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Dal Vangelo di domenica 16 novembre PDF Stampa
14-11-2014
"Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque".
"Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". (Mt 25,20-21)


Perché i primi due hanno voluto far fruttare i beni del loro padrone? Egli aveva solo affidato loro i suoi beni e non aveva richiesto niente in particolare. I primi due servi agiscono dunque di loro iniziativa. Subito vanno a farli fruttare. Agiscono così come avrebbero agito con i propri averi. Non si accontentano di eseguire ordini. Più che servi si comportano da soci in affari come collaboratori stretti del padrone e sanno che la loro situazione migliorerà se migliorerà la situazione economica del padrone. Onesti, affidabili, intelligenti.
Il terzo servo al contrario è vicino alla norma perché il suo atteggiamento al contrario è motivato dalla paura del padrone. La paura è l'elemento chiave del suo comportamento.
Ma noi non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura ma uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abba Padre" (cfr Rm 8,15). Paolo e Matteo escludono dalla vita cristiana la paura e la mentalità da schiavo. Il servo rimproverato da Matteo è proprio quello che non fa nient'altro che il suo dovere. Questo servo può obiettare che non ha fatto niente di reprensibile: non ha rubato al suo padrone, non si è fatto derubare, non ha perso il bene che gli è stato affidato e lo restituisce intatto. Il padrone non di meno lo rimprovera perché non ha avuto spirito di iniziativa, non ha osato rischiare, ha rifiutato di lanciarsi nell'avventura. È rimasto troppo servo e nel regno dei cieli non c'è posto per il servilismo.


  • Qual è la nostra immagine del padrone: uno che ci invita a collaborare e cerca soci o un duro che incute timore?
  • Quali sono i miei talenti? Come farli fruttare?
  • La parabola elogia il senso di iniziativa e di intelligenza: come vivere questi valori?
  • Cosa ci impedisce di agire come i primi due servi? Cosa ci incute paura nella vita di fede? Quali paure ci bloccano?
  • Conosciamo persone come i primi due che hanno rischiato, condividendo i propri talenti nell'amore?


 
I talenti della parabola, sono la misura del nostro coraggio, della nostra disponibilità ad agire secondo l'amore. Mettono in luce la nostra capacità di dire:"Riconosco, Dio, quanto mi hai dato, riconosco le mie forze, investo i tuoi doni, investo i talenti perché voglio farli fruttare". Questo passaggio, questo atto di riconoscimento, è la risposta di chi crede nella vita, di chi ha fede... È la fede che permette al nostro cuore di guardare oltre l'ostacolo...
Anche chi ha un solo talento, può, se crede, farlo fruttare. Nel Dio che ce l'ha donato possiamo trovare la forza di farlo fruttare, di condividerlo, per andare oltre la nostra paura, oltre le nostre paure.
 

Colui che aveva ricevuto un solo talento, allontanandosi scavò una buca nel terreno
e vi nascose il denaro...

Ecco questo è il punto: l'isolamento accresce la paura... la relazione la fa diminuire e ci aiuta a rischiare... È sommando i nostri doni, le nostre potenzialità che possiamo vincere la paura, liberare il nostro amore, costruire segni vivi di speranza.
Giancarlo Maria Bregantini

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