19-11-2007 |
"Figlio di Davide, abbi pietà di me!..." (Lc 18,39) Il cieco di Gerico invoca Gesù riconoscendo la propria miseria fisica e forse anche morale. Il riconoscere questa propria realtà non è sempre scontato. Come concludiamo i nostri esami di coscienza? Pensiamo di non aver fatto nulla di male? Non credo sia il caso di auspicare nemmeno l'angoscioso pensiero di chi dice di fare tutto male, di non valere nulla, di essere un peccatore imperdonabile, ecc. Qual'è la giusta misura? Quando nella creazione Dio crea l'uomo conclude affermando: "e vide che era cosa molto buona". Quel giudizio su di noi è vero e resta tale per Dio, anche dopo il peccato originale. Tanto che per noi e per la nostra salvezza manda il suo Figlio Gesù. Restiamo allora con la coscienza della nostra amorevolezza, rinnovata nel sangue di Cristo. Ammettiamo poi, con umiltà anche la nostra miseria e il nostro peccato.
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