Da qualche anno al collo porto
una croce - UNA
GIOVANE E LA CHIESA
Non abbiate paura
e non stancatevi mai di ricercare
le risposte vere alle domande che
vi stanno di fronte.
GIOVANNI PAOLO II
Che cosa penso io della Chiesa
Cattolica? Questa forse è una delle domande più spinose che si
possono fare adesso a un ragazzo/a cattolico/a. Anche se si parte con
l'idea di difendere ciò che si sa di conoscere, si finisce sempre
per parlare di errori che la Chiesa ha commesso, di sbagli che molti
continuano a fare, e ci si trova a essere visti come quelli che
cercano di far passare la Chiesa come un popolo di santi. E questo,
si può capire, è insostenibile. Però anche cedere davanti a
critiche guerrafondaie e talvolta un po'cieche lascia l'amaro in
bocca, perché quando mi trovo in queste discussioni mi sento di
dover difendere quella che in fondo è anche la mia Chiesa.
La Chiesa a cui penso di primo
impatto è molto diversa da quella che a volte viene descritta. La
Chiesa che vedo io e che vivo non si limita all'istituzione che ha
in possesso metà degli immobili della capitale, e non è neanche la
Chiesa che impone dei grandi no senza permettere diritti naturali.
Non c'è più la Chiesa dell'oscurantismo e dei privilegi
ecclesiastici, o perlomeno io non l'ho ancora incontrata di
persona. So benissimo che suoneranno ovvie queste parole ma la realtà
è che ragazzi che vanno oltre questa prima vecchia immagine oggi
sono pochi e quelli che hanno voglia di impiegarsi in questa comunità
sono ancora meno. Ma guardando la realtà dei fatti, perché urge ora
dichiarare guerra alla Chiesa cattolica quando il panorama a livello
globale è così incerto e avanzano sempre di più nuove ideologie su
temi piuttosto nuovi e complessi? ...
Uno dei compiti fondamentali della
Chiesa è mantenere aperto un dialogo con il mondo, un dialogo in cui
entrambe le parti danno e ricevono. Tuttavia formulare una dottrina
sociale valida per tutti i popoli non è affatto facile. Ci sono
notevoli differenze tra regioni e ancora di più tra continenti. Se
in alcune zone le persone soffrono la fame, in altre si sentono
infelici in contesti di avidità e abbondanza. Uno degli errori che
capitano più spesso è quello di identificare la Chiesa con un'unica
visione della realtà e di certe tematiche. Oltre alle situazioni e
alle culture dei popoli la Chiesa è variegata anche nelle opinioni
su diversi temi. Fino ad ora ho rappresentato l'unità della Chiesa
come comunità, ma è proprio il fatto di essere formata da persone
che la pone sempre davanti a dibattiti tra le opinioni diverse dei
suoi membri. Questo aspetto è evidente sia nella Storia della
Chiesa, sia nelle differenti impostazioni dei vari pontefici che si
sono susseguiti, sia nelle opinioni dei singoli membri laici ed
ecclesiastici. È una comunità articolata e viva in cui ognuno cerca
le proprie risposte e la propria vocazione cercando sempre di
valorizzare la dimensione umana in tutti i suoi aspetti.
La missione della Chiesa non è di
ordine politico, economico o sociale ma di ordine religioso. Il
compito di costruire una società giusta la Chiesa lo lascia allo
stato, tuttavia dal punto di vista sociale si fa protettrice di un
bene comune che si articola in tre elementi essenziali: il rispetto
della persona, il benessere sociale e la pace. La Chiesa approva
qualsiasi regime politico in grado di "concorrere
al bene legittimo delle comunità che li adotta"
(Cat.
Della Chiesa Cattolica).
Proprio in conseguenza di questo
ruolo la critica decisa e forte di cristiani e della Chiesa stessa
nella dimensione sociale, economica e politica ha spesso contribuito
alla difesa di diritti umani e di un bene comune, in questo la Chiesa
si permette di uscire dalla sua dimensione prettamente religiosa. La
Chiesa si interessa della convivenza sociale perché spesso questa
determina la qualità della vita e perciò le condizioni in cui
ognuno comprende sé stesso e decide di sé e della propria vita.
Credo che principi come il bene comune siano appunto comuni, cioè
pienamente condivisibili da qualsiasi religione, idea o forma
politica che un individuo può sostenere. Credo anche che questa
partecipazione della Chiesa alla vita sociale difenda e accresca
ancora di più la libertà di ogni individuo, credente o meno.
"E' compito della Chiesa
annunziare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine
sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà
umana, in quanto lo esigano i diritti fondamentali della persona
umana." (Codice
di Diritto canonico 747).
A questo proposito mi viene in mente
la Rosa Bianca. Questo è il nome di un gruppo di studenti cristiani
che durante gli anni 1942-1943 della seconda guerra mondiale si
opposero in modo non violento al regime della Germania nazista. I
loro valori e le loro idee che diffondevano attraverso volantini "di
contrabbando" per le strade erano portatori di un bene comune.
Parlavano di uguaglianza e combattevano contro l'ideologia della
razza, parlavano di nazioni unite in un clima di pace e di rispetto
tra i popoli. Penso al grande coraggio che li ha portati a sostenere
questi valori di rispetto, giustizia e pace anche davanti ad una
condanna a morte. Quegli studenti erano cristiani e anche se potevano
essere idee di qualunque studente di qualsiasi religione, la fede li
ha uniti e gli ha dato forza. Anche questi sono compiti della Chiesa:
unire, testimoniare e portare del bene.
CI sono moltissimi altri esempi di
una Chiesa missionaria e operatrice di pace. Basti pensare a tutti i
missionari ora in tutto il mondo, basti nominare don Ciotti
(presbitero italiano fondatore del gruppo Abele
contro le tossicodipendenze e dell'associazione Libera
contro la mafia), Padre Pino Puglisi (molto attivo soprattutto tra i
giovani nel quartiere di Brancaccio (PA) e ucciso dalla mafia), don
Milani (scrittore, educatore e insegnante italiano, e difensore
dell'obiezione di coscienza) o Madre Teresa (missionaria
instancabile tra le vittime della povertà di Calcutta e fondatrice
della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità)
La Chiesa che ho vissuto è una
comunità che aggrega e spinge le persone a una esistenza piena e non
indifferente, invita a essere protagonisti della propria vita e a
ricercare le proprie risposte e vocazioni.
Uno dei momenti più intensi e pieni
della mia vita con la Chiesa l'ho vissuto questa estate alla
Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi a Krakovia in Polonia.
Eravamo 3.000.000 di ragazzi provenienti da continenti, Paesi,
lingue, culture, popoli differenti e non scorderò mai le parole
pronunciate dal vescovo di Tarnow (diocesi in cui ho alloggiato per
una settimana) in uno dei primi incontri: "E'
qui riuniti che possiamo finalmente dirci a casa."
Per me queste parole possono
testimoniare l'apertura che la Chiesa sta mostrando e vivendo. Come
potrebbe una chiesa chiusa avere una casa così cosmopolita? La
Chiesa che vivo io parte da lì: parte dal coraggio di quei giovani
di andare di questi tempi in un paese straniero per incontrare una
comunità a cui hanno scelto di appartenere, parte dalla profonda
gioia che scaturiva nel vedere che si era parte di qualcosa di così
grande e così vivo, parte dalle testimonianze di ragazzi della mia
età venuti da paesi in guerra, parte dalla forza che sentivo anche
dopo essere tornata a casa che mi ha spinto a crescere ancora.
"Volete lottare per il vostro
futuro? (...) Cari giovani, non siamo venuti al mondo per "vegetare",
per passarcela comodamente, per fare della vita un divano che ci
addormenti; al contrario, siamo venuti per un'altra cosa, siamo
venuti per lasciare un'impronta".
Papa
Francesco, Veglia GMG
Ho
cercato di rendere nella maniera più sintetica e con più franchezza
possibile quello che vivo io nella mia esperienza per fare vedere che
esisto e so per certo che ci sono altri ragazzi che la pensano come
me.
Da qualche anno al collo porto
una croce; è un crocifisso con quattro fori che formano un fiore e
per me quei fori sono estremamente importanti. Simboleggiano la
capacità che la mia fede mi dà di vedere oltre le cose, attraverso
quelle fessure posso guardare il mondo in un altro modo, a volte è
un modo un po' scomodo perché è così: essere cristiani è anche
fatica, ma molte volte attraverso quella croce vedo più speranza e
meno indifferenza, mi dà coraggio e meno solitudine.
Francesca Barnabè
|