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Testo dell'incontro di Fra' Mirko Montaguti PDF Stampa
14-11-2014
Percorso formativo: nella relazione il volto di Dio
(Caritas Diocesana, Pastorale Sociale, Pastorale Sanitaria, Pastorale Familiare, Apostolato Biblico)

Mercoledì 12 novembre 2014, ore 20,30 - Seminario Pio XII, Faenza

SERVIZIO COME MISSIONE
Una lettura orante di Gv 13,1-17

(a cura di Fra' Mirko Montaguti, biblista, Santuario del SS:Crocifisso, Longiano)

 
Preghiera corale
Signore, noi ti ringraziamo perché ci riunisci alla tua presenza
per ascoltare la tua Parola:
in essa tu ci riveli il tuo amore e ci fai conoscere la tua volontà.
Fa' tacere in noi ogni altra voce che non sia la tua
e perché non troviamo condanna nella tua Parola
letta ma non accolta, meditata ma non amata,
pregata ma non custodita, contemplata ma non realizzata,
manda il tuo Spirito santo ad aprire le nostre menti e a guarire i nostri cuori.
Solo così il nostro incontro con la tua Parola
sarà rinnovamento dell'alleanza e della comunione con te e con il Figlio e lo Spirito,
Dio benedetto in eterno nei secoli. Amen.
 
Dal Vangelo secondo Giovanni
1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. 6Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». 8Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». 9Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». 10Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». 11Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».
12Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? 13Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 16In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica.            

 
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Spiegazione della Parola di Dio


AMBIENTAZIONE
 

-         La Pasqua e la cena
"Prima della festa di Pasqua". Giovanni crea l'ambiente nel quale Gesù compie il gesto della lavanda dei piedi sottolineando in primo luogo la prossimità alla festa di Pasqua (in ebraico: Pesach = "passaggio"). Si celebra in questa festa una libertà ritrovata e rinnovata! Nella cena che si consumava alla sera prima (la giornata ebraica inizia al tramonto della sera precedente) si stava semisdraiati su cuscini di seta (un modo strano di mangiare per gli ebrei) come dei signori. Nella cena poi si condivideva il clima di festa e di gioia: il mangiare insieme richiama famigliarità e comunione. Gesù sta vivendo questo contesto di festa, di libertà ritrovata, di comunione e intimità con i suoi amici; e l'evangelista Giovanni dilata questo clima di intima condivisione (il racconto della cena occupa una grande parte del suo vangelo: i capp. 13-17).
Pasqua è la festa del Passaggio. Anticamente, quando la festa era nata come festa agricola e pastorale, il passaggio era quello del plenilunio di primavera (la transumanza: si portavano le greggi verso nuovi pascoli); poi la festa assume i tratti di un memoriale storico: il passaggio dell'angelo sterminatore davanti alle porte degli israeliti schiavi in Egitto e il passaggio del Mar Rosso; infine il passaggio richiama anche il passo saltellante della danza che celebra la liberazione dall'Egitto (Es 15). Insomma: si passa in mezzo alla morte (fatica, sudore, partenza, cambiamento: nella cena pasquale si consumano anche erbe amare) per trovare una vita maggiore (le erbe sono intinte in una salsa dolce)... così Gesù! Egli sa che è giunta la sua ora di "passare da questo mondo al Padre".


-         La Pasqua di Gesù
Giovanni, dunque, ambienta il fatto riferendolo alla Pasqua vicina. Tuttavia, nel quarto vangelo, la sera della cena non è la vigilia di Pasqua, ma il giorno precedente: Gesù muore infatti la vigilia di Pasqua, proprio mentre gli agnelli pasquali (che saranno consumati nella cena pasquale) vengono sgozzati nel tempio. Gesù sa che non avrà tempo sufficiente, che le sue ore sono contate e anticipa la celebrazione della cena: troppo importante era celebrare questa cena coi discepoli! Se anche non è la vera cena pasquale, in ogni caso Gesù ci tiene a collocare questa cena nel contesto della Pasqua!
Questa festa allora per Gesù e i suoi amici è segnata da un'ombra di morte: c'è stato bisogno di anticipare la festa per poter goderne con calma (perché la morte si profila all'orizzonte immediato); il diavolo, dice infatti il testo, ha già nel cuore il suo progetto di tradimento (il testo andrebbe letto così: "quando già il diavolo aveva messo nel proprio cuore che Giuda l'avrebbe tradito") e Gesù lo sa benissimo ("non tutti siete puri"). Dal canto suo, Giuda forse vive ancora il travaglio interiore della decisione: il diavolo entrerà definitivamente in lui col boccone che Gesù intingerà per lui in 13,27 (è il gesto del capofamiglia verso l'ospite di riguardo: un ultimo gesto d'amore di fronte il quale Giuda o avrebbe ceduto all'amore o si sarebbe chiuso del tutto).


-         L'ora di Gesù: la manifestazione di Dio come amore sino al télos
Tutta l'ambientazione ha il tono di qualcosa di importante e definitivo che deve avvenire; ciò che qui sarà detto è, così capisce il lettore del vangelo, di capitale importanza: sono le ultime cose, quelle decisive! E l'ombra che avanza fa capire a noi lettori che non si può più sprecare tempo, ma occorre raccogliere tutto ciò che Gesù dice e fa!
In effetti è "giunta l'ora di Gesù": l'ora della sua glorificazione piena! Dai tempi del primo miracolo di Cana ("non è ancora giunta la mia ora": 2,4), Gesù ha rivelato il volto di Dio in maniera progressiva. Ora lo fa pienamente! L'ora è quella della "gloria" e Gesù sente di aver raggiunto questa gloria nel momento in cui Giuda uscirà dalla stanza ("ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in lui": 13,31). Insomma, quando oramai il tradimento di Gesù è qualcosa di ineluttabile, si realizza la glorificazione di Gesù e di Dio. Nella mentalità semitica la gloria (kabod = peso) richiama al mostrarsi, al manifestarsi, al prendere peso dentro la storia. Quando la morte di Gesù viene ratificata definitivamente, lì avviene la piena manifestazione di Gesù e di Dio!
Dice il testo di Giovanni che la manifestazione di Dio (l'ora della glorificazione) si realizza nell'amore portato fino al télos. Due i significati di questo termine greco: "li amò sino alla fine" (alla fine della sua vita terrena, fino all'ultimo istante, senza alcun tipo di ripensamento) e "li amò sino al fine" (alla pienezza, al compimento: nella profondità più totale; di più non si poteva... e questo si realizza nel dono della vita). Il rimando di questa annotazione alla morte di Gesù è chiaro: Gesù sulla croce, prima di morire dirà "è compiuto" (tetéleisthai): 19,30. L'amore (il verbo "amare" è ripetuto due volte al v. 1) non poteva manifestarsi più di così! L'amare sino al télos si realizzerà nel dono della vita. E il gesto che Gesù sta per fare significa in anticipo quello che la sua morte sarà.


IL GESTO DI GESÙ


-         Con piena consapevolezza
Nel descrivere il gesto di Gesù, Giovanni insiste sul "sapere" di Gesù. Egli sa che è "giunta la sua ora"; sa che "il Padre gli aveva dato tutto nelle mani"; sa che "era venuto da Dio e a Dio ritornava". Perché tanta insistenza sulla consapevolezza di Gesù? Perché siamo al cuore della rivelazione e tutti gli elementi insistono sulla definitività di quanto qui è detto e significato.
Gesù sa che il Padre gli ha dato tutto nelle mani: questa nota insiste sul potere e sull'autorità data da Dio a Gesù. Quindi, il gesto che egli compirà non è solo un esempio o una parabola (come spesso invece noi intendiamo): è invece la rivelazione con cui Dio esercita la sua signoria, il suo potere! Concretamente: il potere che Gesù ha nelle mani è quello di salvare donando la vita (cfr. 10,18 in cui Gesù si presenta come il buon pastore: "ho il potere di dare la mia vita e di riprenderla di nuovo"). Gesù esercita questo potere iniziando con questo gesto che è salvifico ("il buon pastore dà la vita per le pecore").

-         Le vesti
Giovanni dice che Gesù "depone le vesti": non solo il mantello, ma le vesti! Questa annotazione va letta non soltanto sul piano storico, ma soprattutto su quello simbolico. Giovanni è solito ad una narrativa che permette l'integrazione di questi due livelli di comprensione: il fatto raccontato e il simbolo significato. Le vesti deposte richiamano al lettore il parallelo con quanto l'evangelista narrerà in 19,23-24, quando Gesù rimarrà nudo sulla croce (deposte le vesti). Anche nel gesto di lavare i piedi, Gesù è - sul piano simbolico - nudo, proprio come sulla croce, dove dona se stesso. È il pastore bello, che "depone la sua vita per le pecore"!
La sua nudità rivela Dio: è la nudità dell'amore! La sua veste diventa l'asciugamano che si cinge intorno alla vita: è la veste del servo! La gloria del Dio amore ha la veste di un servo! Quando al v. 12 riprenderà le vesti, Giovanni non dice che si toglierà l'asciugamano: questo rimarrà sempre la sua veste più intima. Il suo servizio, che gli fa deporre la vita e giungere alla croce, va oltre la stessa tomba! Quando riprenderà le vesti (la sua vita), terrà l'abito del servizio. Tutto questo per dire che il suo è amore che va oltre la morte; anzi, questo amore è l'identità stessa di Dio, che sempre continuerà a lavare i piedi, sia nel dare la sua vita, sia nel riprenderla di nuovo!

-         Lavare i piedi
Al centro della cena c'è il gesto della lavanda dei piedi che, invece, si faceva prima di mettersi a tavola. Questo gesto assume in Giovanni una posizione centrale e, di conseguenza, andrà certamente molto al di là del suo significato concreto per simboleggiare qualcosa di molto più profondo!
Lavare i piedi al padrone, era il gesto tipico degli schiavi che però non era bene che facesse uno schiavo ebreo... troppo umiliante! Un midrash così recita: "voi non dovrete mai chiedere al vostro schiavo di lavarvi i piedi, perché questo è un gesto di umiliazione estrema e non lo si dovrà mai chiedere a nessuno, neanche allo schiavo". Il tratto umiliante di questo gesto giustificherà la riluttanza di Pietro.



DUE PIANI SIMBOLICI SOVRAPPOSTI


-         La morte di Gesù come servizio supremo (vv. 6-11)
Gesù depone le vesti, come il pastore depone la vita. La lavanda dei piedi è in primo luogo, come abbiamo visto fin qui, immagine dell'ultimo servizio che Gesù renderà ai suoi: il dono della vita! Sulla croce Gesù si inchina in basso verso l'estremo di noi uomini, fino alla polvere della morte. Gesù svolge questo servizio perché i suoi possano "avere parte con lui", godere cioè dei frutti di questo gesto!
Sulla croce egli tocca i nostri piedi e li lava. I piedi sono immagine della nostra relazione con il mondo: con essi veniamo a contatto con la terra e ci sporchiamo. In Giovanni il mondo ha sempre due significati contrapposti: il mondo è il luogo dell'incarnazione, dove gli uomini vivono e operano e dove possono concretamente mettersi alla sequela di Cristo ("siete nel mondo"); ma il mondo è anche il dominio di Satana, l'insieme di quelle forze che si oppongono consapevolmente al progetto di Dio ("non siete del mondo"). Gesù tocca i discepoli nei piedi: nel punto di contatto con il mondo per lavarci dal potere di quest'ultimo. Gesù ci tocca nella nostra concretezza ed esperienza quotidiana, ma ci tocca anche nel punto in cui siamo più toccati dalle conseguenze pericolose del nostro vivere concreto.
Infatti i piedi sono anche il punto più vulnerabile (cfr. il mito greco del tallone di Achille), quella parte che spesso può ammalarsi. Occorre tener conto che ai tempi di Gesù spesso non si portavano calzature e nel camminare ci si faceva male ai piedi. Lo schiavo controllava le ferite e le frizionava con olio lavandole per guarirle e disinfettarle. Gesù allora ci tocca anche nel nostro punto più vulnerabile, più fragile e ferito. Il punto più vulnerabile per noi è la morte: la paura che la morte ci fa, la paura che la morte entri nelle nostre relazioni! Questa nostra ferita archetipa, Gesù vuole toccare e guarire!


-         L'umiltà nella comunità come servizio da imitare (vv. 12-17)
Dal v. 12, solennemente Gesù ripete a ritroso i suoi gesti e li spiega, fornendo così una seconda interpretazione simbolica del suo gesto. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli (e lo sottolinea bene: "io, il Signore e il maestro, ho lavato i vostri piedi"), quando invece, al limite, era un discepolo che poteva lavarli al rabbi, per dimostrargli dedizione totale. Anche la moglie di Giuseppe figlio di Giacobbe (nonostante egli non lo volesse) insistette nel lavare i piedi al marito per mostrargli piena dedizione e appartenenza (è narrato nel romanzo Giuseppe e Asenat del I secolo: "i tuoi piedi sono i miei piedi: nessun altro, perciò, potrà lavare i tuoi piedi, ma li potrò lavare soltanto io"). Lavare i piedi, capiamo allora, è un gesto di umiliazione, ma anche una prova di amore e dedizione totali. Ci viene in mente anche anche la donna di Lc 7 che lava i piedi di Gesù con le lacrime. È questo l'atteggiamento di Gesù nei confronti dei suoi amici; e questo diventa modello relazionale per la comunità dei discepoli (i quali invece di solito sono tutti presi dal definire delle graduatorie: cfr. Mc 10).
"Un servo non è più grande del suo padrone"! Non è che lavando i piedi si diventa piccoli... invece la vera grandezza consiste in questo preciso modo di amare! Un amore totale di dedizione e umiltà! Ogni grandezza in sé è vuota e instupidisce chi la cerca: la vera grandezza è quella del servizio! Questo atteggiamento è proposto come esemplare per gli amici di Gesù che sono invitati a vivere allo stesso modo!

 

COME VIVERE IL SERVIZIO: TRE PASSAGGI
 

-         Accogliere il servizio di Gesù
Pietro ha una reazione di rifiuto ("tu lavi i piedi a me?"). Pietro vuole il Signore diverso da quello che lui è: non vuole un Signore che si avvicina ai peccatori ("allontanati da me che sono un peccatore": Lc 5); neppure uno che si lascia prendere nelle mani degli uomini ("questo non ti accadrà mai": Mc 8). Il Signore invece si rivela diverso da quello che Pietro pensa. Lavare i piedi è il modo proprio in cui il Signore si rivela, mettendo in crisi la concezione che noi abbiamo di Dio! Questo, Pietro lo capirà solo "dopo" (dopo il proprio rinnegamento, il proprio sentirsi perdonato e la risurrezione di Gesù).
"Non mi laverai i piedi in eterno": Pietro non accetta un Signore che lo serva, che dia la vita per lui! Rifiuta di lasciarsi amare, rifiuta che il Maestro dia la vita per lui, che lo salvi! Mosso dalla sua autoreferenzialità preferisce dare la vita per il maestro (cosa che promette, ma che poi si accorgerà di non riuscire a fare), piuttosto che riceverla da lui! Il Signore, nel modo di pensare di Pietro, deve stare sopra tutti per dominare! Gesù risponde che accettare che lui ti lavi i piedi è ciò che ti fa godere della vita eterna ("aver parte con me": il riferimento è all'eredità di Israele, alla terra promessa). Accettare che lui mi lavi i piedi mi dona la capacità di amare come lui ci ha amati: di aver parte cioè alla sua vita di Figlio!
"Siete già puri"! Ora (visto che avete già fatto il bagno) è sufficiente che vi lavi i piedi... Che significa? Posso capire il gesto della lavanda dei piedi solo se sono già puro! Giuda non è puro e infatti non riesce a cogliere la grandezza di quel gesto che, se colto, avrebbe dovuto farlo recedere dalle sue intenzioni! 15,3: "voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato". È l'ascolto quotidiano e continuo della parola che mi rende puro ("chi porta frutto lo purifica/lo pota")... i miei piedi continueranno a sporcarsi e ferirsi (visto che cammino nel mondo), ma io resto puro se coltivo l'ascolto di Dio. Se sono in questo stato posso accogliere la grazie dell'amore totale di Gesù per me!
La morale cristiana non deriva da un comportamento nostro ma dall'esperienza personale del maestro e del Signore che si fa mio servo (cfr. il comandamento nuovo in 13,34).


-         Raccogliere l'invito al servizio
L'agire di Gesù è modello per noi cristiani! Lavarsi i piedi gli uni gli altri significa di più che semplicemente servirsi a vicenda. Come Gesù, ci viene chiesto di inchinarci, abbassandoci sui nostri fratelli, e toccarli lì dove sono più sporchi e più deboli e feriti: toccarli lì dove essi stessi non riescono ad accettarsi! Purificarli con il nostro amore! Chi sa di essere amato si sente puro e schietto, smettendo di dilaniarsi con i sensi di colpa. L'amore incondizionato lo libera dalla sua autosvalutazione e dal disprezzo di sé. Toccarci l'un l'altro le nostre ferite, con amore, ha il potere di guarire. Chi tocca le ferite purulente dell'altro si sporca le mani, ma perché le ferite possano guarire ci vuole uno che tocchi in modo amorevole e affettuoso, uno che unga con l'olio dell'amore.


-         Gesù fonda la comunità dei suoi discepoli
Con la lavanda dei piedi, Gesù consegna la regola fondamentale della vita comunitaria: una comunità si costituisce attorno al Signore sotto il principio unificante del servizio reciproco, così inteso. Nasce la Chiesa, la cui legge è l'amore!
Gesù invita i suoi discepoli ad un comportamento nuovo. Gesù desidera una comunità di amici che si rendono l'un l'altro il servizio della lavanda dei piedi: una comunità di fratelli che si amano e si accolgono incondizionatamente, affinchè ciascuno possa sentirsi limpido e schietto, rinfrescato come dopo un bagno completo, consapevole della sua bellezza, capace di emanare profumo fragrante! Le persone con cui abbiamo a che fare sono spesso sgradevoli e puzzolenti, perché ferite e sporcate dal mondo; la regola della comunità ci chiede di lavarci i piedi l'un l'altro per guarire le ferite con il balsamo dell'accoglienza e della comprensione!
Questa regola di vita comunitaria non è presentata come un diktat, ma come una beatitudine (v. 17). La promessa di gioia è ciò con cui si conclude l'interpretazione che Gesù dà al suo gesto. Occorre sapere queste cose, farne memoria, meditarle... Ma la vera beatitudine è pratica: superare se stessi nel perdono reciproco fa sperimentare la gioia vera!


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SUGGERIMENTI PER PREGARE...


  • Qual è il volto di Dio? "Chi sei tu?" Lo guardo mettendomi nei panni di uno che potenzialmente può tradirlo... come Giuda e come Pietro.

  • Qual è il mio volto di uomo/donna e discepolo? "Chi sono io?" Provo ad identificarmi con Pietro e dire "tu lavi i piedi a me???" E provo ad ascoltare le parole di Gesù "se non ti laverò, non avrai parte con me"...

  • Quale il mio desiderio di comunità (famiglia, lavoro, parrocchia, amici)? Come desidero starci dentro?



SUGGESTIONI PER RIFLETTERE ESISTENZIALMENTE SUL TESTO
 

  • Pasqua: passare in mezzo alla morte, per trovare una vita "in pienezza". Così è la glorificazione" di Gesù... Come vedo la dinamica del "passaggio" nella mia vita? E in relazione al mio servizio? Basti pensare all'uscita da se stessi, all'abbandono dei propri punti di vista, al dono del proprio tempo e delle energie migliori...

  • Non si comprende il gesto della lavanda dei piedi se non nel contesto di un amore "fino al télos" (1. Sino alla fine / 2. Sino al fine). Ripenso alla consapevolezza e all'autorità di Gesù. Qual è il vero potere? Ripenso alle mie motivazioni nel ripetere il gesto di Gesù...


  • Prospettive per ripensare al servizio mio e nella mia comunità alla luce di Gv 13,1-17:
→ La morte per Gesù è il suo servizio supremo; ed è anche l'abito che Gesù non toglie mai...
→ L'umiltà nella comunità come servizio da imitare...


  • Tre passaggi per vivere un vero servizio cristiano:
→ Accogliere il servizio di Gesù (quale cambio di prospettiva richiede?)
→ Raccogliere l'invito al servizio (in che cosa questo si realizza davvero?)
→ Una comunità si costruisce intorno al Signore sotto il principio unificante del servizio reciproco.



Appunti del relatore integrati dalla traccia consegnata nel corso della serataper facilitare l'ascolto e l'attualizzazione. 
A cura del Servizio Apostolato Biblico
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