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A proposito di biotestamento PDF Stampa
16-12-2017
Il morire è il luogo nel quale l'essere umano è a contatto con i limiti della propria esistenza: sperimenta la fragilità e il bisogno di affidarsi all'altro, compreso quell'Altro per eccellenza che è il Signore stesso. Questa situazione richiede prossimità di cura e di affetti; fa emergere l'importanza delle cure palliative con cui migliorare la qualità di vita dei pazienti inguaribili, rendendo più "sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia" e assicurando "al paziente un adeguato accompagnamento umano" (Evangelium vitae 65). Nel contempo, porta a rifiutare terapie sproporzionate rispetto alle condizioni del paziente e alle sue prospettive di miglioramento. Con questo non si tratta certo di rinunciare a quei gesti essenziali come sono il nutrire, l'idratare, il curare l'igiene della persona. Come Cei ci sta a cuore anche che venga riconosciuta - oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico - quella che riguarda le nostre strutture sanitarie.
Card Gualtiero Bassetti, presidente Conferenza Episcopale Italiana


Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, non ha mai citato la norma approvata in Senato nel suo intervento su "Il valore di offrire Cure Palliative nella società di oggi" ma ha sostenuto l'ammissibilità «dell'astensione dalle terapie, quando queste non siano più adeguate da un punto di vista dell'indicazione medica», ma ha sottolineato che «ciò però non deve essere confuso con forme di eutanasia omissiva».
E ha ribadito con forza che «soprattutto, anche qualora le terapie attive si rivelassero oramai inefficaci o sproporzionate, si dovrà comunque sempre continuare a prendersi cura del malato, attraverso l'adeguata palliazione dei sintomi e l'attenzione alla sua persona e a i suoi bisogni attraverso la cura della nutrizione, dell'idratazione e dell'igiene». Insomma, il malato «deve restare vivo fino alla morte, e non morire socialmente prima che biologicamente». E «di fronte alle derive eutanasiche di oggi», la Chiesa «spinge a continuare ad aiutare il malato nel momento in cui la morte si approssima. Insomma, una cosa è aiutare a morire e altra cosa farlo morire. La vera dignità è quella che prova la persona fragile, malata, quando viene curata con delicatezza, tatto e accompagnata con affetto e generosa attenzione».
Rivolto ai medici partecipanti all'incontro Paglia ha detto: «Voi palliativisti, siete i Buoni Samaritani che si chinano sull`altro nel momento più difficile della vita e quando la fragilità della condizione umana è più pronunciata». È necessaria una scienza medica che "non fallisca nel prendersi cura del malato" dunque attenta "alla dimensione esistenziale che si manifesta nel bisogno di relazioni umane concrete, di accompagnamento, di significato della vita, di senso della sofferenza e della stessa morte che si avvicina".
Mons. Vincenzo Paglia, presidente Pontificia accademia per la Vita

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