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Dal Vangelo di Domenica 5 Settembre PDF Stampa
03-09-2021
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
(Mc 7,31-37)

Giovedì è il giorno del primo intervento chirurgico del signore del letto 9, paziente paraplegico in attesa di pulizia della brutta ulcera da decubito sacrale che gli ha provocato diversi episodi di sepsi. Con le dovute precauzioni da contatto entro nella sua stanza per la visita quotidiana e per informarlo sulle scelte terapeutiche discusse insieme ai chirurghi. Mi racconta che prima del fatidico incidente, lavorava in una casa automobilistica. “Per fare partire l’automobile, dovevo verificare che ogni ingranaggio fosse al suo posto affinché entrasse in azione al momento opportuno. E’ un po’ come fate voi medici con la macchina del corpo umano, anche se non potete permettervi di sbagliare. Con me non lo farete vero?” Anche se ho ancora tutti gli altri pazienti da visitare, decido di spendere ancora qualche minuto ad ascoltarlo. Scopro che condividiamo la passione per i kiwi gialli e per la montagna. Spera tanto di uscire vivo dalla sala operatoria per tornare a casa ad aiutare Chicco a fare i compiti di matematica. Mi congedo per tornare al giro visita, non posso promettere nulla se non che faremo del nostro meglio per far ripartire “la sua macchina”.
Nel nostro quotidiano, capita di diventare sordomuti. È più facile, più comodo, essere sordi, fare il proprio lavoro e guardare al proprio orticello senza spingersi oltre dove non c’è guadagno. È più facile seguire le linee guida e somministrare terapie senza farsi coinvolgere, chiudere occhi e orecchie a chi ha bisogno di conforto e speranza, perché ci sono tante cose da fare e non c’è tempo. Siamo muti quando crediamo di potercela cavare da soli, chiusi nel nostro io come se fossimo soli al mondo per dimostrare che valiamo qualcosa. Possiamo aver vicino le persone più acute e più buone che desiderano aiutarci, eppure non vi prestiamo attenzione.
Come si guarisce?
Credo che dalla gioia e dalla consapevolezza che Gesù non ci abbandona, nasce la forza di poter affrontare ogni malattia. “Fa udire i sordi e fa parlare i muti!”
Attraverso la preghiera, l’ascolto e l’incontro con lui nel fratello, Dio ci plasma, ci trasforma, ci rende capace di aprirci al mondo e di entrare in relazione con chi ci chiede aiuto. Ci rende capaci di sognare e di regalare un sorriso anche laddove un gesto d’amore sembra utopia. Ci dona il coraggio di rialzarci dopo aver toccato il fondo, sia che siamo sordi, muti, storpi, ignavi, avari o senza speranze.

Non so come andrà finire la storia del paziente del letto 9, con la grazia di Dio gli sarò sempre grata per avermi insegnato ad essere un po’ meno sordomuta!

“Ricordo quel dialogo, quando la quercia ha chiesto al mandorlo: ‹‹Parlami di Dio››. E il mandorlo fiorì.”

da "Educare alla speranza", udienza generale 20/09/2017 - Papa Francesco


Lucia
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