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07-06-2013
IL CUORE DI GESU'
"Tenerezza! Ma il Signore ci ama con tenerezza. Il Signore sa quella bella scienza delle carezze, quella tenerezza di Dio. Non ci ama con le parole. Lui si avvicina – vicinanza – e ci dà quell’amore con tenerezza. Vicinanza e tenerezza! Queste due maniere dell’amore del Signore che si fa vicino e dà tutto il suo amore con le cose anche più piccole: con la tenerezza. E questo è un amore forte, perché vicinanza e tenerezza ci fanno vedere la fortezza dell’amore di Dio”.


Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/07/lasciamoci_amare_dalla_tenerezza_di_dio:_cos%C3%AC_il_papa_a_santa_mart/it1-699213 
del sito Radio Vaticana 
 Commenti (4)Add Comment
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Scritto da b., 18 giugno 2013, 21:09
"C'è una sorte di medicina della tenerezza...che rinvigorisce il perdono"(Ravasi)
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Scritto da sms., 17 giugno 2013, 10:15
Le nostre Comunità cristiane siano veramente luoghi di accoglienza, di ascolto, di comunione! - Papa Francesco
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Scritto da ..., 11 giugno 2013, 22:45
“.. cominciò a bagnarli di lacrime... ”
(Lc 7,38)
Giugno è il mese delle . Il tempo in cui Gesù ci offre una scena particolarissima, fatta di gesti intensi, intimi, toccanti da parte di una donna . Gesti imprevisti, di una eloquenza straordinaria, che rovesciano ruoli e convenzioni: bagna i piedi di Gesù con le sue lacrime, li asciuga con i suoi capelli, li profuma e li bacia. Sono slanci di un amore gratuito e riconoscente, profondo e sincero, che fanno emergere valori e significati nuovi ed annunciano, in un modo misteriosissimo, l’itinerario pasquale, che sta per iniziare, la Sua passione, morte e risurrezione.
Anche le abbondanti lacrime che solcano il nostro viso per la morte di nostra figlia o di nostro figlio, non scendono invano. Ogni lacrima, è una dichiarazione del nostro amore per lei o per lui, che va al di sopra di ogni altra cosa e ci avvicina all’assoluto di Dio.
Spesso incomprese dagli altri, ignorate o svalutate, le nostre lacrime non cadono quindi nella polvere del deserto. Il Signore le comprende, le accoglie, le condivide, le conta una ad una e le conserva nei forzieri celesti, nello scrigno della vita, dove tiene i tesori più cari. Ogni lacrima è una perla preziosa agli occhi di Dio.
. (Sal 9-6-55)
In lui nulla va perduto. Se riusciamo a spogliare noi stessi, del nostro piccolo mondo chiuso, senza vita, se spezziamo le catene delle colpe, verso noi stessi, verso Dio, verso gli altri, se abbattiamo il muro dei dubbi e andiamo oltre le lacrime fredde e aride, di disperazione e di morte che ci separano dai nostri cari, ecco che anche le nostre lacrime cambiano volto, si illuminano, diventano feconde, si accendono alla vita.
Anche noi allora, come genitori , pieni di riconoscenza per i doni ricevuti, versiamo le nostre lacrime d’amore sui Suoi adorabili piedi proprio come facevamo anche con i nostri amati figli, per poi asciugarli con i nostri capelli e accarezzarli e baciarli.
Preghiamo
Le mie lacrime sono di disperazione o di gratitudine? Riesco a liberarmi della schiavitù delle colpe, ad abbattere il muro dei dubbi per aprire il mio cuore al grande dono della Sua misericordia? Chiediamo a Maria nostra Madre Consolatrice di aiutarci a riconoscerci peccatori per offrire a Gesù le nostre lacrime d’amore e gesti concreti di infinita gratitudine.

(ass. Figli in Cielo)
...
Scritto da chicco di grano, 09 giugno 2013, 01:38
Tenero è il dio di Gesù Cristo, un Dio che è amore incondizionato, come esemplifica bene la parabola del figliol prodigo: è il figlio che se ne va, ma quando torna, il padre lo incorona e gli organizza una festa, senza contargli i soldi in tasca, senza sfogliare il libro nero in cui ha tenuto il computo degli errori. Gesù ci rivela l’immagine non di un giudice punitivo e legalista, ma quella di un dio che sa amare con tenerezza: la sua è una paternità/autorità che sa donare, amare, indirizzare senza violenza costrittiva e che rende il figlio libero di scoprire e di vivere la propria libertà, libero anche di sbagliare. Là dove c’è vera libertà , c’è anche la possibilità di sbagliare e di sapere che niente sarà irreparabile, perché potrò sempre tornare da colui che mi ama con tenerezza e che mi aspetterà per incoronarmi. Ognuno di noi è chiamato a farsi analogamente tramite di guarigione e salvezza per gli altri, a comunicare che la vita è rinnovata profondamente dall’amore-tenerezza che accoglie senza porre condizioni, senza chiedere compensi.
Tenerezza fa rima con concretezza, implica il sentire profondo dell’essere e rimanda a un saper amare col cuore e a un sentirsi amati di cuore. La tenerezza non appartiene all’ordine del “cogito” ma a quella della sensibilità. “È una disposizione affettiva dell’animo che muove intuitivamente a voler bene e apprezzare una situazione, qualcosa, qualcuno, come buoni, amabili e a cui interessarsi con partecipazione, valutando ogni incontro o circostanza con gli occhi del cuore, prima che con quelli della mente “(Rocchetta). Perché solo chi ama conosce, come ricorda Saint Exupery ne “Il piccolo principe”. Solo chi ama vede, come rivela la raccolta di testi provenienti da tutte le culture fatta da Leonardo Boff in “Vedere con il cuore”. La capacità e la scelta di amare (di accostarsi con sguardo amorevole e non giudicante, in pace e non pronti al conflitto, per il dialogo autentico e non per esercitare controllo) sono infatti in grado di andare oltre la soglia immediata degli eventi, come una lente di ingrandimento e un microscopio, rendendo evidenti elementi diversamente non percepibili. Grazie alla tenerezza ci scopriamo capaci di amare l’altro, non a parole ma nei fatti, anche quando non è come noi lo vorremmo. Quando è distante piuttosto che vicino, triste invece di allegro, straniero anziché delle nostre parti, insofferente invece di comprensivo, rifiutante al posto di accogliente. Esiste un modo “tenero” di camminare insieme, mentre il paesaggio cambia intorno a noi e noi insieme a lui, un modo che suppone il coraggio di impegnarsi per qualcuno, il coraggio di aprirsi con gesti concreti, al di là delle risposte negative che si possono ricevere, il coraggio di rischiare se stessi. Per questo tra fortezza e tenerezza sussiste un’interdipendenza profonda. Non è roba per pavidi e prudenti e nemmeno da romanzo rosa. E’ piuttosto espressione di vigoria interiore, etica, valoriale, di un maturo e consapevole cammino di ricerca.
Perché “non è pensabile che un uomo o una donna, in qualunque condizione di vita si trovino, matrimoniale o consacrata, di giovani o anziani, da soli o in comunità, possano essere persone adulte senza un’attivazione effettiva di questo sentimento; è certo, in ogni caso che saranno persone profondamente sole e infelici (Rocchetta)”.

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