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Dal Vangelo di Sabato 25 Dicembre PDF Stampa
26-12-2021
Natale del Signore
Lc 2,1-14
Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.

Riesco a godere di questo annuncio? Lo sento rivolto personalmente a me? Quali risonanze provoca nel mio cuore? Quale stupore suscita ancora oggi il Natale dopo 2000 anni, o dopo 10, 50, 80 Natali? Riesce ad illuminare ancora le mie notti, come la notte dei pastori?
Sarebbe bello in questi giorni comunicarci in famiglia, tra amici: Perché per noi Natale è importante… Col Natale o senza Natale cosa cambia? Riusciremo lo stesso ad accendere qualche luce, a farci un po’ di vacanze, ad augurarci neutralmente Buone feste?
E soprattutto: chi è per noi quel piccolo Salvatore apparentemente così indifeso e bisognoso? Da cosa ci salva? In cosa consiste la sua salvezza? Ne abbiamo davvero bisogno?
Perché apparentemente il Bambino non sembra salvare, anzi ha bisogno di essere salvato. Non fa vincere a Giuseppe un soggiorno premio a Betlemme, l’esenzione dal censimento, un superbonus ai pastori che così potrebbero smettere di fare quel lavoro così faticoso e disprezzato.
Il mondo non sembra cambiare con l’arrivo di quel Bimbo: nonostante la grande gioia annunciata si continua a piangere. Nonostante il canto di Pace, sulla terra si continua a fare la guerra. Nonostante la luce ci sono ancora tante tenebre.

Eppure quel Bimbo, per chi ha gli occhi per vedere, è davvero il Salvatore.
È un Dio Amico che viene ad abitare tra noi, in noi e salva chi l’accoglie dalla solitudine, dall’abbandono, dallo smarrimento. Se Lui è con me, non sono mai solo, se lui è con noi, chi sarà contro di noi?
È un Dio che prende il nostro corpo, ne fa il suo tempio, il sacramento per comunicarsi a noi, ne sperimenta i limiti, ne soffre la morte, lo porta alla risurrezione. E salva che lo accoglie dalla tentazione di non accettare il proprio corpo, di ridurlo a oggetto, a immagine, di sporcarlo, di ferirlo. E ci invita a curarlo, a donarlo, ad amarlo anche quando è il povero corpo dei nostri fratelli e sorelle malati o abbandonati
È un Dio che si fa piccolo e ci salva dalla tentazione di vergognarci di noi stessi, di essere perennemente insoddisfatti dei nostri limiti, di quelli degli altri, di metterci delle maschere per apparire diversi, di pretendere che gli altri siano diversi.
È un Dio che si fa debole, bisognoso di tutto, che si fa fasciare e mettere in una mangiatoia e ci salva dal mito della nostra presunta autosufficienza, dal credere di essere padroni della nostra vita.
È un Dio che nasce in una famiglia, che riunisce da subito attorno a sé persone molto diverse e, se lo accogliamo, ci salva dalla tentazione di fare da soli, di salvarsi senza o contro gli altri.
È un Dio che nasce tra gli esclusi e ci salva dalla tentazione di ritenere che qualcuno valga meno degli altri, che nostra vita o quella degli altri sia inutile.
È un Dio che illumina un pascolo e manda i suoi angeli a pastori che vegliano nella notte e che ci salva dal pensare che qualche ora della nostra esistenza, qualche ambiente di vita quotidiana, qualche lavoro sia insignificante, non possa essere raggiunto da Dio, santificato dalla sua grazia, illuminato dalla sua Parola.
È un Dio che in un mondo difficile, ingiusto, violento si affida alla paternità forte e mite di Giuseppe e al suo amore incondizionato per Maria e ci salva dalla rabbia o dalla rassegnazione di fronte agli imprevisti, quando ci sentiamo condizionati da ingranaggi più grandi di noi, quando Erode sembra più forte.
È un Dio che annuncia una grande gioia alla portata di tutti e se l’accogli, ti salva dalla tristezza malata di chi crede che la gioia sia riservata solo a determinati luoghi o momenti.
È un Dio paziente, che non parte subito sparato, ma aspetta di crescere e ci salva dalla tentazione dell’ansia, dei risultati immediati, dell’improvvisazione, ci rivela il valore della preparazione, dell’educazione, della semina paziente.

Un Dio così mi salva, anche se è ancora piccolino, anche se non ha ancora predicato, guarito, spezzato il Pane, anche se non è ancora morto e risorto.
Il suo Natale la sua incarnazione, è già bella notizia di una salvezza.

Un Dio così salva non dall’alto ma da dentro la nostra umanità,
Salva non a distanza, ma coinvolgendosi e coinvolgendoci.
Salva non senza di noi ma con noi
Salva non eliminando i problemi con la bacchetta magica, ma chiedendoci di affrontarli con Lui.
Salva non lasciandoci in pace, ma mettendoci in cammino, chiamandoci a conversione per farci camminare sulle vie della pace.

Salva attraverso la disponibilità di chi dice sì alla vita come Maria. Salva attraverso la responsabilità e la paternità di chi si mette in gioco come Giuseppe. Salva attraverso la carità di chi anche oggi si prende cura dei propri fratelli e li avvolge con le fasce della tenerezza. Salva attraverso la preghiera e la lode di chi oggi prolunga il canto degli angeli. Salva attraverso la fraternità che nella Chiesa e nell’umanità dilata quella comunione tra i personaggi del Natale attorno al Dio con noi. Salva attraverso l’umiltà di chi gli chiede perdono e riconosce di aver bisogno di lui. Salva attraverso la fede di chi questa sera come noi riconosce il suo Corpo nell’Eucaristia.        
d.Luca
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