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16-04-2012

LA COMUNITÀ DEL RISORTO (omelia)

Giovanni Paolo II volle che questa seconda domenica di Pasqua fosse dedicata alla Divina Misericordia. Egli aveva toccato con mano la forza benefica che promana dall’amore di Dio Misericordioso. Pensiamo allo scampato attentato del 13 maggio 1981 in piazza san Pietro. Grande era la devozione di papa Giovanni Paolo II per la Divina Misericordia anche a seguito degli insegnamenti di figure a lui care, come la polacca suor Faustina Kowalska. Abbiamo infine assistito a un papa che non invocava solo misericordia, ma che donava misericordia e perdono, come davanti al suo attentatore Alì Agca nel carcere.

Ricevere perdono e dare perdono….


Questa ricorrenza si collega, nei nostro Vangeli odierni, con il mandato di Gesù Risorto che dice: “come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi… poi soffia lo Spirito … a chi perdonerete i peccati saranno perdonati…”. Giovanni Paolo II è l’ultimo di una lunga tradizione di cristiani che hanno colto nella fede del Risorto, vincitore del male, un invito a portare il perdono e la pace.

Dalla Risurrezione di Cristo il Vivente inizia  a generarsi una comunità viva di credenti . Questa comunità pone gesti ‘nuovi’ in un certo senso profetici, davanti al male che percorre il mondo: come ad esempio il gesto del perdonare.

 

Anche noi oggi , possiamo essere una comunità , nella fede del Risorto, che coglie da Dio una grazia che rende capaci di gesti  importanti come quello di ‘offrire perdono’ , come quello di ‘ donare pace’.

Nelle relazioni interpersonali c’è molto bisogno di perdonarsi le possibili imperfezioni, ma soprattutto c’è bisogno di chi inneschi questa ‘miccia’ del perdono. Dal mio perdono anche gli altri saranno spinti a perdonarsi fino a generare un circolo virtuoso.

Chiediamo la grazia, alla Divina Misericordia di riconciliarci con chi ci ha offeso o con chi abbiamo offeso. Torniamo a salutarci, a sorriderci, a pregare gli uni per gli altri. Così saremo figli del Dio della Misericordia.

 

C’è poi un altro segno ‘profetico’ della comunità viva generata dalla fede nel Risorto il Vivente: quello della condivisione dei beni. Dice il racconto di Atti che, nella prima comunità cristiana, ‘nessuno di loro era bisognoso, perché tenevano ogni cosa in comune’. Questa fu una delle novità più eclatanti del cristianesimo: il saper superare le differenze sociali, distruggendo i muri di separazione e creando uguaglianza sociale e promozione economica. E’ quello che sta succedendo ad esempio oggi in India dove il cristianesimo sta promuovendo accoglienza e sviluppo nelle classi più povere come i Paria.

 

Possiamo continuare questo gesto profetico, ad esempio in questo momento di crisi economica? In che modo possiamo condividere i beni e promuovere sviluppo? A parte la classica ‘elemosina’ per iniziative particolari di assistenza, ci può essere la condivisione dei nostri talenti. Ci sono persone che hanno competenza professionale o anche tanta esperienza di vita e manuale. Spesso questa è una ricchezza destinata a perdersi se non viene trafficata. Perché non possiamo rimettere in circolo queste nostre capacità?

Ad esempio, noi stiamo pensando di creare una rete di ‘ talentuosi’ , cioè di persone generose e disponibili a mettere il loro ‘talento’ a disposizione di chi magari ha bisogno di formazione lavorativa. Una delle idee che stiamo seguendo è quella di offrire momenti formativi, magari gratuiti, proprio nel momento in cui una persona si trova senza lavoro o con qualcosa da reinventare.

 

Così saremo una comunità viva nella fede del Risorto Vivente. Così saremo il luogo dove magari qualcuno può riconoscere ancora che Cristo è Vivo in mezzo a noi!


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