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Cattolici e politica PDF Stampa
24-01-2008
Il momento politico è scottante, per la questione del governo ecc. Non siamo interressati, in questo "dialoghiamo su" ad un dibattito su quale sia il partito giusto per i cattolici. Siamo interessati su quale possa e debba essere l'apporto dei cattolici alla vicenda politica italiana di questi tempi. Hai delle idee?
 Commenti (4)Add Comment
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Scritto da Samantha, 28 gennaio 2008, 15:47
Penso che la politica dovrebbe innanzitutto essere in mano a "brave persone", indipendentemente dal credo religioso che si segue. Ma questo purtroppo al momento sembra essere un miraggio... anche perché viviamo in un paese in cui è difficile arrivare ad occupare una poltrona nelle stanze del potere senza piegarsi a nessun genere di compromesso. Solo il fatto di essere politici eleva le persone dal "rango" di persona comune alle prese con problemi quotidiani "normali" a quello di privilegiati con villone con piscina, autista, ecc... I cattolici dovrebbero mostrare tolleranza e rispetto verso chi cattolico non è e propugnare una politica rispettosa innanzitutto dell'uomo e delle sue diversità. Dovrebbe essere scontato, ma purtroppo mi sembra che non lo sia.
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Scritto da Renato, 26 gennaio 2008, 22:09
Chiederci quale possa essere l'apporto dei cattolici alla vicenda politica italiana di questi tempi è un quesito che non si può liquidare in poche parole. Tra l’altro, penso che oggi più che mai dovremmo chiederci, ancora una volta, cosa vuol dire essere cattolici, cristiani, nella vita di tutti i giorni. Penso che il cristiano dovrebbe essere colui che si sforza di vivere secondo il Vangelo (questo dovrebbe farlo anche quando esce dalla chiesa), dovrebbe essere colui che si comporta secondo i comandamenti della propria fede, essendone quindi testimone credibile. Spesse volte noi ci comportiamo invece come cristiani con una doppia vita. Quando sento politici dichiararsi cattolici, mi chiedo se è sufficiente, per dirsi tali, frequentare qualche messa o qualche incontro in piazza S. Pietro, mentre nel contempo si gestisce la cosa pubblica in maniere sulle quali hanno da ridire la magistratura ed il nostro comune senso etico.. I casi eclatanti esplosi negli ultimi tempi e quelli, ben noti, che da più di un decennio hanno aperto gli occhi dei cittadini su come viene in troppi casi gestita la cosa pubblica, vedono coinvolti non pochi esponenti politici “cattolici”. Penso che per un cattolico, il mettersi al servizio degli altri sia la forma migliore per testimoniare chi è lui. Questo lo può fare in famiglia, come sul posto di lavoro e deve valere in particolar modo nel caso in cui decida di impegnarsi in politica. Il politico che si definisce cattolico dovrebbe aver ben chiaro quale grande impegno è il vivere da cattolico, altrimenti è una veste che si usa per richiamare verso il proprio partito i consensi dell’elettorato che si rifà al cattolicesimo. Nello stesso tempo, la responsabilità di fare politica non è solo di chi ufficialmente occupa una carica ma è un dovere di ogni cittadino, a diversi livelli ovviamente, per cui dovremmo chiederci quanto di quei comportamenti discutibili di certi politici/cattolici sono anche i nostri comportamenti. Dovremmo chiederci se anche noi abbiamo una doppia vita, una quando andiamo in chiesa, l’altra quando siamo fuori. Mi viene alla mente Ernesto Olivero, il fondatore dell’Arsenale della Pace di Torino, il quale sostiene che non conta tanto definirsi credente o non credente, conta piuttosto essere uomini di buona volontà oppure di non buona volontà. E quale differenza passa tra gli uni e gli altri?. Gli uomini di buona volontà sono quelli che per le proprie motivazioni religiose, filantropiche, filosofiche, si fanno gli affari degli altri, mentre gli uomini di non buona volontà sono quelli che per le stesse motivazioni si fanno gli affari propri. Forse oggi c’è bisogno di politici che operino per il bene del paese piuttosto che di politici che si dicono cattolici e poi fanno gli affari propri.

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Scritto da Massimo, 25 gennaio 2008, 13:23
E´ importante che i cattolici, come ha più volte ribadito il cardinale Bagnasco anche in un recente intervento apparso sull´Osservatore Romano ( 23 01 2008 ), portino il contributo di valori spirituali ed etici nel dibattito pubblico. Questo compito deve essere interpretato con maggiore persuasione e capacità di argomentare rispettosamente le proprie convinzioni, sapendo che esse nascono sia dal Vangelo che dal senso comune della vita. Sempre Bagnasco ribadisce che i cattolici non vogliono imporre una visione religiosa ma proporre valori universali, non esiste politica senza alti ideali spirituali e morali ( lasciamo perdere quello che sta accadendo in queste ore dove in Parlamento si sta consumando l´ennesimo divario tra società civile e la casta politica arroccata tenacemente alla poltrona!!!!!). Mi ritrovo molto nelle parole di Bagnansco anche quando afferma che la responsabilità di un Paese non riguarda solamente le istituzioni (attualmente molto scolorite causa sempre di qualcuno che è attaccato alla poltrona) ma di tutti i singoli cittadini. Il cristiano trova nelle propria fede un motivo ulteriore per partecipare cordialmente e attivamente alla vita pubblica. Sono da apprezzare le proposte di un "ateo laico" come Giuliano Ferrara che ha proposto la moratoria sull´aborto o la manifestazione pacifica che gli studenti della Sapienza hanno inscenato contro i 67 cervelli, mettendosi un bavaglio sulla bocca o anche i volantini distribuiti a Faenza domenica davanti al Duomo o in piazza dai giovani di Cl, perché non l´hanno fatto anche altre organizzazione cattoliche, come l´Ac o l´Agesci???
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Scritto da Valentina, 24 gennaio 2008, 10:09
Provo ad immaginare Gesù nella complessa realtà politica e religiosa del I secolo. L’occupazione romana, l’ostilità delle autorità verso ogni forma di proselitismo, la fortissima avversione dei gruppi religiosi di stretto culto ebraico. Non mi pare che Gesù si sia ‘difeso’ organizzando partiti o domandando ai suoi di disporre petizioni di massa. Non discuto l’importanza di questi mezzi in situazioni determinate. Gesù però non ha fondato una società perfetta, non ha fatto il 'maestro di morale', ma si è integrato in quella determinata società. E quando veniva interpellato anche su questioni ‘politiche’, sembrava rimandare il suo interlocutore ad un proposito di approfondimento più grande, personale.
Alla luce di questo, credo allora che mi venga chiesto di approfondire la mia fede, di vivere il tempo presente alla luce dell’unico vero modello, Gesù Cristo. La Scrittura, parola ‘viva’, ci interpella ad una conversione continua, ad un’assunzione di responsabilità personale (che diventa collettiva) sempre maggiore, ad una presa di coscienza sempre più profonda, alla verifica delle nostre pre-comprensioni del concetto di morale.
Personalmente credo che la nostra società abbia bisogno di testimoni di una ‘fede viva’, che conosca il dialogo e che desideri incarnarsi proprio in ‘questo’ tempo e in queste persone. Ritengo che una fede così valga molto di più di una fede ‘militante’, arroccata in posizione di superiorità e di difesa…

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