Dal Vangelo di domenica 17 aprile |
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16-04-2016 |
In
quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed
esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e
nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più
grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre
siamo una cosa sola». (Gv 10,27-30)
In
questi quattro versetti c'è tutto il messaggio di Gesù, c'è il nucleo centrale
del suo Vangelo: Lui ci chiama a partecipare alla sua relazione con il Padre, e
questa è la vita eterna.
Gesù
vuole stabilire con i suoi amici una relazione che sia il riflesso di quella
che Lui stesso ha con il Padre: una relazione di reciproca appartenenza nella
fiducia piena, nell'intima comunione. Per esprimere questa intesa profonda,
questo rapporto di amicizia Gesù usa l'immagine del pastore con le sue pecore:
lui le chiama ed esse riconoscono la sua voce, rispondono al suo richiamo e lo
seguono. E' bellissima questa parabola! Il mistero della voce è suggestivo:
pensiamo che fin dal grembo di nostra madre impariamo a riconoscere la sua voce
e quella del papà; dal tono di una voce percepiamo l'amore o il disprezzo,
l'affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla,
Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l'abisso della
morte.
Ma
Gesù a un certo punto disse, riferendosi alle sue pecore: «Il Padre mio, che me
le ha date...» (Gv 10,29). Questo è molto importante, è un mistero profondo, non
facile da comprendere: se io mi sento attratto da Gesù, se la sua voce riscalda
il mio cuore, è grazie a Dio Padre, che ha messo dentro di me il desiderio
dell'amore, della verità, della vita, della bellezza... e Gesù è tutto questo in
pienezza! Questo ci aiuta a comprendere il mistero della vocazione,
specialmente delle chiamate ad una speciale consacrazione.
(Papa
Francesco)
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