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I partiti moderni,
prendiamo atto, a seguito anche del bipolarismo, sono diventati dei
‘contenitori laici’, cioè non strettamente confessionali, ma aperti ad un
pluralismo di idee e culture (così troviamo insieme persone di matrice
cattolica, altre di matrice comunista, altre di matrice più liberale, radicale,
ecologista, ecc). Questo non è negativo in sé, perchè crea spazi di dialogo e
collaborazione, ma certo può diventare una fatica reale se gli interlocutori
hanno visioni della vita troppo differenti.
Affermiamo la legittimità
(anche cristiamente parlando) dell’ azione politica, come attività che ha una
sua autonomia rispetto alla dimensione spirituale (cfr Concilio Vaticano II).
L’atto politico è un esercizio della laicità e non deve essere considerato
‘l’altra metà della mela’ di una filosofia o di una confessione religiosa (il cui fine è
oltre questo mondo). La visione religiosa può costituire l’anima di un’azione
politica, può indicare dei valori di fondo, ma non deve identificarsi e ridursi
con un’azione politica.
Quest’ultima da parte sua è necessaria, rispetto all’
enunciato dei principi, perchè fa da tramite con la realtà concreta dei fatti e
opera per un’attuazione concreta dei valori ideali o religiosamente ispirati. Le
forme concete di attuazione dei principi potrebbero essere diverse e anche
egualmente accettabili. In questo senso la presenza dei cattolici può essere in
vari schieramenti e non più in un solo ‘partito cattolico’.
Cosa resta allora? Tutto si
risolve in un vile compromesso? Tutto si risolve in belle parole pronunciate e
mai attuate? I partiti ‘contenitori laici’ ( e non chiaramente confessionali)
non sono credibili?
Credo che sia possibile un
dialogo e un’ intesa tra politici di ispirazione cristiana e quelli di altre
visioni di vita, nel segno della democrazia. Chi accetta questo difficile
lavoro, di colabrazione per il bene comune, va da lodato. Ma occorre fare delle
verifiche, oltre le belle parole.
I partiti sono fatti di
singole persone e da persone che si sono messe insieme per attuare un progetto.
Credo che nella valutazione dei ‘progetti’ si debba misurare, non solamente chi
è ‘pro’ e chi è ‘contro’ i valori cristiani‘irrinunciabili’, ma conoscere i
politici (quelli realmente eleggibili e non solo ‘specchi per le allodole’!)
nel loro orientamento personale di vita (ciò in cui credono e come lo vivono
personalmente) e conoscere la disponibilità dei medesimi e del raggruppamento
di cui fanno parte, a dialogare e collaborare sui valori della dottrina sociale
della Chiesa. Le posizioni ‘idealisticamente’ troppo rigide (dall’ una e dall’altra
parte) credo non costituiscano un buon modo di fare politica (cr ad esempio
quanto scritto da Giovanni Paolo II, nella Donum
Vitae, sull’ impegno a favore della vita umana, dove si parla di gradualità
degli obiettivi. “Gli uomini politici dovranno impegnarsi, attraverso il loro
intervento sull'opinione pubblica, a ottenere su tali punti essenziali il
consenso più vasto possibile nella società, e a consolidarlo laddove esso rischiasse
di essere indebolito e di venir meno.” (don Massimo)
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Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia.
L’elemosina è orribile quando chi la fa crede d’essersi messo a posto davanti a Dio e agli uomini. La politica è altrettanto orribile quando chi la fa crede d’essere dispensato dal sentir bruciare i bisogni immediati di quelli cui l’effetto della politica non è ancora arrivato: È evidente che oggi bisogna con una mano manovrare le leve profonde (politica, sindacato, scuola) e con l’altra le leve piccine ma immediate dell’elemosina.........
(don Milani)