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Dal Vangelo di domenica 23 aprile |
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23-04-2017 |
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e
c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in
mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo
dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e
non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e
mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati
quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Oggi è l'ottavo giorno dopo la Pasqua, e il Vangelo di Giovanni ci
documenta le due apparizioni di Gesù Risorto agli Apostoli riuniti nel
Cenacolo: quella della sera di Pasqua, assente Tommaso, e quella dopo
otto giorni, presente Tommaso. La prima volta, il Signore mostrò le
ferite del suo corpo ai discepoli, fece il segno di soffiare su di loro e
disse: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21). Trasmette ad essi la sua stessa missione, con la forza dello Spirito Santo.
Ma quella sera mancava Tommaso, il quale non volle credere alla
testimonianza degli altri. "Se non vedo e non tocco le sue piaghe -
disse -, io non credo". Otto giorni dopo - cioè
proprio come oggi - Gesù ritorna a presentarsi in mezzo ai suoi e si
rivolge subito a Tommaso, invitandolo a toccare le ferite delle sue mani
e del suo fianco. Viene incontro alla sua incredulità, perché,
attraverso i segni della passione, possa raggiungere la pienezza della
fede pasquale, cioè la fede nella risurrezione di Gesù.
Tommaso è uno che non si accontenta e cerca, intende verificare di
persona, compiere una propria esperienza personale. Dopo le iniziali
resistenze e inquietudini, alla fine arriva anche lui a credere, pur
avanzando con fatica, ma arriva alla fede. Gesù lo attende pazientemente
e si offre alle difficoltà e alle insicurezze dell'ultimo arrivato. Il
Signore proclama "beati" quelli che credono senza vedere - e
la prima di questi è Maria sua Madre -, però viene incontro anche
all'esigenza del discepolo incredulo: «Metti qui il tuo dito e guarda le
mie mani...». Al contatto salvifico con le piaghe del Risorto,
Tommaso manifesta le proprie ferite, le proprie piaghe, le proprie
lacerazioni, la propria umiliazione; nel segno dei chiodi trova la prova
decisiva che era amato, che era atteso, che era capito. Si trova di
fronte un Messia pieno di dolcezza, di misericordia, di tenerezza. Era
quello il Signore che cercava, lui, nelle profondità segrete del proprio
essere, perché aveva sempre saputo che era così. E quanti di noi
cerchiamo nel profondo del cuore di incontrare Gesù, così come è: dolce,
misericordioso, tenero! Perché noi sappiamo, nel profondo, che Lui è
così. Ritrovato il contatto personale con l'amabilità e la
misericordiosa pazienza del Cristo, Tommaso comprende il significato
profondo della sua Risurrezione e, intimamente trasformato, dichiara la
sua fede piena e totale in Lui esclamando: «Mio Signore e mio Dio!». Bella, bella espressione, questa di Tommaso!
Egli ha potuto "toccare" il Mistero pasquale
che manifesta pienamente l'amore salvifico di Dio, ricco di
misericordia. E come Tommaso anche tutti noi: in questa seconda Domenica
di
Pasqua siamo invitati a contemplare nelle piaghe del Risorto la Divina
Misericordia, che supera ogni umano limite e risplende sull'oscurità del
male e del peccato. Il Volto della Misericordia è Gesù Cristo. Teniamo
lo sguardo rivolto a
Lui, che sempre ci cerca, ci aspetta, ci perdona; tanto misericordioso,
non si spaventa delle nostre miserie. Nelle sue piaghe ci guarisce e
perdona tutti i nostri peccati. E la Vergine Madre ci aiuti ad essere
misericordiosi con gli altri come Gesù lo è con noi.
(papa Francesco)
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