Cari fratelli e sorelle,
la Misericordia di Dio viene
riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita
della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato
l’anniversario della morte.
Di fronte alla tragedia di decine di
migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la
fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci
chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A
dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio,
pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi
va verso una meta sicura.
Pertanto, in prossimità del Giubileo
della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità
religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la
concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto
concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia.
Ogni
parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario
d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma.
Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché
nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che
Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi.
Papa Francesco
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