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Un ponte per Tarshiha – la testimonianza di Rossella PDF Stampa
15-07-2014
Quando nel marzo 2013 siamo partiti per un viaggio laico in Terrasanta avevo un po' di timore per le note vicende politiche, ma mai avrei immaginato che avrebbe dato una scossa così forte alla mia vita e alla mia coscienza. Vedere la Terra Santa è come leggere il quinto vangelo, ti si apre davanti il mondo degli altri quattro. è un'esperienza che ti prende e ti cambia in profondità nel tempo e, un po' alla volta, senza accorgertene ti ritrovi con una fede più solida e attiva. Io l'ho chiamata "la mia seconda conversione" e ho capito che non si finisce mai di convertirsi, essa dura tutta la vita. Durante questo mio lento percorso di fede rinnovata sono arrivata a capire che essendo la Terra Santa l'origine della fede cristiana è quindi come se fossimo "nati tutti là", quindi l'ho adottata come mia seconda patria. Per istruirmi su questa realtà nuova per me oltre ai libri ho imparato ad usare un minimo il computer e internet, quando prima la sua presenza in casa mi urtava quasi. Mi interessavano soprattutto notizie e problemi della popolazione, tanti ce ne sono anche a Betlemme! Leggevo articoli e appelli di teologi, attivisti cristiano-palestinesi per cercare di comprendere  una situazione difficile da capire per noi. Mi chiedevo: "è la terra di Dio, terra di riconciliazione, pace e amore, cosa posso fare io?" Ho cominciato a pregare insieme ai cristiani contro la siccità e dopo pochi giorni è arrivata la pioggia, ho pianto e pregato con loro quando prima di Natale si sono allagati nella Striscia di Gaza, ho pregato con i custodi di Terra Santa, cristiani di Betlemme, Beit Jala, Beit Sahour che ci chiedevano a gran voce "ponti e non muri". E "ponti e non muri" è diventato il mio slogan anche qui da noi.

Un giorno ho letto una frase di San Francesco che diceva: "Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all'improvviso vi sorprenderete a fare l'impossibile" .  Ecco, ho pensato, è arrivato il momento di fare qualcosa, di agire e ...è capitata l'occasione di creare il mio ponte con Effetà, una scuola per bambini sordo-muti voluta da Paolo VI durante una sua visita e visitata e nominata  recentemente da Papa Francesco nel suo ultimo viaggio. "E' un segno della bontà di Dio, il segno che il mondo sta cambiando" ha detto. Questa scuola è diretta dalle suore Dorotee Figlie dei Sacri  Cuori di Vicenza.

Nel frattempo ero rimasta sempre in contatto telefonico con la mia guida Selma cristiano-palestinese di nascita ora con cittadinanza israeliana. A maggio mi ha detto che sarebbe venuta in Italia con un gruppo di ragazzi di Tarshiha, una città nel nord della Galilea al confine con il Libano, ospiti della  Parrocchia
di S. Carlo Borromeo di Trento nella loro casa vicino a Molveno, essendo il parroco organizzatore di molti pellegrinaggi in Terra Santa (35 in 10 anni) sempre con la guida Selma.

Quale occasione migliore per noi di rivederla e nel contempo andarli ad aiutare in questa prima avventura con 18 ragazzi e 8 ragazze dai 13 ai 16 anni e 6 educatori tutti palestinesi. Ho dato la nostra disponibilità sia a lei che a don Lino di Trento che è stata subito accettata con entusiasmo. Siamo partiti la domenica per rimanere con loro fino alla loro partenza il giovedì.

è stata un'esperienza incredibile. Abbiamo scoperto sul posto che si trattava di alcuni componenti di una squadra di calcio venuta qua anche per allenarsi. Fra di loro vi erano drusi, musulmani, cristiani-cattolici, cristiani-ortodossi e un beduino, diversità di fedi che sanno rispettarsi e andare d'accordo. Allora... allora si può andare d'accordo!!

Abbiamo visto questi ragazzi felici ed era una gioia per tutti gli adulti. Hanno apprezzato il fatto volontari della Parrocchia si siano dati da fare per loro preparando i pasti e il fatto che due italiani fossero con loro li
rassicurava. Hanno gustato il verde delle montagne, la bellezza del lago di Molveno, l'aria frizzante, ma soprattutto hanno sperimentato che in Italia e in Israele la gente è la stessa, che si trovano persone buone che perseguono la stessa idea di pace.

Abbiamo vissuto cinque giorni con loro, pranzando con loro mentre Abuna Lino benediceva il cibo con una preghiera dal carattere universale, rispettosa delle diverse fedi, alternando partite di calcio, alla gita a Venezia, ad appassionanti partite a calciobalilla, a passeggiate.

Comunicavamo un po' in inglese, loro lo parlano molto bene,  le scuole cristiane sono le più qualificate, oppure, il più delle volte, era Selma che si prendeva l'incarico di fare da interprete. Che pazienza! In altri momenti, soprattutto con le ragazze le parole non servivano bastava un abbraccio e un bacio. Ripetevo loro in continuazione che sarebbero stati sempre nel mio cuore e loro erano felici di questo. Una ragazza mi ha detto: "Prega per noi e agisci quando necessario".

Ecco, è qui, nel silenzio di questo monte che ho ribattezzato "il mio monte Tabor" che ho scoperto la missione a cui mi sta chiamando Dio in questo momento. Io che in tutti i giorni di questo anno ho pregato e chiesto ponti ho capito che un altro ponte fra la Terra Santa e l'Italia, fra Tarshiha e Faenza dovevo farlo io con l'aiuto di persone di buona volontà per far rivivere a questi o ad altri ragazzi una settimana di spensieratezza e felicità immense. Ho pensato di invitarli il prossimo anno qualche giorno nella "casa Betania" ad Abeto, casa dell'ospitalità se questo sarà possibile.

Vorrei concludere con due frasi che mi hanno fatto riflettere: "Il fiume Giordano fonda due laghi, uno è vivo (Tiberiade), l'altro è morto. Quello vivo riceve e da, quello morto riceve soltanto. Così la persona riceve gratuitamente da Dio e gratuitamente si offre per gli altri". E poi l'ultima preghiera di Gesù pronunciata nella città Santa e che dovremmo custodire nel cuore: "Che tutti siano una cosa".

Rossella

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