«Bene
ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo
popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di
uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la
tradizione degli uomini».
«Ascoltatemi
tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che,
entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono
dall'uomo a renderlo impuro».
(Mc 7)
Il
Vangelo di questa domenica presenta una disputa tra Gesù e alcuni
farisei e scribi. La discussione riguarda il valore della «tradizione
degli antichi» che Gesù, rifacendosi al profeta Isaia, definisce
«precetti di uomini e che non deve mai prendere il posto del
«comandamento di Dio». Le antiche prescrizioni in questione
comprendevano non solo i precetti di Dio rivelati a Mosè, ma una
serie di dettami che specificavano le indicazioni della legge
mosaica. Gli interlocutori applicavano tali norme in modo assai
scrupoloso e le presentavano come espressione di autentica
religiosità. Pertanto, rimproverano a Gesù e ai suoi discepoli la
trasgressione di esse, in particolare di quelle riferite alla
purificazione esteriore del corpo. La risposta di Gesù ha la forza
di un pronunciamento profetico: «Trascurando il comandamento di Dio
- dice - voi osservate la tradizione degli uomini». Sono parole
che ci riempiono di ammirazione per il nostro Maestro: sentiamo che
in Lui c'è la verità e che la sua sapienza ci libera dai
pregiudizi.
Ma
attenzione! Con queste parole, Gesù vuole mettere in guardia anche
noi, oggi, dal ritenere che l'osservanza esteriore della legge sia
sufficiente per essere dei buoni cristiani. Come allora per i
farisei, esiste anche per noi il pericolo di considerarci a posto o,
peggio, migliori degli altri per il solo fatto di osservare delle
regole, delle usanze, anche se non amiamo il prossimo, siamo duri di
cuore, siamo superbi, orgogliosi. L'osservanza letterale dei
precetti è qualcosa di sterile se non cambia il cuore e non si
traduce in atteggiamenti concreti: aprirsi all'incontro con Dio e
alla sua Parola nella preghiera, ricercare la giustizia e la pace,
soccorrere i poveri, i deboli, gli oppressi. Tutti sappiamo, nelle
nostre comunità, nelle nostre parrocchie, nei nostri quartieri,
quanto male fanno alla Chiesa e danno scandalo quelle persone che si
dicono molto cattoliche e vanno spesso in chiesa ma dopo, nella loro
vita quotidiana, trascurano la famiglia, parlano male degli altri e
così via. Questo è quello che Gesù condanna, perché questa è una
contro-testimonianza cristiana.
Proseguendo
nella sua esortazione, Gesù focalizza l'attenzione su un aspetto
più profondo e afferma: «Non c'è nulla fuori dell'uomo che,
entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono
dall'uomo a renderlo impuro». In questo modo sottolinea il primato
dell'interiorità, cioè il primato del "cuore": non sono le
cose esteriori che ci fanno santi o non santi, ma è il cuore che
esprime le nostre intenzioni, le nostre scelte e il desiderio di fare
tutto per amore di Dio. Gli atteggiamenti esteriori sono la
conseguenza di quanto abbiamo deciso nel cuore, ma non il contrario:
con l'atteggiamento esteriore, se il cuore non cambia, non siamo
veri cristiani. La frontiera tra bene e male non passa fuori di noi
ma piuttosto dentro di noi. Possiamo domandarci: dov'è il mio
cuore? Gesù diceva: "Dov'è il tuo tesoro, là è il tuo cuore".
Qual è il mio tesoro? E' Gesù, è la sua dottrina? Allora il
cuore è buono. O il tesoro è un'altra cosa? Pertanto, è il cuore
che dev'essere purificato e convertirsi. Senza un cuore purificato,
non si possono avere mani veramente pulite e labbra che pronunciano
parole sincere di amore - tutto è doppio, una doppia vita -, labbra
che pronunciano parole di misericordia, di perdono. Questo lo può
fare solo il cuore sincero e purificato.
Chiediamo
al Signore, per intercessione della Vergine Santa, di donarci un
cuore puro, libero da ogni ipocrisia.
(Papa
Francesco, Angelus)
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