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Natale in famiglia |
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23-12-2014 |
Dalla catechesi di Papa Francesco
Gesù
nacque
in
una
famiglia.
Lui
poteva
venire
spettacolarmente,
o
come
un
guerriero,
un
imperatore...
No,
no:
viene
come
un
figlio
di
famiglia,
in
una
famiglia.
Questo
è
importante:
guardare
nel
presepio
questa
scena
tanto
bella.
Dio
ha
scelto
di
nascere
in
una
famiglia
umana,
che
ha
formato
Lui
stesso.
L'ha
formata
in
uno
sperduto
villaggio
della
periferia
dell'Impero
Romano.
Non
a
Roma,
che
era
la
capitale
dell'Impero,
non
in
una
grande
città,
ma
in
una
periferia
quasi
invisibile,
anzi,
piuttosto
malfamata.
Lo
ricordano
anche
i
Vangeli,
quasi
come
un
modo
di
dire:
«Da
Nazaret
può
mai
venire
qualcosa
di
buono?»
(Gv
1,46).
Ebbene,
proprio
da
lì,
da
quella
periferia
del
grande
Impero,
è
iniziata
la
storia
più
santa
e
più
buona,
quella
di
Gesù
tra
gli
uomini!
E
lì
si
trovava
questa
famiglia.
Gesù
è rimasto in quella periferia per trent'anni. L'evangelista Luca
riassume questo periodo così: Gesù «era loro sottomesso [cioè a
Maria e Giuseppe]. E uno potrebbe dire: "Ma questo Dio che viene a
salvarci, ha perso trent'anni lì, in quella periferia malfamata?"
Ha perso trent'anni! Lui ha voluto questo. Il cammino di Gesù era
in quella famiglia. «La madre custodiva nel suo cuore tutte queste
cose, e Gesù cresceva in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio
e davanti agli uomini» (2,51-52). Non si parla di miracoli o
guarigioni, di predicazioni - non ne ha fatta nessuna in quel tempo -
di folle che accorrono; a Nazaret tutto sembra accadere
"normalmente", secondo le consuetudini di una pia e operosa
famiglia israelita: si lavorava, la mamma cucinava, faceva tutte le
cose della casa, stirava le camice... tutte le cose da mamma. Il
papà, falegname, lavorava, insegnava al figlio a lavorare.
Trent'anni. "Ma che spreco, Padre!". Le vie di Dio sono
misteriose. Ma ciò che era importante lì era la famiglia! E questo
non era uno spreco!
Saremmo
certamente inteneriti dal racconto di come Gesù adolescente
affrontava gli appuntamenti della comunità religiosa e i doveri
della vita sociale; nel conoscere come, da giovane operaio, lavorava
con Giuseppe; e poi il suo modo di partecipare all'ascolto delle
Scritture, alla preghiera dei salmi e in tante altre consuetudini
della vita quotidiana. I Vangeli, nella loro sobrietà, non
riferiscono nulla circa l'adolescenza di Gesù e lasciano questo
compito alla nostra affettuosa meditazione. L'arte, la letteratura,
la musica hanno percorso questa via dell'immaginazione. Di certo,
non ci è difficile immaginare quanto le mamme potrebbero apprendere
dalle premure di Maria per quel Figlio! E quanto i papà potrebbero
ricavare dall'esempio di Giuseppe, uomo giusto, che dedicò la sua
vita a sostenere e a difendere il bambino e la sposa - la sua
famiglia - nei passaggi difficili! Per non dire di quanto i ragazzi
potrebbero essere incoraggiati da Gesù adolescente a comprendere la
necessità e la bellezza di coltivare la loro vocazione più
profonda, e di sognare in grande! E Gesù ha coltivato in quei
trent'anni la sua vocazione per la quale il Padre lo ha inviato. E
Gesù mai, in quel tempo, si è scoraggiato, ma è cresciuto in
coraggio per andare avanti con la sua missione.
Ciascuna
famiglia cristiana - come fecero Maria e Giuseppe - può
anzitutto accogliere Gesù, ascoltarlo, parlare con Lui, custodirlo,
proteggerlo, crescere con Lui; e così migliorare il mondo. Facciamo
spazio nel nostro cuore e nelle nostre giornate al Signore. Così
fecero anche Maria e Giuseppe, e non fu facile: quante difficoltà
dovettero superare! Non era una famiglia finta, non era una famiglia
irreale. La famiglia di Nazaret ci impegna a riscoprire la vocazione
e la missione della famiglia, di ogni famiglia. E, come accadde in
quei trent'anni a Nazaret, così può accadere anche per noi: far
diventare normale l'amore e non l'odio, far diventare comune
l'aiuto vicendevole, non l'indifferenza o l'inimicizia.
E
questa è la grande missione della famiglia: fare posto a Gesù che
viene, accogliere Gesù nella famiglia, nella persona dei figli, del
marito, della moglie, dei nonni... Gesù è lì. Accoglierlo lì,
perché cresca spiritualmente in quella famiglia.
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