una vita, magari anche tanto. E che ora giustamente ha molto. Ma che non è disposta a cedere un millimetro di quello che ha. Che si nasconde dietro un "questi rubano il lavoro ai nostri figli", quando il futuro ai ragazzi lo hanno rubato, previo consenso dei diretti interessati, proprio loro.

Vi ho visto
abbandonare i figli
restando nelle case per poi tormentarli
e poi questi a loro volta
a bastonare i saggi
senza versare lacrime (Paolo Benvegnù, Io e il mio amore)

Già, sarebbe ora di cominciare ad ammetterlo. Senza arrivare allo scontro. Cedere il futuro a chi se lo può ancora giocare. Farlo con l'umiltà della libertà, di chi ha fatto il suo giro di giostra e non ha nulla da perdere. Dare respiro e ragione a chi se li vuole prendere.

Li vedo ancora questi signori, magari fare anche volontariato, andare a Messa la domenica, sedersi in prima fila come le due signore francesi, forti del fatto che questi non sono tempi da cacciata dal Tempio. Anche se sarebbe ora di farlo. Un bel test d'ingresso, ogni tanto, sulla soglia delle Chiese.
Non lo superi? Bene, al posto tuo facciamo entrare prostitute, accattoni, e chi più ne ha più ne metta. Che magari le rivitalizziamo un po' le nostre povere Chiese. Se magari non proprio accoglienti almeno più aperte.

Perché ogni volta che abbiamo detto una sola di queste cose ai nostri fratelli lo abbiamo detto a Lui. A Lui abbiamo detto che lo rimandiamo indietro su di un barcone e poi lo facciamo morire nel deserto. Ci importa ancora qualcosa?
Solo se rispondiamo sì possiamo celebrare la Pasqua che viene.
Altrimenti, meno ipocrita andarsi a fare una scampagnata.
...
Scritto da chicco di grano, 23 ottobre 2011, 22:55
Una nonna della strada
di Valentina Rotondi | 16 aprile 2011
La storia di Marie che vive in un Bancomat, non ha nulla, ma sa condividere. «Con in tasca un piccolo rosario, mi insegna la carità, l'attenzione nella semplicità»



Marie. Piccoli occhi azzurri, un concentrato di energia e di forza. Il suo petit chapeau nero le incornicia il volto che tradisce ormai una sessantina d'anni. Marie vive in un bancomat nel centro di Toulouse. Nessuno sa perché sia finita per strada né da quanti anni non abbia un tetto sopra la testa. Ma questo è relativo, non è importante. Marie ha sempre una parola da dire, una battuta. Resta lì, tra la piazza e il bancomat. Vive di quello che le associazioni umanitarie le danno. Lei resta lì, e parla con tutti: si arrabbia con il sindaco che, assicura, non è in grado di gestire la città. Lei, si proprio lei, conosce almeno 2 lingue. Passa ore a raccontare del suo passato ai passanti, un passato che a volte svanisce nelle pieghe della memoria, un po' labile, un po' confusa. Marie è confusa. Non lo ammetterà mai ma la verità sulla sua vita non vuole raccontarla. Preferisce restare la piccola Marie-Marie che tutti conoscono e tutti amano.

Marie non ha nulla, ma condivide. Nei sacchetti di Carrefour che nasconde dietro le panchine, il suo piccolo armadio e dispensa, ha qualche vestito che regala con gioia dicendo che "a lei non vanno più". Nella tasca un piccolo rosario che stringe, senza farsi vedere, quando i giovani della conférence de Saint Vincent de Paul, terminano "a casa sua" il giro per le strade del lunedì e del giovedì sera. Sono molti quelli che si sono innamorati di Marie e che in un certo senso l'hanno adottata come nonna della strada. Anch'io sono una delle sue piccole nipotine che ogni tanto coccola con dei dolcetti rubati chissà dove e che spesso sgrida perché in ritardo sull'appuntamento accordato. Marie mi insegna la carità, l'attenzione nella semplicità. La sua storia allo stesso tempo mi spezza il cuore. Mi domando il perché, mi chiedo che cosa possa fare. La risposta come sempre mi sfugge e si nasconde dietro i suoi piccoli occhi blu che, senza dire niente, lasciano scappare un piccolo "merci", il più bello della mia vita.


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