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Dal Vangelo di Domenica 27 Marzo PDF Stampa
27-03-2022
4^ domenica di Quaresima

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”
(Lc 15,25-32)

Il Vangelo della Liturgia di questa domenica narra la cosiddetta parabola del figlio prodigo. Essa ci porta al cuore di Dio, che sempre perdona con compassione e tenerezza, sempre. Dio perdona sempre, siamo noi a stancarci di chiedere perdono ma Lui perdona sempre. Ci dice che Dio è Padre, che non solo riaccoglie, ma gioisce e fa festa per suo figlio, tornato a casa dopo aver dilapidato tutti gli averi. Siamo noi quel figlio, e commuove pensare a quanto il Padre sempre ci ami e ci attenda.
Ma nella stessa parabola c’è anche il figlio maggiore, che va in crisi di fronte a questo Padre. E che può mettere in crisi anche noi. Infatti, dentro di noi c’è anche questo figlio maggiore e, almeno in parte, siamo tentati di dargli ragione: aveva sempre fatto il suo dovere, non era andato via di casa, perciò si indigna nel vedere il Padre riabbracciare il fratello che si era comportato male. Protesta e dice: «Ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando», invece per «questo tuo figlio» addirittura fai festa! “Non ti capisco”. È lo sdegno del figlio maggiore.
Da queste parole emerge il problema del figlio maggiore. Nel rapporto con il Padre egli basa tutto sulla pura osservanza dei comandi, sul senso del dovere. Può essere anche il nostro problema, il nostro problema tra noi e con Dio: perdere di vista che è Padre e vivere una religione distante, fatta di divieti e doveri. E la conseguenza di questa distanza è la rigidità verso il prossimo, che non si vede più come fratello. Nella parabola, infatti, il figlio maggiore non dice al Padre mio fratello, no, dice tuo figlio, come per dire: non è mio fratello. E alla fine proprio lui rischia di rimanere fuori di casa. Infatti – dice il testo – «non voleva entrare». Perché c’era l’altro.
Vedendo questo, il Padre esce a supplicarlo: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo». Cerca di fargli capire che per lui ogni figlio è tutta la sua vita. Lo sanno bene i genitori, che si avvicinano molto al sentire di Dio. È bello quello che dice un papà in un romanzo: «Quando sono diventato padre, ho capito Dio» (H. de Balzac, Il padre Goriot, Milano 2004, 112). A questo punto della parabola, il Padre apre il cuore al figlio maggiore e gli esprime due bisogni, che non sono comandi, ma necessità del cuore: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita». Vediamo se anche noi abbiamo nel cuore i due bisogni del Padre: far festa e rallegrarsi.
Anzitutto far festa, cioè manifestare a chi si pente o è in cammino, a chi è in crisi o è lontano, la nostra vicinanza. Perché bisogna fare così? Perché questo aiuterà a superare la paura e lo scoraggiamento, che possono venire dal ricordo dei propri peccati. Chi ha sbagliato, spesso si sente rimproverato dal suo stesso cuore; distanza, indifferenza e parole pungenti non aiutano. Perciò, secondo il Padre, bisogna offrirgli una calda accoglienza, che incoraggi ad andare avanti. “Ma padre questo ne ha fatte tante!”: calda accoglienza. E noi, facciamo così? Cerchiamo chi è lontano, desideriamo fare festa con lui? Quanto bene può fare un cuore aperto, un ascolto vero, un sorriso trasparente; fare festa, non far sentire a disagio! Il padre poteva dire: va bene figlio, torna a casa, torna a lavorare, vai nella tua stanza, sistemati, e al lavoro! E questo sarebbe stato un perdono buono. Ma no! Dio non sa perdonare senza fare festa! E il padre fa festa, per la gioia che ha perché è tornato il figlio.
E poi, secondo il Padre, bisogna rallegrarsi. Chi ha un cuore sintonizzato con Dio, quando vede il pentimento di una persona, per quanto gravi siano stati i suoi errori, se ne rallegra. Non rimane fermo sugli sbagli, non punta il dito sul male, ma gioisce per il bene, perché il bene dell’altro è anche il mio! E noi, sappiamo vedere gli altri così?
(papa Francesco, Angelus)
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