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L'attività che santifica |
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18-04-2018 |
25.
Poiché non si può capire Cristo senza il Regno che Egli è venuto a
portare, la tua stessa missione è inseparabile dalla costruzione del
Regno: «Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia»
(Mt
6,33). La tua identificazione
con Cristo e i suoi desideri implica l'impegno a costruire, con
Lui, questo Regno di amore, di giustizia e di pace per tutti. Cristo
stesso vuole viverlo con te, in tutti gli sforzi e le rinunce
necessari, e anche nelle gioie e nella fecondità che ti potrà
offrire. Pertanto non ti santificherai senza consegnarti corpo e
anima per dare il meglio di te in tale impegno.
26.
Non è sano amare il silenzio ed evitare l'incontro con l'altro,
desiderare il riposo e respingere l'attività, ricercare la
preghiera e sottovalutare il servizio. Tutto può essere accettato e
integrato come parte della propria esistenza in questo mondo, ed
entra a far parte del cammino di santificazione. Siamo chiamati a
vivere la contemplazione anche in mezzo all'azione, e ci
santifichiamo nell'esercizio responsabile e generoso della nostra
missione.
27.
Forse che lo Spirito Santo può inviarci a compiere una missione e
nello stesso tempo chiederci di fuggire da essa, o che evitiamo di
donarci totalmente per preservare la pace interiore? Tuttavia, a
volte abbiamo la tentazione di relegare la dedizione pastorale e
l'impegno nel mondo a un posto secondario, come se fossero
"distrazioni" nel cammino della santificazione e della pace
interiore. Si dimentica che «non è che la vita abbia una missione,
ma che è missione».
28.
Un impegno mosso dall'ansietà, dall'orgoglio, dalla necessità
di apparire e di dominare, certamente non sarà santificante. La
sfida è vivere la propria donazione in maniera tale che gli sforzi
abbiano un senso evangelico e ci identifichino sempre più con Gesù
Cristo.
29.
Questo non implica disprezzare i momenti di quiete, solitudine e
silenzio davanti a Dio. Al contrario. Perché le continue novità
degli strumenti tecnologici, l'attrattiva dei viaggi, le
innumerevoli offerte di consumo, a volte non lasciano spazi vuoti in
cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole, di piaceri
epidermici e di rumori ad una velocità sempre crescente. Lì non
regna la gioia ma l'insoddisfazione di chi non sa per che cosa
vive. Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare
questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte
doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con
Dio? In qualche momento dovremo guardare in faccia la verità di noi
stessi, per lasciarla invadere dal Signore, e non sempre si ottiene
questo se uno «non viene a trovarsi sull'orlo dell'abisso, della
tentazione più grave, sulla scogliera dell'abbandono, sulla cima
solitaria dove si ha l'impressione di rimanere totalmente soli».
In questo modo troviamo le grandi motivazioni che ci spingono a
vivere fino in fondo i nostri compiti.
30.
Gli stessi strumenti di svago che invadono la vita attuale ci portano
anche ad assolutizzare il tempo libero, nel quale possiamo utilizzare
senza limiti quei dispositivi che ci offrono divertimento e piaceri
effimeri. Come conseguenza, è la propria missione che ne risente, è
l'impegno che si indebolisce, è il servizio generoso e disponibile
che inizia a ridursi. Questo snatura l'esperienza spirituale. Può
essere sano un fervore spirituale che conviva con l'accidia
nell'azione evangelizzatrice o nel servizio agli altri?
31.
Ci occorre uno spirito di santità che impregni tanto la solitudine
quanto il servizio, tanto l'intimità quanto l'impegno
evangelizzatore, così che ogni istante sia espressione di amore
donato sotto lo sguardo del Signore. In questo modo, tutti i momenti
saranno scalini nella nostra via di santificazione.
(papa Francesco, Gaudete et exultate)
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