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Chiusure domenicali PDF Stampa
12-09-2018
Chiusure domenicali. No alla deregulation. E sia dato spazio alla contrattazione

Annamaria Furlan - Segretaria Generale Cisl - Lettera ad Avvenire, 11 settembre 2018
Caro Direttore, è importante e positivo che finalmente il Governo, ed alcune forze politiche, abbiano compreso il senso della battaglia del sindacato, e della Cisl in particolare, contro la ' deregulation' nelle aperture dei negozi e dei centri commerciali la domenica o nelle giornate di festa. Si può trovare una soluzione alternativa e condivisa da tutti (una di queste può essere la turnazione proposta dal Governo) alla liberalizzazione selvaggia che non ha sortito l'effetto sperato, né sugli incrementi di fatturato delle imprese, né sull'aumento dei posti di lavoro.

La strada migliore per noi è quella di riaffidare questa competenza alla contrattazione territoriale tra comuni, aziende e sindacati in modo da garantire la giusta flessibilità negli orari, turnazioni regolari, una maggiore retribuzione per i lavoratori e, soprattutto, la volontarietà della prestazione domenicale e festiva, distinguendo anche tra zone turistiche e luoghi fuori dal contesto urbano. Ecco perché sarebbe importante che il Ministro Di Maio avviasse subito un tavolo di confronto con i sindacati di categoria maggiormente rappresentativi per valutare una soluzione condivisa, in raccordo con le amministrazioni locali. In molte realtà aziendali il lavoro domenicale si svolge già da tempo con accordi sindacali che tutelano i diritti fondamentali come il rispetto della maternità, la cura dei figli, la volontarietà di una prestazione che deve essere giustamente sempre retribuita in maniera dignitosa. Ma questo non avviene in tutte le aziende.

La Cisl ha sempre dimostrato in tante circostanze di essere un sindacato pragmatico, riformista, aperto alle trasformazioni del mondo del lavoro e, soprattutto, capace di assumersi le proprie responsabilità in tanti accordi nazionali, aziendali e locali, in una logica partecipativa e non conflittuale. Non è una battaglia ideologica o di retroguardia quella che la nostra organizzazione, insieme alle nostre categorie del commercio, combatte da alcuni anni contro l'apertura nel giorno di Natale o di Pasqua. Non siamo improvvisamente diventati conservatori, né tantomeno vogliamo fermare il tempo. Ma come più volte ha ammonito giustamente Papa Francesco qui è in gioco il rispetto per la dignità della persona che la Cisl ha sempre posto al centro della sua azione sindacale. Un rispetto che passa anche attraverso la costruzione di un modello di società in cui la libertà dello shopping (che nessuno vuole mettere in discussione) non passi per una mortificazione del valore del lavoro o del ruolo fondamentale della famiglia.

È quello che cerchiamo di conciliare in tanti accordi sindacali di categoria, anche nel settore del commercio. Garantire ai cittadini i servizi pubblici essenziali anche nelle giornate di festa non ha lo stesso valore di consentire di trascorrere, quasi fosse un 'diritto', tutte le domeniche, o anche il giorno di Natale o di Santo Stefano all'interno di un centro commerciale. Pensiamo che si possa fare a meno di una giornata di shopping anche come segno di rispetto per gli altri, senza per questo danneggiare l'economia o il turismo. Tra l'altro queste stesse multinazionali che vogliono tenere aperti in Italia i loro centri commerciali, ripeto anche nei giorni di festa, non si sognano di farlo in Francia o in Germania. Se vogliamo aumentare i consumi bisognerebbe far crescere i salari e le pensioni, abbassare le tasse per le imprese che investono in formazione, innovazione e ricerca, offrire ai giovani le condizioni per un lavoro stabile e non precario. Il nostro sistema economico ha bisogno dei dovuti investimenti pubblici, più infrastrutture moderne, servizi, una pubblica amministrazione più efficiente e senza il virus della corruzione. Questa è l'alleanza che noi dobbiamo fare con il mondo delle imprese, piccole e grandi. Senza dividerci ideologicamente anche sul giusto rapporto ed equilibrio che ci deve essere tra uomo e lavoro.
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