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Francesco e Annarita - Seconda domenica di Quaresima |
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01-03-2015 |
Il primo Giugno 1997, Gesù prese con sé Francesco e Annarita “e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli”.
Il nostro diventare sposi è stato un po’ così: noi due e Gesù, uniti dal sacramento, in un “monte alto”; la nostra felicità, il nostro essere uno, il coronamento del nostro sogno. Da lì il panorama è bellissimo: il nostro futuro come famiglia.
Gesù si trasfigura e con la sua luce trasfigura anche la nostra unione, la rende piena, la santifica. Lo sperimentiamo ogni volta che preghiamo insieme, che nella fatica ci affidiamo a Lui, che godiamo appieno della gioia del nostro essere sposi.
Ma… “È bello per noi stare qui”.
È forte la tentazione di restare su quel monte: io e te, la nostra famiglia, la nostra quotidianità… e il mondo lasciato fuori, insieme a tutto ciò che può disturbare, che ha idee diverse.
“Questi è il Figlio mio, l’amato, ascoltatelo!”
Proviamo ad ascoltare cosa ci dice Gesù: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Beati gli operatori di pace. Amate i vostri nemici. Lasciate che i bambini vengano a me. Ama il prossimo tuo come te stesso”.
No, non è possibile restare sul monte, chiudersi nella tenda; dopo averlo ascoltato non è più così bello restare da soli. E allora siamo usciti, o almeno ci proviamo; proviamo a testimoniare l’amore di Dio nei luoghi che frequentiamo quotidianamente, al lavoro, tra genitori all’uscita da scuola, tra le famiglie in parrocchia, ai più piccoli a catechismo.
Proviamo ad avere gli occhi e il cuore attenti a chi ha bisogno attorno a noi, a chi ha il cuore ferito. Proviamo a perdonare (che fatica…). Proviamo (e continuiamo a ripeterlo: proviamo) ad amare, memori della luce ricevuta da Cristo trasfigurato.
È vero, a volte bisogna passare attraverso croci, piccole e grandi: in cinque in famiglia (più le nostre rispettive famiglie d’origine) qualcuno più affaticato o “dolorante” è difficile che non ci sia. Allora si cerca di portare la croce insieme, affidandoci a Dio, consolandoci a vicenda, fasciandoci le ferite. E soprattutto ricordandoci l’un l’altro che Cristo ha vinto la morte con la sua resurrezione e la sua gloria (e anche qui la fatica del crederci ogni volta, c’è).
La cosa stupefacente è che lasciandoci guidare in questo modo, abbiamo avuto la fortuna di vivere tante altre trasfigurazioni, tanti momenti in cui Gesù si è rivelato a noi in tutto il suo luminoso amore: l’attesa e la nascita dei nostri tre figli, tante belle occasioni vissute insieme, esperienze di comunità, di amicizia, di solidarietà, di croci affrontate e superate insieme.
E poiché è risorto, non dobbiamo preoccuparci di “non raccontarlo ad alcuno…”.
Francesco e Annarita Babini
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