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Dalla Prima Lettura di domenica 4 giugno |
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05-06-2017 |
Tutti
furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre
lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi
(Atti degli Apostoli)
Nel
giorno di Pentecoste lo Spirito discese dal cielo, in forma di
«lingue
come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno [...], e
tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in
altre lingue» (At
2,3-4). La
Parola di Dio così descrive l'azione dello Spirito, che prima si
posa su ciascuno
e poi mette tutti
in comunicazione. A ognuno dà un dono e tutti raduna in unità. In
altre parole, il medesimo Spirito crea la
diversità e l'unità
e in questo modo plasma un popolo nuovo, variegato e unito: la Chiesa
universale.
Dapprima, con fantasia e imprevedibilità, crea la diversità; in
ogni epoca fa infatti fiorire carismi nuovi e vari. Poi lo stesso
Spirito realizza l'unità: collega, raduna, ricompone l'armonia...
Cosicché ci sia l'unità vera, quella secondo Dio, che non è
uniformità, ma unità
nella differenza.
Per
fare questo è bene aiutarci a evitare due
tentazioni
ricorrenti. La prima è quella di cercare la
diversità senza l'unità.
Succede quando ci si vuole distinguere, quando si formano
schieramenti e partiti, quando ci si irrigidisce su posizioni
escludenti, quando ci si chiude nei propri particolarismi, magari
ritenendosi i migliori o quelli che hanno sempre ragione. Sono i
cosiddetti "custodi della verità". Allora si sceglie la parte,
non il tutto, l'appartenere a questo o a quello prima che alla
Chiesa; si diventa "tifosi" di parte anziché fratelli e sorelle
nello stesso Spirito; cristiani "di destra o di sinistra" prima
che di Gesù; custodi inflessibili del passato o avanguardisti del
futuro prima che figli umili e grati della Chiesa. Così c'è la
diversità senza l'unità. La tentazione opposta è invece quella
di cercare l'unità
senza la diversità.
In questo modo, però, l'unità diventa uniformità, obbligo di
fare tutto insieme e tutto uguale, di pensare tutti sempre allo
stesso modo. Così l'unità finisce per essere omologazione e non
c'è più libertà. Ma, dice San Paolo, «dove
c'è lo Spirito del Signore, c'è libertà»
(2
Cor
3,17).
La
nostra preghiera allo Spirito Santo è allora chiedere la grazia di
accogliere la sua
unità, uno sguardo che abbraccia e ama, al di là delle preferenze
personali, la sua Chiesa, la nostra Chiesa; di farci carico
dell'unità tra tutti, di azzerare le chiacchiere che seminano
zizzania e le invidie che avvelenano, perché essere uomini e donne
di Chiesa significa essere uomini e donne di comunione; è chiedere
anche un cuore che senta la Chiesa nostra madre e nostra casa: la
casa accogliente e aperta, dove si condivide la gioia pluriforme
dello Spirito Santo.
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