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Comunicato su famiglia Rom e accoglienza PDF Stampa
20-10-2014
Carissimi,
come avete forse sentito siamo al centro di discussioni abbastanza vivaci finite anche sui giornali e in rete, in merito all’accoglienza che stiamo facendo da circa un anno ad una famiglia Rom. Beh, speriamo che il polverone finisca presto, ma in un certo senso buon segno quando il bene fa discutere e incontra anche opposizione: forse siamo sulla strada di Gesù!

Ma che c’è di strano in quello che stiamo facendo?
La carità è nel DNA della parrocchia come la celebrazione della Messa o il catechismo. Meravigliarsi delle tante forme di carità, di servizio, di accoglienza che le nostre parrocchie mettono in campo è come meravigliarsi che le parrocchie facciano catechismo o celebrino i Sacramenti…
Tra l’altro, a differenza di quello che è stato scritto, la parrocchia non fa discriminazioni e aiuta tante persone, italiane e straniere, in diversi modi, con rispetto e senza far troppo rumore.

Ma perché aiutare gli zingari?
Già nel ’65 Paolo VI, oggi proclamato beato, diceva: “Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa”. E Benedetto XVI aggiungeva qualche anno fa: “Voi siete nella Chiesa! Siete un’amata porzione del Popolo di Dio pellegrinante e ci ricordate che non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura”.

Veniamo alla nostra famiglia
Proviene ultimamente dalla Toscana, è composta da una anziana invalida, due giovani e due bambine di 2 e 6 anni. Arrivati a Faenza nell’estate dell’anno scorso, hanno passato i primi mesi sulla strada. Poi sono stati accolti da un membro della Associazione Papa Giovanni XXIII in un pulmino che da metà ottobre è stato collocato nell’area parrocchiale, tra canonica e campo sportivo. Dopo alcuni mesi, con l’arrivo dell’inverno, si è passati dal pulmino a due roulottes.
Col passare dei mesi tra la famiglia Rom e diverse persone e famiglie della parrocchia si è sviluppato un legame fatto di conoscenza, fiducia reciproca, aiuto. Insieme abbiamo vissuto momenti belli come le cene del venerdì, diverse feste, vari tipi di servizio. Come in ogni convivenza non sono mancate tensioni, incomprensioni, necessità di chiarirsi e correggersi.

Oggi a che punto siamo?
Dal punto di vista scolastico, sono stati fatti bei progressi: la bambina più grande ha frequentato gli ultimi mesi di asilo a s.Umiltà, ha partecipato al Centro Estivo a s.Antonino ed ora è in Prima Elementare in via Tolosano. I genitori ogni settimana fanno un’ora di italiano con una volontaria.
Anche l’aspetto igienico è sicuramente migliorato con l’uso stabile del blocco bagni attiguo alle roulottes con due docce, un lavandino e una lavatrice.
Dal punto di vista dei documenti invece siamo fermi: pur essendo nati in Italia (tranne la signora più anziana che proviene dall’attuale Bosnia), i nostri amici non hanno avuto né cittadinanza, né permesso di soggiorno. La mancanza di documenti, dovuta ad un quadro giuridico assurdo e a lentezze burocratiche, preclude per il momento ogni possibilità di loro lavoro regolare e di sostentamento autonomo. Comunque in parrocchia svolgono alcuni servizi saltuari come taglio dell’erba del campo da calcio, tinteggiatura di pareti, pulizia…
E veniamo all’aspetto economico che a volte fa discutere. In questi mesi l’accoglienza è stata a costo 0 per le istituzioni. La parrocchia invece paga le utenze (luce e acqua) Da una valutazione sommaria, le spese potrebbero aggirarsi sui 1200-1300 euro l’anno. A fronte di queste la parrocchia ha ricevuto a oggi dalla Caritas diocesana 500 euro e da altre donazioni 270 euro. Il resto delle spese (acquisto roulottes, assicurazione e bollo, allacciamento luce, gas, vitto), è sostenuto da privati.

Ma siamo soli in questa esperienza?
Assolutamente no. C’è un contatto con la nostra Chiesa locale e col Vescovo che conosce la nostra famiglia e ci incoraggia. C’è un tavolo di persone che periodicamente si ritrovano per valutare la situazione, composto da parrocchiani, da un rappresentante della Caritas diocesana, da un membro della papa Giovanni XXIII, ci sono contatti con altre esperienze analoghe in giro per l’Italia e con la pastorale dei migranti italiana.

Cosa desideriamo e auspichiamo (e con noi la nostra famiglia Rom)?
La continuazione dei percorsi scolastici e sanitari, una veloce regolarizzazione dei documenti e un conseguente inserimento dei giovani nel lavoro, un ulteriore miglioramento della situazione abitativa.
Ma soprattutto desideriamo che questa esperienza sia vissuta come una bella opportunità che il Signore ci dà per crescere come parrocchia accogliente, come famiglia di figli di Dio dove nessuno si senta straniero, dove ci si chiama per nome e ci si guarda negli occhi. Non sappiamo dove ci porterà questo cammino assieme a questa famiglia. Certamente ci ha già dato tanto e forse ha reso più credibile tante belle parole che diciamo a Messa.

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