LA COMUNITÀ DEL RISORTO (omelia)
Giovanni Paolo II volle che questa seconda domenica di Pasqua
fosse dedicata alla Divina Misericordia. Egli aveva toccato con mano
la forza benefica che promana dall’amore di Dio Misericordioso.
Pensiamo allo scampato attentato del 13 maggio 1981 in piazza san
Pietro. Grande era la devozione di papa Giovanni Paolo II per la
Divina Misericordia anche a seguito degli insegnamenti di figure a
lui care, come la polacca suor Faustina Kowalska. Abbiamo infine
assistito a un papa che non invocava solo misericordia, ma che donava
misericordia e perdono, come davanti al suo attentatore Alì Agca nel
carcere.
Ricevere perdono e dare perdono….
Questa ricorrenza si collega, nei nostro Vangeli odierni, con il
mandato di Gesù Risorto che dice: “come il Padre ha mandato
me, anch’io mando voi… poi soffia lo Spirito … a chi
perdonerete i peccati saranno perdonati…”. Giovanni Paolo II
è l’ultimo di una lunga tradizione di cristiani che hanno colto
nella fede del Risorto, vincitore del male, un invito a portare il
perdono e la pace.
Dalla Risurrezione di Cristo il Vivente inizia a generarsi
una comunità viva di credenti . Questa comunità pone gesti ‘nuovi’
in un certo senso profetici, davanti al male che percorre il mondo:
come ad esempio il gesto del perdonare.
Anche noi oggi , possiamo essere una comunità , nella fede del
Risorto, che coglie da Dio una grazia che rende capaci di gesti
importanti come quello di ‘offrire perdono’ , come quello di ‘
donare pace’.
Nelle relazioni interpersonali c’è molto bisogno di perdonarsi
le possibili imperfezioni, ma soprattutto c’è bisogno di chi
inneschi questa ‘miccia’ del perdono. Dal mio perdono anche gli
altri saranno spinti a perdonarsi fino a generare un circolo
virtuoso.
Chiediamo la grazia, alla Divina Misericordia di riconciliarci con
chi ci ha offeso o con chi abbiamo offeso. Torniamo a salutarci, a
sorriderci, a pregare gli uni per gli altri. Così saremo figli del
Dio della Misericordia.
C’è poi un altro segno ‘profetico’ della comunità viva
generata dalla fede nel Risorto il Vivente: quello della condivisione
dei beni. Dice il racconto di Atti che, nella prima comunità
cristiana, ‘nessuno di loro era bisognoso, perché tenevano
ogni cosa in comune’. Questa fu una delle novità più
eclatanti del cristianesimo: il saper superare le differenze sociali,
distruggendo i muri di separazione e creando uguaglianza sociale e
promozione economica. E’ quello che sta succedendo ad esempio oggi
in India dove il cristianesimo sta promuovendo accoglienza e sviluppo
nelle classi più povere come i Paria.
Possiamo continuare questo gesto profetico, ad esempio in questo
momento di crisi economica? In che modo possiamo condividere i beni e
promuovere sviluppo? A parte la classica ‘elemosina’ per
iniziative particolari di assistenza, ci può essere la condivisione
dei nostri talenti. Ci sono persone che hanno competenza
professionale o anche tanta esperienza di vita e manuale. Spesso
questa è una ricchezza destinata a perdersi se non viene trafficata.
Perché non possiamo rimettere in circolo queste nostre capacità?
Ad esempio, noi stiamo pensando di creare una rete di ‘
talentuosi’ , cioè di persone generose e disponibili a mettere il
loro ‘talento’ a disposizione di chi magari ha bisogno di
formazione lavorativa. Una delle idee che stiamo seguendo è quella
di offrire momenti formativi, magari gratuiti, proprio nel momento in
cui una persona si trova senza lavoro o con qualcosa da reinventare.
Così saremo una comunità viva nella fede del Risorto Vivente.
Così saremo il luogo dove magari qualcuno può riconoscere ancora
che Cristo è Vivo in mezzo a noi!
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