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briciola 08-02-2008 PDF Stampa
08-02-2008
Questo è il digiuno che voglio (Is 58,6). Il digiuno classico è quello relativo ai cibi. Significa non mangiare, o mangiare meno, semplice, o a base di verdure come fanno i monaci. Noi oggi lo capiamo in termini di salute fisica: mangiare meno per stare meglio. Il cibo però ha anche un  valore simbolico. Nel mangiare spesso si "sfogano" i nostri umori: quindi mangiamo di più o di meno, mangiamo voracemente o lentissimamente a seconda di come ci sentiamo nell'animo, molto su o molto giù. In questo senso digiunare non significa solo "mangiare di meno", ma saper "stare" nei nostri umori, dopo averli conosciuti. Per qualcuno quindi digiuno è "prendere i pasti con letizia e semplictà di cuore" (san Paolo), mangiando quello che è bene mangiare. Un altro vero digiuno, a proposito di cibi, è quello di non sprecare. Grida vendetta al cospetto di Dio il nostro sistema economico che favorisce lo spreco di beni mentre tanta gente muore di fame. Tu comincia ad essere moderato nei tuoi consumi e il di più dallo ai poveri.
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Scritto da Renato, 08 febbraio 2008, 20:15
Isaia dice molto di più e prendere quelle poche parole “Questo è il digiuno che voglio “ senza una lettura completa del capitolo rischia di dare una interpretazione limitativa, o peggio di travisare il significato delle parole del profeta. .
Isaia 58, 3-7: “Perché digiuniamo e tu non lo vedi? Ci mortifichiamo e tu non lo sai?” Ecco, nei giorni di digiuno voi curate gli affari ed opprimete tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra dispute ed alterchi ed iniqui colpi di spugna. Non sono i digiuni come quelli di oggi che fanno sentire in alto la vostra voce. E’ forse questo il digiuno che preferisco, il giorno in cui l’uomo si affligge? Piegare il capo come un giunco e distendersi su un letto di sacco e di cenere? Chiami questo forse il digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che preferisco: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?”
Isaia dice parole molto dure, dice che digiunare e mortificarci mentre nello stesso tempo curiamo i nostri affari personali, non è il digiuno gradito a Dio. Se il nostro “digiuno” si limita a saltare un pasto o mangiare un po’ meno nella giornata, se si limita a ridurre di un poco lo spreco, senza però operare la giustizia, senza condividere il nostro benessere (pane, tetto, vestito) con chi ne ha bisogno, non rischiamo anche noi di non capire e chiederci perché Lui non vede e non apprezza i nostri digiuni?

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