Venerdì 10 maggio 2024
 
La preghiera fatta assieme è un momento prezioso per rendere ancora più salda la vita familiare, l’amicizia! - Papa Francesco
Home arrow Vivere la fede arrow Briciole arrow Commento Lectio 13/07/08
 
Home
Notizie
Documenti
Orario preghiere
 
Storia
Dove siamo
Foto
Cerca
Mappa del sito
Vivere la fede
Percorsi di parole
Siti consigliati
Link

 
Briciole
logo iblog don
Commento Lectio 13/07/08 PDF Stampa
10-07-2008

“Il seminatore uscì a seminare…”


Dal vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-23)
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!
Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dá frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dá frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta»
.

Le parabole

Dopo due capitoli segnati dall’incomprensione, dall’opposizione di fronte a Gesù e al suo annuncio, eccoci al cap.13: il lungo discorso in parabole. Il nostro vangelo ci presenta la prima delle 8 parabole, quella del seminatore, e la sua spiegazione ai discepoli.

Una parabola di speranza

Molte volte facciamo una lettura morale di questo racconto, soffermandoci sui significati dei differenti terreni. La parabola però, prima di parlare dell’uomo, parla di Dio e della straordinaria fecondità della sua parola; prima che una messa in guardia, è annuncio di speranza e di consolazione: nonostante gli inizi fallimentari, la fatica del seminatore non è sprecata; nonostante l’apparente fallimento, la predicazione del Regno non mancherà di dare frutto. Il seminatore, Gesù, i suoi discepoli, la chiesa, non si devono scoraggiare e abbandonare la semina, non devono ripiegarsi nel lamento e perdere la fiducia nella forza della Parola…
Le difficoltà, i contrasti, i fallimenti dell’inizio sono normali. Noi pretenderemo di vedere subito i frutti, vorremmo un bene incontrastato e pulito, visibile ed efficiente; invece il bene è spesso combattuto e frammisto al male, nascosto e insignificante, addirittura fallimentare. Ma non bisogna perdere la speranza: “chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà” (2Cor 9,6).
Nella parabola ci sono alcuni particolari molto belli, che danno proprio questo tono di speranza:
-Il seminatore non è un matto che butta via il seme a casaccio: allora in Palestina si seminava davvero così, dappertutto. Poi si passava con l’aratro a chiodo a coprire il seme. Anche Gesù semina dappertutto: non sceglie i terreni, non scarta le persone… Ha fiducia che anche le pietre possano diventare terra buona.
-In quei tempi una resa del 10-12 per uno era già buona… Il 30-60-100 è un raccolto esorbitante, straordinario. Ma le parabole, pur in una cornice ordinaria sono ricche di questi particolari “esagerati” e ci parlano della straordinaria fecondità del bene, del Regno che cresce, della speranza che non delude…

Una messa in guardia

Nella spiegazione della parabola, il tono cambia: si attribuisce un significato allegorico ai singoli terreni cattivi. Attenzione, perché qui Gesù non parla più genericamente alle folle, ma ai discepoli, alla Chiesa, a noi, a quelli che, per il fatto di aver ascoltato la Parola, forse credono di essere già a posto, di aver il frutto assicurato.
La Parola - ci avverte Gesù - pur straordinariamente feconda, non fa frutto automaticamente; ha bisogno della nostra libera accoglienza e collaborazione. Matteo in continuazione ci ricorda questa esigenza dell’impegno, della nostra responsabilità, e ci mette in guardia contro false sicurezze, contro una concezione un po’ magica della fede, come se appartenere alla comunità e avere il nome di Dio sempre in bocca, fosse una garanzia, una assicurazione del risultato finale. Un testo per tutti: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).

I terreni cattivi

I quattro tipi di terreno, più che quattro tipi di uomo, sono quattro livelli di ascolto che in noi convivono. Quando ascoltiamo la Parola in parte la sentiamo e non la intendiamo; in parte l’ascoltiamo e l’accogliamo con gioia, ma le pressioni interne ed esterne impediscono che si radichi e cresca, le paure ci pietrificano il cuore; in parte la lasciamo anche radicare e crescere, ma poi resta soffocata dalle preoccupazioni che come rovi sempre ci invadono; in parte siamo anche terra bella che produce frutto.
I quattro terreni ci invitano al discernimento, a riconoscere le resistenze, gli ostacoli che la Parola può trovare in noi: le nostre incredulità, le aree della nostra vita personale e comunitaria dove di fatto il Vangelo non è mai entrato neanche per un momento; le inconsistenze della nostra fede un po’ esteriore ed esposta alle mode del momento; le aree soffocate da preoccupazioni, affanni, dal bisogno di apparire, di avere, di potere… Anche il lavoro, anche le cose che facciamo per Dio, le possiamo fare senza Dio, lasciandoci guidare più dai nostri bisogni mondani che dall’amore per lui: Marta ne sa qualcosa! E infine le aree “produttive”, dove abbiamo portato davvero i frutti dello Spirito, quei frutti che rimangono per sempre e che il Padre si aspetta da noi.

Ma perché Gesù parla in parabole?

Le parabole non sono vangeli a fumetti per gente semplice: gli ascoltatori di Gesù non erano stupidi e conoscevano le Scritture molto meglio di noi! Lo scopo dunque non è didattico, ma un altro.
Gesù con questi racconti si mette dalla parte dei suoi ascoltatori più difficili, più scettici, quelli che “pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono”, e tenta di rimuovere i loro pregiudizi, smascherare le loro chiusure, le loro cecità e sordità, la loro scarsa disponibilità ad aprirsi, a convertirsi.
Quanti pregiudizi bloccano di fatto l’ascolto della Parola e impediscono di mettersi nudi di fronte all’annuncio! Quanti pregiudizi vengono affrontati, discussi e rimossi ad esempio in queste parabole del seme: Ma tanto non cambia niente! E’ tutta fatica sprecata! Ma dov’è il Regno di Dio? Ma non vedi quanto male… perché Dio non fa niente? Quanta gente, pur ammirata di Gesù, non lo accoglie pienamente, non entra nel gruppo dei discepoli, rimane nella folla anonima.
I discepoli si meravigliano che Gesù si occupi ancora di queste teste dure: «Perché parli loro in parabole?». Sembrano dire: “Basta, parla chiaro: se ti ascoltano bene; se no, lasciali perdere!” Invece Gesù non lascia perdere nessuno, neanche questa folla che fa fatica a capirlo, ma lascia aperto a tutti (anche ai nemici, in futuro!) lo spiraglio della parabola che si offre con discrezione, stimola la curiosità, invita a capire di più, ad aprire finalmente gli occhi per entrare nella beatitudine di chi crede…
(Cfr S.Fausti, Una comunità legge il vangelo di Matteo)


 
< Avanti   Indietro >
   
29_s.jpg
Gruppi parrocchiali
Azione Cattolica
Caritas
ANSPI
Gruppo Catechisti
Gruppo Cultura
Famiglie
Gruppo Liturgico
Scout
 
Calendario Pastorale
Fine Benedizioni 2024

Area riservata
Login


Logo chiesa
 
Sito realizzato con Joomla! - Copyright 2007-2024 Parrocchia San Savino Faenza