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Papa Francesco - Veglia di Pentecoste 3 |
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20-05-2013 |
http://it.gloria.tv/?media=446856
I momenti di crisi, come quelli che
stiamo vivendo - ma tu hai detto prima che "siamo in un mondo di menzogne" -,
questo momento di crisi, stiamo attenti, non consiste in una crisi soltanto
economica; non è una crisi culturale. E' una crisi dell'uomo: ciò che è in crisi
è l'uomo! E ciò che può essere distrutto è l'uomo! Ma l'uomo è immagine di Dio!
Per questo è una crisi profonda! In questo momento di crisi non possiamo
preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello
scoraggiamento, nel senso di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudersi, per
favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel
movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose... ma sapete che cosa
succede? Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala. Pensate ad una
stanza chiusa per un anno; quando tu vai, c'è odore di umidità, ci sono tante
cose che non vanno. Una Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata.
La Chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali,
qualsiasi esse siano, ma uscire. Gesù ci dice: "Andate per tutto il mondo!
Andate! Predicate! Date testimonianza del Vangelo!" (cfr Mc 16,15). Ma
che cosa succede se uno esce da se stesso? Può succedere quello che può capitare
a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi
dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente,
che una Chiesa ammalata per chiusura! Uscite fuori, uscite! Pensate anche a
quello che dice l'Apocalisse. Dice una cosa bella: che Gesù è alla porta e
chiama, chiama per entrare nel nostro cuore (cfr Ap 3,20). Questo è il
senso dell'Apocalisse. Ma fatevi questa domanda: quante volte Gesù è dentro e
bussa alla porta per uscire, per uscire fuori, e noi non lo lasciamo uscire, per
le nostre sicurezze, perché tante volte siamo chiusi in strutture caduche, che
servono soltanto per farci schiavi, e non liberi figli di Dio? In questa
"uscita" è importante andare all'incontro; questa parola per me è molto
importante: l'incontro con gli altri. Perché? Perché la fede è un incontro con
Gesù, e noi dobbiamo fare la stessa cosa che fa Gesù: incontrare gli altri. Noi
viviamo una cultura dello scontro, una cultura della frammentazione, una cultura
in cui quello che non mi serve lo getto via, la cultura dello scarto. Ma su
questo punto, vi invito a pensare - ed è parte della crisi - agli anziani, che
sono la saggezza di un popolo, ai bambini... la cultura dello scarto! Ma noi
dobbiamo andare all'incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una "cultura
dell'incontro", una cultura dell'amicizia, una cultura dove troviamo fratelli,
dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, anche con
quelli che hanno un'altra fede, che non hanno la stessa fede. Tutti hanno
qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare
all'incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza. E un altro punto
è importante: con i poveri. Se usciamo da noi stessi, troviamo la povertà. Oggi
- questo fa male al cuore dirlo - oggi, trovare un barbone morto di freddo non è
notizia. Oggi è notizia, forse, uno scandalo. Uno scandalo: ah, quello è
notizia! Oggi, pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia.
Questo è grave, questo è grave! Noi non possiamo restare tranquilli! Mah... le
cose sono così. Noi non possiamo diventare cristiani inamidati, quei cristiani
troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè,
tranquilli. No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare
quelli che sono proprio la carne di Cristo, quelli che sono la carne di Cristo!
Quando io vado a confessare - ancora non posso, perché per uscire a confessare...
di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema - quando io andavo a
confessare nella diocesi precedente, venivano alcuni e sempre facevo questa
domanda: "Ma, lei dà l'elemosina?" - "Sì, padre!". "Ah, bene, bene". E gliene
facevo due in più: "Mi dica, quando lei dà l'elemosina, guarda negli occhi
quello o quella a cui dà l'elemosina?" - "Ah, non so, non me ne sono accorto".
Seconda domanda: "E quando lei dà l'elemosina, tocca la mano di quello al quale
dà l'elemosina, o gli getta la moneta?". Questo è il problema: la carne di
Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i
poveri. La povertà, per noi cristiani, non è una categoria sociologica o
filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima
categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero
per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà
della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua
Incarnazione. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l'andare verso la
carne di Cristo. Se noi andiamo verso la carne di Cristo, incominciamo a capire
qualcosa, a capire che cosa sia questa povertà, la povertà del Signore. E questo
non è facile. Ma c'è un problema che non fa bene ai cristiani: lo spirito del
mondo, lo spirito mondano, la mondanità spirituale. Questo ci porta ad una
sufficienza, a vivere lo spirito del mondo e non quello di Gesù. La domanda che
facevate voi: come si deve vivere per affrontare questa crisi che tocca l'etica
pubblica, il modello di sviluppo, la politica. Siccome questa è una crisi
dell'uomo, una crisi che distrugge l'uomo, è una crisi che spoglia l'uomo
dell'etica. Nella vita pubblica, nella politica, se non c'è l'etica, un'etica di
riferimento, tutto è possibile e tutto si può fare. E noi vediamo, quando
leggiamo i giornali, come la mancanza di etica nella vita pubblica faccia tanto
male all'umanità intera.
Tratto dalla VEGLIA DI PENTECOSTE CON I MOVIMENTI, LE NUOVE COMUNITÀ, LE ASSOCIAZIONI E LE AGGREGAZIONI LAICALI
Piazza San Pietro - Sabato, 18 maggio 2013
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