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07-06-2012
IL LAVORATORE
Il Lavoratore è una persona che inizialmente è stata assunta, sulla quale è stata posta una fiducia. Oppure è una persona che ha scoperto di avere dei talenti da far fruttare. Il lavoratore ha un contratto per il quale, egli, attende anche una ricompensa finale. Ogni giorno fa la sua parte: puntuale al mattino e alla sera. Giorno dopo giorno continua la sua opera. A volte gode del risultato finale , ma a volte non vede il risultato: questo verrà più avanti, oppure avviene per la collaborazione e il lavoro di altri  con i quali 'fa squadra", oppure lo sa solo chi gli ha commissionato il lavoro.
" Presentati davanti a Dio come... un lavoratore che non ha nulla di cui vergognarsi" (cfr 2 Tim 2,15).
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Scritto da da M...., 09 giugno 2012, 08:37
Cosa resta quando tutto crolla
La situazione, non solo nazionale ma internazionale, ci preoccupa non poco, ma l’Italia e il mondo intero hanno conosciuto momenti simili e ugualmente tragici e sono riusciti a venirne fuori con pazienza e umiltà: la pazienza e l’umiltà di chi davanti alle difficoltà si rimbocca le maniche e ricomincia. Senza pensare all’esito: si ricomincia e basta e poi accadono degli esiti inaspettati che ci fanno dimenticare quanta fatica c’è voluta per ricostruire ciò che era in frantumi.

Interessante da questo punto di vista è la citazione fatta da Pigi Colognesi in un suo contributo a Il Sussidiario:

Qual è il compito dei cristiani in un simile frangente? La nostra lunga storia ha già presentato situazioni analoghe, e forse quella che più chiaramente ha mostrato i fattori in gioco è la crisi dell’impero romano. Cos’hanno fatto, allora, i cristiani? Rispondo con le parole di Alasdair MacIntyre: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie e di oscurità. Ciò che conta, in questa fase, è la costruzione di forme locali di comunità al cui interno la civiltà e la vita morale e intellettuale possano essere conservate attraverso i nuovi secoli oscuri che già incombono su di noi. E se la tradizione delle virtù è stata in grado di sopravvivere agli orrori dell’ultima età oscura, non siamo del tutto privi di fondamenti per la speranza. Questa volta però i barbari non aspettano al di là delle frontiere: ci hanno già governato per parecchio tempo. Ed è la nostra inconsapevolezza di questo fatto a costituire parte delle nostre difficoltà. Stiamo aspettando: non Godot, ma un altro San Benedetto, senza dubbio molto diverso».

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Scritto da ......, 09 giugno 2012, 01:56
Il lavoro, in un mercato esasperatamente competitivo, rischia di ridursi a merce di scambio. La speculazione finanziaria prevarica nei confronti dell’economia reale e l’economia prevarica nei confronti delle persone, delle famiglie e dell’ambiente naturale. Le dolorose conseguenze sono le disuguaglianze di reddito, la forte disoccupazione, il contrasto tra i tempi e le esigenze del lavoro con quelli della famiglia. La festa a sua volta rischia di perdere i suoi profondi significati e il suo carattere familiare e comunitario; tende a diventare divertimento evasivo e dispersivo, a lasciare il posto al tempo libero individuale.

Occorre allargare la visione dell’uomo da individuo a persona, cioè soggetto spirituale e corporeo, autocosciente e libero, singolare e irripetibile, relazionale e auto trascendente, chiamato ad amare gli altri come se stesso, a integrare l’eros nell’agape, a realizzarsi pienamente nel dono di sé agli altri e a Dio. Bisogna tenersi aperti al vero, al bene e al bello, senza chiudersi nell’utile, nell’interesse egoista, nella logica della negoziazione e del contratto. Tutte le dimensioni della vita devono essere plasmate dall’amore. Non solo nella famiglia e nella festa, ma anche nel lavoro e nell’economia deve prevalere la logica del dono, integrando utilità e gratuità, bene strumentale e bene voluto per se stesso. “Senza la gratuità – scrive Benedetto XVI – non si riesce a realizzare nemmeno la giustizia” (Caritas in Veritate, 38). E’ possibile e vantaggioso produrre e scambiare beni e servizi in una dinamica di collaborazione, di rispetto, fiducia e aiuto reciproco. La ricerca di un ragionevole profitto è fisiologica e necessaria; ma trova la sua giustificazione etica solo in un’economia di sviluppo, orientata al bene comune. Solo curando la qualità delle relazioni e restituendo il primato all’amore e alla comunione, la famiglia, il lavoro e la festa potranno ritrovare la loro autenticità e armonizzazione. Per superare la crisi, sembra necessaria, a livello globale, una rivoluzione culturale, antropologica, prima che economica.


Sintesi del Congresso Teologico Pastorale

“La famiglia: il lavoro e la festa”

Milano, 1 giugno 2012





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