19-09-2012 |
card. MARTINI / 3
Martini usava una espressione: «Il non credente che è in me», che rende bene la tensione di molti cristiani oggi: divisi tra la fede ereditata e una cultura dominante che tende a negarla.
Questa parole indicano qualcosa che ci accompagna fino all’ultimo giorno, perché la tentazione contro la fede è sempre possibile. Santa Teresa di Lisieux prossima alla morte fu tentata da un materialismo radicale. Questa espressione dice dunque di qualcosa di molto forte e vero: non siamo mai definitivamente consolidati nella fede. Il che non significa negare la distinzione fra il credere e il non credere. La differenza invece è profonda: con Dio o senza Dio, infatti, cambia tutto.
In uno degli ultimi incontri pubblici a Milano, Martini disse di essersi «riappacificato con la morte» quando aveva capito che «senza la morte non faremmo mai un atto di piena fiducia in Dio»; la morte dunque come "affidamento totale".
La morte certamente è l’affidamento totale, il «caso serio» della fede, come scrisse Hans Urs von Balthasar. Per questo nell’ Ave Maria diciamo: «Prega per noi adesso e nell’ora nostra morte». Il cardinale Martini ha espresso questa ultima verità: che senza Dio non c’è vita. Solo in Lui si concentra nell’ultima ora la speranza dell’uomo. (intervista al card Ruini)
|