Dialogo con la diversità religiosa

Relatrice: Pia Reggi
30 gennaio 2007

Il 30 gennaio abbiamo approfondito il tema del dialogo con la diversità religiosa, dopo la settimana dedicata alla spiritualità per l’unità dei cristiani. Lo abbiamo fatto insieme a Pia Reggi.
Come viviamo la diversità religiosa? In che modo ‘stiamo’ davanti alla differenza di confessione, di spiritualità e di esperienza religiosa? Come potere esprimere la nostra libertà nel rispetto dell’altro? E fino a che punto è possibile dialogare senza perdere la propria identità?
L’esperienza diretta di Pia Reggi ci ha introdotti nella diversità-ricchezza dell’induismo. A contatto con questa confessione, malgrado la diversità, si individuano dei tratti del tutto peculiari: il silenzio, l’interiorità pacata, il simbolismo molteplice, la preghiera essenzialmente individuale, il contatto profondo con l’assoluto, la preghiera in casa. La ricchezza del contatto sta forse nel ricercare nell’esperienze religiose degli altri delle assonanze, quel qualcosa che piace anche noi. Una provocazione che ci interpella più all’’essere’ che al ‘fare’. Un apprezzamento della diversità come qualcosa di bello e di grande.
In quanto esseri umani davanti a Dio siamo tutti nella stessa posizione. In quanto cristiani abbiamo ricevuto un tesoro che non ci appartiene personalmente. Non possediamo Dio né la verità. L’incontro con le persone che vivono diversamente il proprio credo è grazia. Ci provocano. Ci danno l’occasione per un cammino di crescita.
Dunque è possibile uno scambio, una fecondazione reciproca. Un esempio dall’esperienza diretta. L’Induismo predica il distacco da tutto per raggiungere l’essenziale: una provocazione forte anche per noi. A sua volta, nel dialogo con il cristianesimo, l’induismo acquista una maggiore sensibilità per il povero, per il sofferente, per ciò che è carità. Dunque incontro e provocazione insieme.
Allora diviene urgente che chi crede in Dio si unisca e faccia un fronte comune. Chi crede in Dio può e deve collaborare, conoscersi a fondo affinché Egli sia amato. Nella Redemptoris Missio viene ribadito che occorre lavorare insieme per il bene delle persone. Paolo VI fu iniziatore del dialogo. Giovanni Paolo II ci ha regalato tantissime occasioni di dialogo. Occorre instaurare lo ‘spirito del dialogo’: un dialogo fatto di persone, un dialogo tra persone. Dio per primo si è messo in dialogo con noi attraverso Gesù. Allora accoglienza non è appiattimento o rinuncia della propria identità, ma un arricchimento reciproco. Facciamo nostro il proposito di offrire agli altri la ricchezza grande del cristianesimo al di là delle pure pratiche religiose!
Concludiamo con le parole di M. Martini: “[…] Accogliersi al di là della cortesia del dialogo e del suono delle parole significa, ad un primo livello, penetrare con simpatia nel cuore di chi mi sta davanti esplorando le sue intenzioni profonde e scoprendo magari che molte stanno a cuore anche a me. Spesso l’incontro di due persone religiose è un incontro di due persone che si scoprono innamorate della stessa realtà. E quando si ama così si è portati al di là di sé stessi, verso l’ascesi, la preghiera, la meditazione, ma anche verso l’amore per tutti coloro che portano come me l’immagine e l’impronta di Dio. Un atteggiamento sinceramente religioso supera i concetti di dialogo tra le religioni e di dialogo tra uomini di religione, per spalancare le profondità del cuore di ciascuno, nell’intento di scoprire i tanti elementi comuni che abbiamo insieme”