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Beato Josef Mayr Nusser: "Non giuro a Hitler" |
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18-03-2017 |
A
Pepi piacciono le stelle, si incanta a fissare il cielo e da grande
vorrebbe fare l'astronomo: deve accontentarsi invece di un diploma
di scuola commerciale e adattarsi a fare il cassiere in un paio di
aziende di Bolzano.
Nato
nel 1910 in una famiglia di viticoltori, ha lo sport nel sangue, ama
il pattinaggio, legge con avidità libri impegnati, coltiva una
intensa vita spirituale. Gli piace Tommaso Moro, l'inflessibile
cancelliere che quattro secoli, pur di non perdere la sua fede, si
oppone al re d'Inghilterra, che lo fa decapitare. Travolgente e
vulcanico trascinatore di giovani, ne cura la formazione umana e
spirituale, dicendo che «dare testimonianza oggi è la nostra unica
arma efficace», perché sull'Europa si stanno addensando i cupi
nuvoloni del nazionalsocialismo e «intorno a noi c'è il buio della
miscredenza, dell'indifferenza, del disprezzo e forse della
persecuzione».
Naturale
che ad un giovane così si offra la presidenza della Gioventù
Cattolica Sudtirolese, che in quegli anni si sta organizzando,
sapendo di metterla in buone mani; altrettanto naturale che, così
facendo, si esponga troppo e finisca per essere attenzionato dalle
autorità, che si convincono di avere in lui un pericoloso formatore
di coscienze e un temutissimo testimone. Non sfuggono, ad esempio,
queste sue parole del 1936, quasi premonitrici della sua scelta
futura: «Oggi, più che in qualsiasi altro tempo, si esige
nell'Azione Cattolica un cattolicesimo vissuto. Oggi, si deve
mostrare alle masse che l'unico capo che solo ha diritto ad una
completa, illimitata autorità e ad essere il nostro "condottiero"
è Cristo».
Si
innamora, esattamente come gli altri, quando conosce Hildegard, che
lavora nella sua stessa ditta: c'è un'affinità evidente tra i
due e una gran condivisione di ideali. Le fa una corte spietata e
tenace fino a quando lei, che sta pensando seriamente di farsi suora,
gli dice di sì. Convinto che nel matrimonio ci sia spazio
sufficiente per testimoniare la propria fede e aspirare alla santità,
la sposa il 26 maggio 1942 e l'anno successivo sono rallegrati
dalla nascita di Albert.
Fidanzamento
e matrimonio non lo distolgono dalla sua multiforme attività sociale
e religiosa, anche in conseguenza della quale viene arruolato a forza
nelle divisioni dell'esercito nazista e condotto a Konitz per
l'addestramento. Insieme all'indottrinamento ed alle esercitazioni
militari che dovrebbero fare di lui una perfetta SS, lo preparano
anche al giuramento, insegnandogli la formula: «Giuro a Te, Adolf
Hitler, Führer e cancelliere del Reich, fedeltà e coraggio.
Prometto solennemente a Te e ai superiori designati da Te obbedienza
fino alla morte. E che Dio mi assista». Ed è qui che va in crisi la
fede di Pepi, al quale sembra blasfemo coinvolgere il Dio in cui
crede nel culto del capo innalzato a idolo.
«Ci
tocca oggi assistere a un culto del leader (Führer) che rasenta
l'idolatria», scriveva nel 1936; «non posso giurare a questo
Führer» dice a voce alta la mattina del 4 ottobre 1944, aggiungendo
di non sentirsi nazionalsocialista per motivi religiosi. Ai
commilitoni, che lo invitano a ritrattare, risponde senza enfasi, ma
con profonda convinzione, che «se nessuno avrà mai il coraggio di
dire no ad Hitler, il nazionalsocialismo non finirà mai». Una
scelta, la sua, maturata nei lunghi colloqui con il fratello don
Jakob e con la moglie, alla quale scrive: «Prega per me, affinché
nell'ora della prova io possa agire senza esitazioni secondo i
dettami di Dio e della mia coscienza (...) tu sei una donna
coraggiosa e nemmeno i sacrifici personali che forse ti saranno
chiesti potranno indurti a condannare tuo marito perché ha preferito
perdere la vita piuttosto che abbandonare la via del dovere».
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