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Dal Vangelo di Domenica 2 Febbraio PDF Stampa
30-01-2020
Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele (Lc 2,29-32)

La Liturgia oggi mostra Gesù che va incontro al suo popolo. È la festa dell’incontro: la novità del Bambino incontra la tradizione del tempio; la promessa trova compimento; Maria e Giuseppe, giovani, incontrano Simeone e Anna, anziani. Tutto, insomma, si incontra quando arriva Gesù. 
Che cosa dice questo a noi? Anzitutto che anche noi siamo chiamati ad accogliere Gesù che ci viene incontro. Incontrarlo: il Dio della vita va incontrato ogni giorno della vita; non ogni tanto, ma ogni giorno. Seguire Gesù non è una decisione presa una volta per tutte, è una scelta quotidiana. E il Signore non si incontra virtualmente, ma direttamente, incontrandolo nella vita, nella concretezza della vita. Altrimenti Gesù diventa solo un bel ricordo del passato. Quando invece lo accogliamo come Signore della vita, centro di tutto, cuore pulsante di ogni cosa, allora Egli vive e rivive in noi. E accade anche a noi quello che accadde nel tempio: attorno a Lui tutto si incontra, la vita diventa armoniosa. Con Gesù si ritrova il coraggio di andare avanti e la forza di restare saldi. L’incontro col Signore è la fonte. È importante allora tornare alle sorgenti: riandare con la memoria agli incontri decisivi avuti con Lui, ravvivare il primo amore, magari scrivere la nostra storia d’amore col Signore. Farà bene alla nostra vita consacrata, perché non diventi tempo che passa, ma sia tempo di incontro.
Se facciamo memoria del nostro incontro fondante col Signore, ci accorgiamo che esso non è sorto come una questione privata tra noi e Dio. No, è sbocciato nel popolo credente, accanto a tanti fratelli e sorelle, in tempi e luoghi precisi. Ce lo dice il Vangelo, mostrando come l’incontro avviene nel popolo di Dio, nella sua storia concreta, nelle sue tradizioni vive: nel tempio, secondo la Legge, nel clima della profezia, con i giovani e gli anziani insieme. 
Il Vangelo ci dice anche che l’incontro di Dio col suo popolo ha una partenza e un traguardo. Si comincia dalla chiamata al tempio e si arriva alla visione nel tempio. La chiamata è duplice. C’è una prima chiamata «secondo la Legge». È quella di Giuseppe e Maria, che vanno al tempio per compiere ciò che la Legge prescrive. Il testo lo sottolinea quasi come un ritornello, ben quattro volte. Non è una costrizione: i genitori di Gesù non vanno per forza o per soddisfare un mero adempimento esterno; vanno per rispondere alla chiamata di Dio. C’è poi una seconda chiamata, secondo lo Spirito. È quella di Simeone e Anna. Anche questa è evidenziata con insistenza: per tre volte, a proposito di Simeone, si parla dello Spirito Santo e si conclude con la profetessa Anna che, ispirata, loda Dio. Due giovani accorrono al tempio chiamati dalla Legge; due anziani mossi dallo Spirito. Questa duplice chiamata, della Legge e dello Spirito, che cosa dice alla nostra vita spirituale e alla nostra vita consacrata? Che tutti siamo chiamati a una duplice obbedienza: alla legge – nel senso di ciò che dà buon ordine alla vita – e allo Spirito, che fa cose nuove nella vita. Così nasce l’incontro col Signore: lo Spirito rivela il Signore, ma per accoglierlo occorre la costanza fedele di ogni giorno. Anche i carismi più grandi, senza una vita ordinata, non portano frutto. D’altra parte, le migliori regole non bastano senza la novità dello Spirito: legge e Spirito vanno insieme.
L’incontro, che nasce dalla chiamata, culmina nella visione. Simeone dice: «I miei occhi hanno visto la tua salvezza». Vede il Bambino e vede la salvezza. Non vede il Messia che compie prodigi, ma un piccolo bimbo. Non vede qualcosa di straordinario, ma Gesù coi genitori, che portano al tempio due tortore o due colombi, cioè l’offerta più umile. Simeone vede la semplicità di Dio e accoglie la sua presenza. Non cerca altro, non chiede e non vuole di più, gli basta vedere il Bambino e prenderlo tra le braccia: “ora puoi lasciarmi andare”. Gli basta Dio com’è. In Lui trova il senso ultimo della vita. È la visione della vita consacrata, una visione semplice e profetica nella sua semplicità, dove si tiene il Signore davanti agli occhi e tra le mani, e non serve altro. La vita è Lui, la speranza è Lui, il futuro è Lui. 
La vita consacrata è questa visione profetica nella Chiesa: è sguardo che vede Dio presente nel mondo, anche se tanti non se ne accorgono; è voce che dice: “Dio basta, il resto passa”; è lode che sgorga nonostante tutto, come mostra la profetessa Anna. Era una donna molto anziana, che aveva vissuto tanti anni da vedova, ma non era cupa, nostalgica o ripiegata su di sé; al contrario sopraggiunge, loda Dio e parla solo di Lui. A me piace pensare che questa donna “chiacchierava bene”, e contro il male del chiacchiericcio questa sarebbe una buona patrona per convertirci, perché andava da una parte all’altra dicendo solamente: “È quello! È quel bambino! Andate a vederlo!”. 

(papa Francesco, omelia 2 febbraio 2019 per la vita consacrata)
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