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Mai più schiave - in memoria di 26 donne nigeriane PDF Stampa
23-11-2017
Suor Eugenia Bonetti Missionaria della Consolata e presidente dell'Associazione Slaves no more-Mai più schiave (Lettera ad Avvenire)

Venerdì 17 novembre 2017 sono stati celebrati a Salerno i funerali delle 26 giovani donne nigeriane che hanno perso la vita in mare nel tentativo di raggiungere l'Italia. Autorità civili e religiose, nonché persone di tutti i ceti, hanno voluto rendere omaggio a queste giovani donne partite dalla Nigeria con tanta speranza in cuore e in cerca di un futuro migliore in Europa per loro e le loro famiglie. Purtroppo, però, dopo la faticosa e pericolosa traversata del deserto del Sahara su mezzi di trasporto stipati all'inverosimile, la forzata sosta nei 'campi di concentramento' in Libia, durante la traversata del mare sperando di raggiungere 'la terra promessa' hanno trovato la morte. Inghiottite dalle onde, e recuperate da una nave spagnola che a Salerno ha consegnato alle autorità Italiane un carico prezioso di giovani vite umane spezzate dalla violenza delle acque, ma forse più ancora dalla nostra indifferenza. Due di queste giovani donne morte portavano in grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole. Tutte queste vite affidiamo alla misericordia del Padre comune di tutti, ma soprattutto Padre dei poveri, dei disperati e umiliati.
Ancora una volta mi ritorna alla mente la riflessione o meglio il grido che l'8 luglio 2013 papa Francesco levò da Lampedusa, meta del suo primo viaggio apostolico: «Chi ha pianto»? Ancora oggi, dopo moltissimi altri naufragi in cui hanno perso la vita migliaia di tanti altri disperati, mi viene da gridare «Chi ha pianto?» di fronte a quelle 26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca. Solo cinque di loro sono state identificate, e però tutte, anche senza un nome, sono nostre figlie e sorelle.
Ma fino a quando, Signore, dovremo vedere ancora sui nostri schermi televisivi queste tragedie e rimanere indifferenti? Fino a quando i trafficanti continueranno a ingannare queste giovani, provenienti da famiglie povere, dai villaggi più isolati, molte pure analfabete e quindi facilmente ingannate e soggiogate dai riti voodoo?
Fino a quando, Signore, trafficanti e mamans continueranno indisturbati e impuniti a fare ingenti guadagni distruggendo la vita di tante loro connazionali? Fino a quando, Signore, la nostra società del consumo, del benessere e del piacere tollererà la tratta di esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione? Fino a quando questi corpi di giovani donne dalla pelle nera saranno commerciati, offerti a chi cerca giovani donne da usare, consumare e ributtare sulla strada, nuovamente in vendita?
Fino a quando, Signore, i 9 milioni di 'clienti' in Italia, al 90% cristiani, continueranno impuniti a sostenere questo mercato di vite umane?
Questa ennesima tragedia del mare dovrebbe metterci tutti in discussione, perché ne siamo tutti responsabili e colpevoli, bisognosi di misericordia ma anche di una nuova e forte presa di coscienza per dire basta alla tratta di esseri umani. Purtroppo, invece, ci stiamo abituando, perché queste tristi notizie passano sui nostri scherni televisivi e si mescolano con le informazioni, date subito prima o subito dopo, sulla corruzione e le beghe, a volte assai arroganti e volgari, dei nostri politici in un'eterna campagna elettorale. Che squallore le proposte e le promesse per guadagnare voti e la rinuncia a proporre una solida 'etica pubblica', basata sulla dignità e sul rispetto di ogni persona, e sul dialogo con quella gran parte di cittadini che nelle stanze decisionali vogliono veder rappresentato e promosso un vero 'bene comune'.
So che il mio pensiero è condiviso da tante altre persone, soprattutto donne con le quali condividiamo lo stesso servizio a difesa e protezione della donna, specialmente la più indifesa e sfruttata. Ognuna di noi ricorda e non vuole che si dimentichi la storia della piccola Favour, che viaggiava con i genitori, purtroppo deceduti anche loro in mare in un precedente naufragio il 26 maggio 2016. Sopravvissuta, anche lei come Mosè salvata dalle acque, può diventare il simbolo e lo stimolo per una nuova e forte presa di coscienza di quanti continuano a lottare contro tutte le forme di schiavitù e sfruttamento. Nata libera deve restarlo. Questo il mio e nostro desiderio per una famiglia umana senza più schiavi e schiavisti, fatta finalmente di fratelli e sorelle.

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