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Dal Vangelo di domenica 26 giugno |
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29-06-2016 |
Mentre stavano compiendosi i giorni
in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione
di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti
a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di
Samaritani per preparargli l'ingresso. Ma essi non vollero
riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore,
vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si
voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro
villaggio.
Mentre camminavano per la strada,
un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli
rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro
nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un
altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di
andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i
morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia il regno
di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia
che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose:
«Nessuno che mette mano all'aratro e poi si volge indietro, è
adatto per il regno di Dio». (Lc 9,51-62)
Vuoi che scenda un fuoco dal cielo e
li consumi? La reazione di Giacomo e Giovanni al rifiuto dei
Samaritani segue la logica comune: farla pagare, occhio per
occhio. Gesù si voltò, li rimproverò e si avviò verso un
altro villaggio. Nella concisione di queste parole si staglia la
grandezza di Gesù. Che difende chi non la pensa come lui, che
capovolge la logica della storia, quella che dice: i nemici si
combattono e si eliminano. Gesù invece intende eliminare il
concetto stesso di nemico. E si avviò verso un altro
villaggio. Il Signore inventore di strade: c'è sempre un nuovo
villaggio con altri malati da guarire, altri cuori da fasciare;
c'è sempre un'altra casa dove annunciare pace. Non ha bisogno
di mezzi forti o di segni prodigiosi, non cova risentimenti.
E il Vangelo diventa viaggio, via da
percorrere, spazio aperto. E invita il nostro cristianesimo a
diventare così, a continui passaggi, a esodi, a percorsi.
Come accade anche ai tre nuovi
discepoli che entrano in scena nella seconda parte del Vangelo. Ad
essi, che ci rappresentano tutti, dice: Le volpi hanno tane, gli
uccelli nidi, ma io non ho dove posare il capo. Eppure non era
esattamente così. Gesù aveva cento case di amici e amiche
felici di accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la
metafora delle volpi e degli uccelli Gesù traccia il ritratto
della sua esistenza minacciata dal potere religioso e politico,
sottoposta a rischio, senza sicurezza. Chi vuole vivere
tranquillo e in pace nel suo nido non potrà essere suo
discepolo.
Noi siamo abituati a sentire la fede come
conforto e sostegno, pane buono che nutre, e gioia. Ma questo
Vangelo ci mostra che la fede è anche altro: un progetto che non
assicura una esistenza tranquilla, ma offre la gioiosa fatica di
aprire strade nuove, il rischio di essere rifiutati e perfino
perseguitati. Perché si oppone e smonta il presente, quando le sue
logiche sanno di superficialità, di violenza, di inganno, per
seminarvi il futuro.
Lascia che i morti seppelliscano i
loro morti. Una frase durissima che non contesta gli affetti umani,
ma si chiarisce con ciò che segue: Tu va e annunzia il Regno di
Dio. Tu fa cose nuove. Se ti fermi all'esistente, al già visto, al
già pensato, non vivi in pienezza. Noi abbiamo bisogno di
freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva. Di gente che,
come chi ha posto mano all'aratro, non guardi indietro a sbagli,
incoerenze, fallimenti, ma avanti, ai grandi campi della vita,
che gli appartengono, a un Dio che viene dall'avvenire.
(padre
Ermes Ronchi)
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